Terra e fango

Antonio Furno
Le storie di Criature
3 min readMay 4, 2017

(2 di 7)

Criature è un progetto di scrittura creativa ideato da me e Flavio Ignelzi. Il racconto che segue è il Secondo Capitolo del mio contributo al progetto. Ogni capitolo è ispirato ad un fatto di cronaca realmente accaduto. Tutti i personaggi, tranne uno, sono ispirati a persone reali che oggi non ci sono più.

2.

Mariuccia si era goduta ogni singolo momento di luce della mattina. Ormai era molto anziana, le ci volevano circa due ore per percorrere a piedi i tre chilometri che separavano casa sua dalla campagna di Montelupo. Era partita alle prime luci dell’alba, in modo da poter essere in mezzo ai campi non più tardi delle sette e mezza.

Adesso era china nell’erba, con una mano manteneva una busta di plastica e con l’altra raccoglieva la cicoria. I campi di Montelupo erano abbandonati da anni, la campagna non rendeva più bene e le persone di San Cupo ai Monti avevano smesso di fare i contadini. Si riposò per pochi istanti, raccolse il bastone che aveva appoggiato per terra e lo usò per fare forza sui reni. Si sciolse il fazzoletto nero che aveva tra i capelli e si asciugò la fronte. Mariuccia era sempre vestita di nero. Il parroco, che era uno che queste cose le sapeva, diceva che la donna aveva iniziato a vestirsi di nero dal giorno del funerale della madre.

Mentre era ferma a riprendere fiato sul suo bastone sentì un rumore basso alle sue spalle. Era lo scuolabus che puntuale raccoglieva i bambini delle frazioni. Mariuccia si girò e vide spuntare sulla strada che costeggiava il campo d’erba il giallo del pulmino. La strada statale girava intorno al prato per poi imboccare una curva che sbucava sul rettilineo che infine scendeva verso il paese. Un colpo di clacson le fece capire che l’autista l’aveva vista e la stava salutando. Lei alzò il braccio e agitò la mano in cui teneva il fazzoletto nero. Dal retro dello scuolabus spuntarono un paio di visi che le fecero le boccacce. Lei sorrise e si rimise al lavoro.

Dopo circa un’ora si ritenne soddisfatta del raccolto, aveva tre buste piene, una se la sarebbe tenuta per sé mentre le altre due le avrebbe vendute al mercato in paese. Con la mano destra prese il bastone e una busta, con la sinistra le altre due. Ben bilanciata, con la schiena leggermente curva in avanti e il fazzoletto di nuovo a coprire i capelli, uscì dal prato e si avviò per la strada che il bus aveva percorso poco prima. Dopo buoni dieci minuti di lento camminare a piccoli passi, Mariuccia arrivò alla curva. Pochi minuti dopo si accorse che sul rettilineo che portava in paese c’era lo scuolabus giallo fermo in mezzo alla strada. Pensò subito ad un guasto o forse un bambino che si era sentito male.

Passo dopo passo, cercando di non perdere il ritmo, Mariuccia si avvicinò al bus. Attorno a lei e al pulmino giallo c’era solo campagna e alberi verdi. Dopo un tempo a suo avviso interminabile, la vecchia raggiunse il retro del bus e iniziò a colmare la distanza che la separava dalla portiera aperta sul lato destro.

Posò le buste per terra e salì. L’autista era accasciato sul volante con le braccia stese giù. Mariuccia lo scosse, sempre più forte, fino a quando lui non si riprese e con la voce impastata chiese dove fosse. La vecchia lo scosse forte e gli fece un cenno col mento, come ad indicare il retro dello scuolabus, l’autista si voltò a guardare e Mariuccia disse:

“Uagliò, addo stann’ e’ criature?”

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