La mia giornata alla Festa de l’Unità

Luca Capponi
Le Bistrò
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7 min readSep 25, 2016

Alla Festa de l’Unità ci ero già stato, una sola volta. Mi ci aveva portato mio padre, diversi anni fa. Era una Festa de l’Unità vera, nazionale, e c’era Floris che intervistava Walter Veltroni, ma l’unica cosa che mi ricordo è lo spettacolo comico di Gabriele Cirilli e le sue battute su Tatiana, l’amica sua «quella grassa, ma talmente grassa che…». Poi, l’altro giorno, ho letto su Facebook il programma della Festa de l’Unità romana. C’era un incontro tra Cuperlo e Bianca Berlinguer. Cuperlo è un politico che stimo. La Berlinguer, una giornalista a cui non puoi non essere affezionato, non fosse altro per il cognome che porta. Sarà interessante, ho pensato. E così sono andato.

La Festa de l’Unità di Roma quest’anno si tiene nel quartiere di Pietralata, a Roma Est. Non ci sono mai stato a Pietralata, e mi basta uscire dalla stazione della metropolitana per capire il perché. È un quartiere molto povero, in cui non c’è praticamente nulla. Ma è anche un quartiere che trasuda storia della sinistra italiana: qui, nell’ottobre del 1943, vennero uccisi dalle SS nove partigiani della brigata Bandiera Rossa e il PCI è sempre stato il primissimo partito, tanto che aveva pure fondato una squadra di calcio, la Polisportiva Albarossa, che giocava nello storico campo “XXV Aprile”. Quando arrivo, verso le 17.00, non c’è quasi nessuno. C’è però Matteo Orfini, il presidente del PD romano. Mi siedo non lontano da lui. A un certo punto, un signore piuttosto caricaturale, la camicia rosa sbottonata e una maglietta della salute a denunciare una certa predilezione per il carboidrato, gli urla da lontano: «Orfini! Gliela posso fa’ ‘na domanda?». Orfini allarga le braccia, come a dire: «Ci mancherebbe altro». «Con tutto il rispetto», esordisce allora il tipo con la camicia rosa, «ma come se fa a esse comunisti e sta nel PD?». Il tizio conosce ogni data della sinistra a memoria, sembra un dialogo tra Orfini e un libro di storia: «Ma non ve vergognate ad aver trasformato il partito fondato da Gramsci il 21 gennaio 1921 in questa cosa qui?». È un fiume in piena, impossibile fermarlo: «Lo sa come li chiamerebbe Gaetano Salvemini quelli come voi? Ministri della malavita. Lo sa a chi si riferiva Salvemini quando diceva “ministro della malavita”?». Si riferiva a Giolitti. Orfini lo sa. Un politico non può non saperlo. Ma Orfini non risponde. Poi ammette: «Non lo so, a chi si riferiva?». Il tizio con la camicia rosa sorride, poi allarga le braccia sconsolato. Orfini si allontana. «Se lo vada a cercare», gli urla allora da lontano. Poi, quando Orfini è ormai lontano, capisce di aver esagerato, e prova a rimediare: «Comunque grazie, Orfini, grazie mille».

Nostalgia? (Foto: Festa Unità Roma)

Sono ormai le 17.30 e di Cuperlo e Berlinguer neanche l’ombra. Il palco su cui si erano confrontati (o forse sarebbe meglio dire affrontati) Giachetti e D’Alema nel dibattito che avevo visto in TV è vuoto. Comincio a pensare che Cuperlo e la Berlinguer non parleranno da lì. Mi faccio un giro. «Mi scusi, sa dove si terrà il dibattito con Cuperlo?», chiedo a una ragazza con la maglietta della festa. «Dovrebbe essere nell’area piscina», mi risponde. Vado all’area piscina: non c’è niente. «Hai provato a vedere nell’area ludoteca?», mi risponde alla stessa domanda un signore. Ma all’area ludoteca c’è un altro dibattito. «Prova agli stand laggiù, quelli dietro il capannone», mi fa una donna, ma non c’è niente nemmeno lì. Passo praticamente mezz’ora a girare per tutto lo spazio adibito per la festa. Diciamo che l’organizzazione non è il massimo. Vedo di nuovo il tizio con la camicia rosa, circondato da una decina di ragazzi della mia età molto divertiti. Lo sento parlare di Lotta Continua, di Adriano Sofri, delle Brigate Rosse. A un certo punto entro in un container, già pieno di gente. «È qui il dibattito con Cuperlo?», chiedo fiducioso a una donna. «No», mi risponde, «ma perché non ti interessa il nostro?». Come sarebbe a dire il nostro? Sono entrato nella festa di un altro partito? Insiste: «Guarda che è interessante. C’è Orfini, ci sono i movimenti civici. No, ok, tu giustamente volevi vedere un altro dibattito. Però se cambi idea guarda che è interessante». La ringrazio, poi entro in un altro container. «Il dibattito con Cuperlo è qui?». «Così ci hanno detto», mi rispondono due ragazzi. Mi siedo, aspetto. Si sono fatte le sei. Comincia a diffondersi una generale preoccupazione. Forse il dibattito non era qui, forse è già cominciato da un’altra parte. Ci pensa un signore anziano a distrarci, spostando l’attenzione su temi più delicati: «Ao», si rivolge a un amico che è seduto dietro di lui, ma a cui urla lo stesso, «ieri me so visto la Lazio: li mortacci…». «Vabbè», replica l’amico, «avemo giocato bene». «Sì, gli ultimi venti minuti. E comunque, Keita deve giocà». «Ah, su questo so’ d’accordo».

