Dunkirk, le parole di un capolavoro

Antonio Mariani
Le Bistrò
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3 min readSep 9, 2017

Ho visto Dunkirk il film scritto e diretto da Christopher Nolan, da molti già acclamato come capolavoro del regista britannico.
Io l’ho trovato bellissimo e imperdibile per diverse ragioni.
L’arte.
C’è un omaggio a tanta arte inglese nel film di Nolan. C’è il richiamo alla figura dello shell shocked soldier Septimus Warren Smith di Mrs Dalloway, figura emblematica delle guerre del ventesimo secolo, interpretata con credibilità da Cillian Murphy; c’è il mare… indomabile, inconoscibile, nemico come lo esprime tanta pittura di William Turner; ci sono gli escatologici ‘Four Quartets’ di Eliot e il loro tentativo di risposta alla devastazione della Waste Land.
La Guerra.
Dunkirk è un war movie dove non c’è battaglia, non c’è sangue, non c’è azione. Il plot è sospeso, immobile, l’azione è bloccata. C’è la spiaggia; c’è il cielo; c’è il mare. Eppure non c’è luogo. Non c’è un elemento che orienti lo spettatore. È l’inizio nella fine e la fine nell’inizio’. È la guerra feroce e urlata solo nell’anima dei soldati, è ‘L’orrore’ di Kurtz.
Gli Uomini.
Non c’è un eroe in Dunkirk. Non c’è un protagonista. L’ammiraglio Kenneth Branagh e il pilota Tom Hardy sono al servizio del film, completamente. I personaggi da loro interpretati sono funzionali alla resa corale del senso di claustrofobia e di angoscia che è la cifra narrativa del film. Nonostante la relativa rilevanza data alla dimensione eroica dei loro personaggi, non sono molto diversi dagli zombie senza volto ammassati sulla spiaggia di Dunkirk in attesa della morte.
La donna.
Un film di uomini e per uomini, Dunkirk. La figura femminile è pressoché marginale se non inesistente nella pellicola; eppure c’è un richiamo al femminino, al materno costante e ossessivo quasi come il fischio sordo e il ticchettio incessante che fanno da sound track implacabile e ineludibile al film. C’è la Madre nel tentativo di accudimento reciproco dei soldati; c’è la Madre nell’anelito alla patria, la Madre nel richiamo alla casa.
Il Tempo.
Gioca col tempo, Nolan. Il tempo è un suo assillo. Interseca, plasma e confonde i piani temporali nel tentativo, riuscito, di interpretare il tempo come ‘duree’ secondo quanto Bergson scriveva a tal proposito sulla Recherche « Un’ora, non è solo un’ora, è un vaso colmo di profumi, di suoni, di progetti, di climi ». C’è un tempo infinito a Dunkirk… quello della paura. Quello della mancanza di senso.
Dio.
Sebbene si sforzi di porre la sua opera su un piano di estrema immanenza e di testimonianza della miseria umana nel mondo, Dunkirk è pieno di Dio e di riferimenti ad esso. L’Esodo nelle immagini dall’alto sui soldati, l’idea di Limbo e di Caronte traghettatore di ‘anime prave’; la luce del sole sul corpo del pilota-Cristo Tom Hardy; la simbologia della Croce e della colomba nella cinepresa ferma sull’aeroplano inerme sulla spiaggia.
La fuga.
Negli assai scarni dialoghi tra i protagonisti del film si cita spesso il desiderio di tornare a casa e da qui il desiderio di fuga. La sensazione di non riuscire a scappare è fortissima. I luoghi sono bui, serrati. L’acqua è quasi sempre causa di annegamento; riempie i polmoni, non fa respirare. Il mare rimanda indietro tutto ciò che gli è stato affidato: barche, oggetti, corpi. Rimanda tutto verso quel luogo magnetico e ineludibili che è la spiaggia di Dunkirk. Luogo di morte e resurrezione.
Io l’ho trovato bellissimo e imperdibile… per tutte queste ragioni.

Roberta Lamonica

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Antonio Mariani
Le Bistrò

Un sognatore che non smette mai di sognare. Social Media manager @IQUII Co-fondatore di lebistrò.it e appassionato di sport, basket soprattutto.