Dov’è Wuchale, dove stiamo andando

Patrizia
Le ragazze di Wuchale
4 min readJun 7, 2015

Wuchale è quel puntino rosso che vedete nella cartina di Google: una cittadina nel nord dell’Etiopa, a circa 40 chilometri dal capoluogo Dessie, nella regione degli Amhara. Dalla capitale Addis Abeba sono sei-sette ore di van. Ha avuto anche una certa importanza storica: è qui che fu firmato infatti ilTrattato di Uccialli, durante la colonizzazione italiana.

L’Etiopia oggi è tra i paesi meno sviluppati del mondo, alla 174° posizione su 187 nazioni censite dall’UNDP nel 2011 come indice di sviluppo umano. Il tasso di analfabetismo è al 57% , uno dei dati peggiori dell’Africa.

In rapporto a una popolazione totale di 82,54 milioni di abitanti, il 41% risulta essere denutrito per un totale di 32,6 milioni di abitanti.

L’insicurezza alimentare e dell’accesso all’acqua, oltre ad essere un grave problema in sé, frena la partecipazione scolastica delle bambine, costrette a lavorare o a spingersi molto lontano da casa per approvvigionarsi d’acqua, aumentando in questo modo la possibilità di violenze ed abusi sessuali. L’80 per cento delle ragazze etiopi non frequenta alcun corso di studi secondari; tra quelle che ne iniziano uno, solo quattro su cento riescono a completare il percorso di studi (rapporto Unicef 2011 sulla condizione dell’Infanzia nel mondo).

La maggior parte delle donne delle comunità rurali dipendono economicamente dagli uomini per il loro sostentamento e per quello dei figli. Solo il 19% di esse possiede della terra e l’accesso al microcredito tra le donne è in diminuzione.

La zona montagnosa, come quella in cui andiamo noi, non favorisce l’agricoltura. Oltre all’erosione dei suoli si assiste ad un fenomeno di acquisizione di vasti terreni arabili da parte di compagnie straniere. Questi problemi non possono che avere come risvolto una sufficienza alimentare ancora minore. In particolare la regione Amhara, dove si trova la città di Wuchale, è caratterizzata da un’arretratezza economica e culturale che per le donne si traduce in una sostanziale sottomissione e nell’esclusione sia rispetto all’accesso all’istruzione sia alle attività produttive.

Il fenomeno della violenza sessuale sulle adolescenti, inoltre, è molto grave: il 32,2% delle ragazze scolarizzate dichiarano di aver subito molestie sessuali — e il dato quindi è sicuramente molto più alto per quanto riguarda le ragazze che non vanno a scuola e che vivono in strada.

La condizione femminile in Etiopia si riflette in diverse forme di discriminazione, tra cui la bassa influenza sui processi decisionali in materia politica, economica e sociale, uno scarso controllo sulle risorse produttive e un generale squilibrio tra il loro ruolo nel lavoro e nella società.

Come nella maggior parte delle aree rurali del paese, la cultura delle comunità del distretto è di tipo tradizionale e patriarcale. La rappresentanza delle donne all’interno delle istituzioni distrettuali è puramente simbolica e si limita solitamente alla direzione dell’ufficio per gli affari di genere. La società locale è governata da norme tradizionali che si basano sull’arbitrio da parte di poteri tradizionali come i consigli degli anziani, governati solo dagli uomini. Per quanto riguarda i diritti di proprietà, nonostante la legge preveda la parità di condizione, le donne ne sono sistematicamente escluse, sia nelle famiglie d’origine sia all’interno del matrimonio.

Le donne hanno accesso alle risorse produttive ma non ne possono disporre: non hanno un controllo effettivo neanche sui frutti e i proventi del loro stesso lavoro.

Il ripudio per motivi economici e la violenza domestica sono offese molto comuni contro le donne, che spesso accettano questi soprusi come parte della cultura tradizionale.

Sono rari i casi in cui le violenze contro le donne, anche minorenni, sono portate in tribunale; comunque i processi si concludono quasi sempre con il pagamento di una piccola ammenda e non con la punizione dei colpevoli. Le donne stesse sono restie a rivolgersi ai tribunali, e preferiscono piuttosto accettare i verdetti degli arbitrati tradizionali basati sulle norme patriarcali. Tutta la condizione complessiva descritta genera fenomeni migratori della popolazione femminile: in particolare le ragazze, spesso ancora nella minore età, lasciano la Regione di Amhara verso la capitale Addis Abeba e verso i Paesi arabi, in particolare quelli del Golfo.

È frequente, tuttavia, che una volta lasciata l’Etiopia si trovano a vivere in situazioni ancora peggiori, diventando vittime di violenza e abusi.

Lo scopo del nostro viaggio è appunto raccontare questa realtà, focalizzandoci su questa zona rurale del nord e sulle ragazze che la abitano.

stay tuned

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