Le correzioni, recensione insonne e stropicciata

Valentina Tozzi
Le Carbonare
Published in
2 min readFeb 23, 2017

Ho appena finito Le correzioni e sono in pieno “effetto Franzen”, anzi direi che questo più di ogni altro suo libro mi ha dato questa ormai familiare sensazione. Ossia, regalarti l’illusione di essere completamente estranea da personaggi tanto sociopatici e sbalestrati per almeno metà romanzo e poi iniziare piano piano ad inserire impercettibili crepe a minare questa certezza, finché non ti ritrovi a pensare che sì è fattibilissimo, potrei essere io.

Chi non è stato almeno una volta la figlia giudiziosa, quella che non può davvero fare a meno di esserlo, che vorrebbe disperatamente rimettere insieme i frammenti di qualcosa che ricordava perfetto ma è irrimediabilmente sfasciato.

Chi non ha provato almeno una volta quella terrificante-meravigliosa sensazione di sentirsi avvolgere, sopraffare, soffocare dalla propria famiglia, ma non riuscire comunque a farne a meno. Stupirsi nel riconoscere ogni scanalatura delle piastrelle del bagno come fosse una persona e del resto trovarlo perfettamente normale.

Chi non ha cercato d’indagare almeno una volta nei reconditi equilibri malati dei propri genitori e pensare che probabilmente gli archetipi sono una cosa maledettamente pericolosa.

Chi leggendo le fottute Correzioni non ha avuto il terrore almeno per un minuto che Alfred possa diventare il proprio padre, che per ironia della sorte quella è la fine ingloriosa che fanno gli eroi in tempo di pace.

P.S. Franzen ti odio

Cordialmente,

Valentina.

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