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F*ck for forest

La natura è bella, scopare è bello. Cosa ne può venire di male se unisco le due cose?

fé!
Le recensioni
Published in
5 min readSep 11, 2013

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Come era facilmente intuibile da questo post ho iniziato a dare soldi a Vimeo on demand. Non potevo che iniziare da qui:

http://youtu.be/RgxVYjrWfM8

Cosa ha di incredibile questo documentario? Provate voi a fare qualcosa che non sia INCREDIBILE avendo a disposizione la più stramba e geniale organizzazione di disadattati ambientalisti mai creata. Fuck For Forest, come tutte le cose geniali, è basata sulla semplicità, ovvero l’unione di due concetti innegabilmente veri: la natura è una cosa bellissima e scopare è una cosa bellissima.Bum. Successo.

Iniziamo facendo la conoscenza di Andy. Bastano pochi minuti per capire che pochi minuti sono fin troppi per capire che siamo di fronte all’evoluzione mutante di un hippie. Quello che pone Andy al di sopra nella scala evoluzionistica della specie hippie sono la sua nazionalità Norvegese ed il fatto che la prima romantica ballata acustica che dedica allo spettatore è cantata secondo i più rigidi principi dell’antica arte del black metal. Total respect. Andy è stato un grande cavallerizzo. La sua casa è piena di trofei. Quando gli è stato chiesto di far parte della squadra norvegese alle olimpiadi di Beijing ha rifiutato per via del trattamento riservato ai cavalli impegnati in manifestazioni di così alto livello. Chapeau Danny, ora però rimettiti le mutande.

Tommy Hol Ellingsen

Con un curriculum così non sfuggi certo all’occhio attento di Tommy Hol Ellingsen, fondatore assieme a Leona Johansson, di un collettivo di eroi armati di macchine fotografiche, videocamere e una faccia come il culo. Danny, sei arruolato, vieni a Berlino. Puoi anche togliere le mutande.

Se siete arrivati a leggere fin qui probabilmente non avete visto il trailer che compare ad inizio pagina, altrimenti sareste già su vimeo a guardare il film, quindi provo a spiegarvi cosa succede. I nostri eroi gestiscono un sito porno che porta il nome dell’organizzazione: Fuck For Forest. Fin qui sono eroi come tanti altri. La particolarità è che questo sito ed i suoi contenuti sono il loro unico mezzo per raccogliere donazioni, tipo Suicide Girls ma senza puzza sotto il naso. Il fine è chiaramente nobile: salvare il pianeta. Guardate che non è facile.

Ci sono due modi per aiutare l’organizzazione. Pagare per la fruizione dei video e delle foto sul sito o fornire materiale da mettere on line. Giuro. Non voglio anticiparvi nulla ma c’è un momento particolarmente esplicativo che va più o meno così:

Berlino. Esterno giorno. Festival non meglio identificato, milioni di persone vanno e vengono ed i nostri eroi sono alla ricerca di qualcuno disposto a farsi fotografare nudo ed avere un rapporto sessuale dietro un cespuglio. Fidatevi è più difficile per un attivista di green peace farsi firmare una petizione a piazza del popolo. Trovano un’italiana.

Tommy: …one day if you want to meet us

Italiana: no aiii aiii…ai stèi in olidei uit mai frien stadi berlin ènd ai gooo

Tommy: Are you Italian

Italiana: eh eh eh

Tommy: eh eh Italy has a kind of sexual problems

Italiana: aaaah very. de pipol èv problem uit sex…uit ol eh eh eh

Tommy: Maybe you want to help Fuck For Forest before you go back to Italy

Italiana: oh ies! (pausa) No. (pausa) Forest?

Tommy: Fuck For Forest you can halp us by making some naked photos, togheter with us

Italiana (facendo di si con la testa): oh! aiii…ai mast. (pausa) NAU?!

Leona: Yeah we can go somewhere in private

Italiana: Mh, hem bat ui mai foto ior foto?

Leona: We have a photocamera as well

Italiana: aah aaaaah

Ci va.

Ora, mentre aspetto che esca il documentario sulla vita di questa italiana a Berlino e dei suoi amici che la stanno ancora cercando, capisco che sono totalmente preso dalla storia di queste persone. Sono estreme. In tutto ciò che fanno, e nulla di quello che fanno sembra avere un senso. Nell’assurdità delle situazioni in cui si infilano spicca sempre un senso di poesia potentissimo, una deficienza imbarazzante, una volontà quasi non umana, nel combattere una guerra palesemente più grande di loro. Mi è chiaro, sono di fronte all’unica manciata di persone che ha capito di vivere su un pianeta in pericolo e non ha paura di usare armi pericolose per salvarlo. Poi non so magari ci riesce pure Al Gore, o qualche scienziato illuminato ma vuoi mettere? Salvare il pianeta a suon di trombate. Vale la pena provare.

Il loro percorso è in salita. Dopo una videocall su Skype con un perfetto sconosciuto che gli offre una settantina di acri di foresta amazzonica da salvare per una milionata di dollari…esatto, partono per l’amazzonia. Immaginate una capanna, il fuoco e gli indigeni seduti. Ora visualizzate 3 tedeschi, un indiana di Bombai diseredata dalla famiglia per la sua vita promisqua ed un norvegese che ballano attorno a quel fuoco intonando canti degli antichi indiani d’America.

F I G A T A.

Insomma. Per gente così non può che finire male. Giustamente. Al termine di una riunione con gli indigeni, in cui offrono i loro soldi alla popolazione, sentono rispondersi NO GRAZIE VAFFANCULO EUROPEO DI MERDA NON CI FACCIAMO NIENTE COI TUOI SOLDI VOI PARLATE DI AMORE LIBERO QUI SI PROSTITUISCONO I BAMBINI NOI ABBIAMO BISOGNO DI LAVORARE E MENO MALE CHE NON USIAMO SOLO LE ERBE MEDICINALI SENNò SAI LA MALARIA COME CI AVEVA PRESI A CALCI NEL CULO? Gli indigeni passano a qualcosa di più interessante. Un venditore ha appena fatto il suo ingresso e con abile maestria espone ai locali le nuove brillanti caratteristiche di quella che sembra essere la motosega più cazzuta mai costruita.

Tutti ci rimangono male. Tranne me.

Il gruppo si separa e ritroviamo Danny nella sua accogliente Bergen. Si avvicina ad un gruppo di immigrati ai quali si unisce un po’ per scaldarsi e un un po’ perché rimane un hippie rompi coglioni. Ascolta i racconti di uno di loro poi chiede se il giorno dopo sarebbero voluti andare con lui a manifestare nudi sotto il palazzo del governo contro la distruzione ambientale. Guarda, gli fa uno di loro, abbiamo già abbastanza problemi per cazzi nostri.

Nero. Titoli.

Ultima nota sulla regia di Michal Marczak. Il doc è ben strutturato. Il percorso di questi disadattati sembra quasi avere un senso e ci sono delle buone trovate. La cosa più curiosa è l’uso della camera a mano che in molte situazioni è piuttosto frenetica, tende ad inseguire, come se non avesse un punto privilegiato per mostrare la scena ed è sempre un po’ tremolante, il chiaro segno che a stare in mezzo a degli spostati di tale portata si accusa un senso di angoscia, è normale.

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