Las brujas de Zugarramurdi

Cristo spara, il cinema impara

fé!
Le recensioni

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L’immagine in testa dovrebbe avervi già fatto uscire di casa in cerca del film. In caso contrario vi racconto come è andata al Festival Internazionale del Cinema di Roma.

Nessuno al Festival sapeva pronunciare questo titolo. Io ho imparato solo ieri ed è stata dura, ma vuoi mettere poter dire in scioltezza con una birretta in mano durante un aperitivo al Pigneto: madainonhaivistolasbrujasdezugarramurdi?! Conoscere Alex de la Iglesia fa sempre cool (fico ndr.). Non tanto o non solo perché è uno dei registi più fichi (cool ndr.) in attività, ma anche perché nel nostro paese non ci è mai davvero arrivato, condannato dalle logiche della distribuzione italiana è stato relegato all’aureo ed agognato girone degli autori di culto, sul quale i bar del pigneto hanno costruito la loro fortuna. Tranquilli però, niente fuffa radical chic, qui parliamo di satanismo, stregonieria, sangue a litri, personaggi grotteschi, comici, disperati. Una visione del mondo assolutamente estrema, divertente, originale e sincera. Poi se i vostri amici al pigneto arricciano il naso potete sempre dire che Alex de la Iglesia è stato scoperto da Pedro Almódovar. Cin cin, mi passi una pizzetta?

Vi ricordate la paura del mostro che vive sotto il letto pronto ad afferrarvi la caviglia? Ecco, questo è molto peggio

Un gruppo di disperati rapina un negozio dei pegni portando via una borsa piena zeppa di fedi nuziali. Pare che quando ne mettete un migliaio tutte insieme avete qualcosa di più del valore affettivo. La controindicazione? Se il vostro piano di fuga dovesse prevedere di passare a tutta birra per le strade di Zugarramurdi, potreste attirare l’attenzione di un branco di streghe cannibali mestruate, per altri motivi interessate ai vostri anelli gonfi di odio coniugale. Per fare un sabbah come si deve ci vogliono pochi ingredienti ma che siano quelli giusti. E poi se Peter Jackson è riuscito a fare 3 film usandone uno solo.. In conclusione, parafrasando un noto genio, la storia alla base de Las Brujas de Zugarramurdi è un atomica elettrica.

Come se non bastasse un così potente motore narrativo, il film apre con la scena d’azione più incredibile che abbia mai visto (e anche voi). Una rapina con inseguimento al cardio[Brian de]palma che va più o meno così: Gesù coinvolge il suo figlioletto, un soldatino, spongebob e l’uomo invisibile in un piano apparentemente perfetto. Qualcosa va storto, spongebob e l’uomo invisibile soccombono con onore, ma sapete meglio di me che non esiste posto di blocco in grado di fermare Gesù Cristo armato di fucile a pompa, in fuga dalle guardie, dalla moglie, dal grigiore di una vita da precario.

http://youtu.be/7hQ1CyUjQvg

Il giorno dopo la proiezione del film sfoggio un biglietto per l’incontro con il regista. Lo passo sotto il naso di una trentina di giornalisti in fila e sono dentro, spengo il telefono e sono emozionato. Tenete a mente questo dato: il biglietto prometteva una chiacchierata con il maestro di 80 minuti, ci servirà tra poco. Il costo del biglietto 8 euro, ma è un dato che non ci servirà.

La discussione inizia appassionata tra aneddoti, ricordi e curiosità. Molte risate quando la traduttrice si vede costretta ad usare la parola patatina (fica ndr.), meno risate per domande tipo

Nei suoi film il rapporto tra i personaggi è sempre complicato, come mai?

Attimo di silenzio imbarazzato seguito da una risposta gentile, articolata ma chiaramente riassumibile con un grazie al cazzo, genio.

Siedo in silenzio cercando il coraggio di porre la mia domanda al regista. Sono giorni che ci penso. Ma non è ancora il momento delle domande del pubblico. I due giornalisti moderatori ci tengono a tessere ragnatele di fili infinite che abbracciano l’intera filmografia di Alex De la Iglesia.

Mando veloce alcune parti noiosette

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Così, capito?

Finalmente il momento delle domande del pubblico. Sono carico. Ce l’ho. Sono giorni, forse anni che aspetto. L’ho limata fino al punto che anche dovesse essere una domanda idiota non posso non farla, mi sembra perfetta. Alcuni si prenotano prima di me. E va bene mi dico, adesso alzo la mano. Voglio chiedere cosa si prova a presentarsi di fronte ad un finanziatore, un produttore, con una sceneggiatura così senza essere cacciato a calci nel culo. Come si fa a farsi finanziare un film su streghe femministe cannibali che apre con una scena in cui Gesù Cristo rapina un negozio di pegni?

Un ragazzo fa una domanda spoilerando il finale di La chispa de la vida, pellicola che il 90% della sala non ha visto, compreso me. Praticamente chiede a De la Iglesia lo spiegone sul finale del film. Un po’ come quando la Dandini ha chiesto a Tarantino di spiegare al pubblico di RaiTre il finale di Pulp Fiction. Insomma uno dei momenti più vergognosi del giornalismo intellettuale italiano. Ma sono ancora in ballo e voglio ballare.

Gli dirò che ho immaginato un dialogo tra un regista italiano che presenta un progetto del genere ad un produttore italiano e non va a finire proprio bene. Quale è il segreto per conquistare una libertà espressiva come la sua? Come ha fatto? Ce lo dica! Salvi il cinema italiano. Mi butterò in ginocchio, lo supplicherò perché non ce la facciamo più, lo metterò di fronte al fatto che probabilmente La Brujas de Zugarramurdi neanche uscirà nelle sale italiane. Cos’ha la Spagna che a noi manca?

Ve l’ho detto che era una domanda scema.

Ma tanto non lo sapremo mai. Uno dei moderatori ci comunica che dobbiamo lasciare la sala. L’incontro è finito. Durata: un’oretta scarsa. Riguardo il mio biglietto ché magari ho letto male. No no, dice 80 minuti. Ho rosicato, non avrò mai modo di porre la mia domanda, di fare la mia scenata. Il cinema italiano è salvo.

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