Foto: Festa Unità Roma

Finalmente arrivano. Si siedono e la Berlinguer fa subito una domanda a Cuperlo. Gli chiede una cosa del tipo: «Ti sembra che gli ultimi atteggiamenti di Renzi dimostrino un’apertura nei vostri confronti?». È una domanda facile, non certo cattiva. Cuperlo, però, non le risponde. «Bianca io in verità avevo pensato a una cosa diversa, più a una sorta di dialogo tra me e te. Anzi, te la voglio fare io una domanda, poi prometto che ti risponderò». Dopodiché si mette a parlare di Salvini, così, dal nulla. Ricorda le dichiarazioni aberranti del leader della Lega dopo la morte di Ciampi e le sue parole cariche di odio al festival di Pontida su immigrazione e Islam. È come se volesse segnare subito un confine, ricordare che fuori di qui, fuori da questa festa, c’è un’altra Italia, che su certi temi la pensa in una certa maniera. Ma ce ne era bisogno? Lo sappiamo già, lo sappiamo tutti. Siamo tra noi. Non ci sono mica elettori di Salvini da portare sulla retta via. Intanto Cuperlo continua a parlare e a me sembra che caschi nel solito errore della sinistra italiana, o meglio, delle persone di sinistra in Italia: quello di provare piacere nel sentirsi diversi. Di essere esclusivi e non inclusivi. Di far parte di una minoranza ed andarne fieri, considerarla élite. «Mi troverò sempre d’accordo e a mio agio con una minoranza di persone», diceva Nanni Moretti in Caro diario, ma lo diceva con fierezza, non con rassegnazione. Cuperlo deve rispondere a una domanda sul suo partito e invece parla della Lega e dei leghisti, ci avverte che là fuori c’è un’Italia diversa, ma si capisce che intende che là fuori c’è un’Italia peggiore. Quello che vuole dirci è che noi, noi di sinistra, siamo la parte migliore del paese, quella che deve cambiarlo. E lo dice un esponente della minoranza del PD, ovvero della minoranza di una minoranza del paese, ancora più ristretta, ancora più elitaria. È l’eterna gara a essere più a sinistra degli altri, ed è una gara che non finisce mai. Per trovare un’altra minoranza basta andare al container qua affianco, dove c’è quella signora che mi ha detto «vieni al nostro di dibattito, ché è più interessante».

A un certo punto, dopo un tempo che a me pare infinito, Cuperlo finalmente fa questa domanda alla Berlinguer. Non mi ricordo cosa le ha chiesto, e non ricordo nemmeno la risposta della giornalista. Ma deve aver detto cose giuste, perché, quando finisce di rispondere, una signora anziana, la moglie di quello per cui «Keita deve giocà», le urla: «Brava, hai detto perfettamente il perché il partito ‘n ce sta più in mezzo alla gente». Poi la Berlinguer racconta un aneddoto su suo padre e improvvisamente in sala si respira un silenzio diverso, più rispettoso. Lo chiama «papà» e lo stesso fa Cuperlo («Quando c’era tuo papà…»). Poi si torna all’attualità. La Berlinguer fa una domanda a Cuperlo. Cuperlo promette che stavolta sarà sintetico, ma è come il discolo che giura alla mamma che non lo farà più: promette sapendo di non poter mantenere. A Cuperlo puoi chiedere anche cosa ha mangiato oggi a pranzo, ti risponderà che bisogna riflettere su ciò che la sinistra ha seminato in questi anni e analizzerà le cause partendo dalla commissione De Mita-Iotti. Ogni sua risposta è una lezione di storia d’Italia. Ma Cuperlo, seppur con eccessiva verbosità, dice sempre cose inattaccabili. È un moderato, di sicuro non brillerà per carisma, ma è un politico che ha passione e che affronta sempre i temi dandoti una prospettiva diversa, “altra” della realtà. E poi, diciamocelo, sentir parlare un intellettuale vero come lui è un toccasana per le orecchie, in tempi in cui al governo c’è gente che non sa chi era il ministro della malavita o che scambia un eccidio per una battaglia.

Foto: Festa Unità Roma

Il dibattito è finito. Fuori c’è un diluvio biblico. Devo tornare dall’altra parte di Roma, ho promesso ai miei amici che li avrei raggiunti per vedere la partita. Prima scambio due chiacchiere con Alessandro De Angelis, giornalista de L’Huffington Post che ho visto spesso in televisione. Gli dico che voglio fare il giornalista. Mi dice semplicemente: «Scrivi, scrivi tanto e leggi tanto. E mi raccomando le lingue». Ora parla Orfini, poi ci sarà la tombola. Un po’ poco per farmi rinunciare alla partita. Comincio a correre sotto il diluvio. Chissà quando ritornerò a una Festa de l’Unità.

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