Terra e fango (5 di 7)

Antonio Furno
Le storie di Criature
4 min readMay 26, 2017

(​Criature​ ​​è​ ​un​ ​progetto​ ​di​ ​scrittura​ ​creativa​ ​ideato​ ​da​ ​me​ ​e​ ​Flavio​ ​Ignelzi.​ ​Il​ ​racconto​ ​che​ ​segue​ ​è​ ​il​ ​mio contributo​ ​al​ ​progetto.​ ​Ogni​ ​capitolo​ ​è​ ​ispirato​ ​ad​ ​un​ ​fatto​ ​di​ ​cronaca​ ​realmente​ ​accaduto.​ ​Tutti​ ​i personaggi,​ ​tranne​ ​uno,​ ​sono​ ​ispirati​ ​a​ ​persone​ ​reali​ ​che​ ​oggi​ ​non​ ​ci​ ​sono​ ​più.)

5.

I sancupesi erano frastornati da quello che stava accadendo, prima i bambini, poi la morte di Tonino.

Nessuno sapeva più come affrontare il quotidiano. Nei primi giorni dalla scomparsa, le case dei genitori dei bambini del ’13 vennero invase da visite di cortesia. La gente aveva deciso di trattare la scomparsa alla stregua di una morte. Perciò i visitatori portavano con loro il consòlo (un ruoto di pasta, un rustico, un pane condito) come se andassero a fare una visita di condoglianze. Le mamme e i papà degli scomparsi di solito si sentivano rassicurati da quel gesto antico, sapevano come affrontare la morte e riuscivano a dare forma a quel dolore.

La gente arrivava alla spicciolata nelle case dei bambini scomparsi, parcheggiavano le macchine lungo le strette strade interpoderali, a volte con un paio di ruote sull’asfalto e le altre due nella terra.

Era Settembre e le giornate si erano accorciate, la sera il vento iniziava ad essere freddo. Infagottati nelle prime giacche della stagione, i vicini entravano nelle case svuotate dai bambini, entravano in silenzio, sussurrando saluti di cortesia e portando guantiere di cibo.

“Buonasera”, “Buonasera”, “Non è nulla, solo una cosetta per tenervi su. Dovete mangiare, ci manca solo che pure tu e tua moglie…”

Quando arrivava qualcuno di nuovo, quello era il segnale che avvisava chi era già dentro che era giunto il momento di andarsene.

“Allora noi ce ne andiamo”, “Vi lasciamo alle vostre cose”, “Ma no, restate pure.”

La cucina era sempre illuminata. La macchinetta del caffè sempre pronta.

“Abbiamo appena fatto il caffè, è ancora tiepido”, “No grazie, davvero”.

I visitatori si accomodavano in sala da pranzo, gli uomini restavano in piedi, non si toglievano nemmeno la giacca. Le donne erano più a loro agio, sapevano come comportarsi, sapevano cosa dire e come parlare. Ogni tanto qualcuno si metteva a piangere.

“Zia, non dovete fare così. Andrà tutto bene. Li troveranno.”

Spesso le mamme non reggevano al peso del dolore, si sentivano male, svenivano o diventavano tutte pallide e il dottore consigliava loro di andarsi a stendere in camera da letto.

Quella sera la mamma di Francesco era sul letto da più di due ore, fuori era buio e la stanza era illuminata solo dalla lampada di un comodino. La mamma di Francesco era vestita, si era stesa con tutte le scarpe e il marito le aveva appoggiato un plaid sulle gambe.

“Un caffè?”, “No, grazie compare, lo abbiamo appena preso”.

“Ieri avete visto il Sindaco in televisione?”, “Mia cognata vive in città e dice che non si parla d’altro pure là”.

“Tonino era in casa quando è successo”.

“Io le taglio a fette e poi le lascio al sole per due o tre ore”.

“Ieri i carabinieri mi hanno fermato due volte mentre andavo al mercato”, “Non me lo dite, io mi sono presa uno spavento”.

“Evaristo non è più tornato a casa”, “Mio fratello sta a Milano e mi ha detto che ha letto sul giornale che lo hanno portato in questura”.

“Vi ho portato un po’ di salsicce e patate, so che alla zia piacciono molto”, “Grazie, non dovevate”.

La mamma di Francesco sentì che qualcuno bussava alla porta.

“Buonasera Don Emilio”, il prete del paese. Se doveva essere una veglia, allora era giusto che ci fosse anche un sacerdote.

La mamma di Francesca sentì un dolore forte al petto, le orecchie diventarono rosse e decise di mettersi seduta sul letto.

Sentì la sua voce urlare:

“Andate via! Non lo voglio il prete. Non è morto nessuno. Francesco è vivo.”

Da quel momento tutto divenne confuso. La porta della camera da letto spalancata, suo marito che le parla, poi arriva il prete seguito da altre donne e altri uomini. Il prete con la tonaca scura, il prete che viene a celebrare il funerale di suo figlio. Il prete vestito di nero, nero come la morte.

Lei che si alza, la sua gola che brucia perché ha urlato. E la sua rabbia infinita, perché non è giusto e suo figlio è vivo.

Lei che prende la sedia vicino al letto, la solleva in aria mentre continua ad urlare. Suo marito che cerca di fermarla, ma lei si scaglia contro il prete e gli spacca la testa con la sedia. E nessuno riesce a fermarla. Continua a colpire la testa di Don Emilio e tutta la stanza è piena di sangue. E il cervello di Don Emilio è molle, tutto sul pavimento. Ma suo figlio è vivo.

La mamma di Francesco scrollò la testa come a scacciare quei brutti pensieri. Si tolse il plaid dalle gambe e si alzò dal letto. Uscì nel salone proprio quando Don Emilio si stava togliendo la giacca a vento. Don Emilio le corse incontro per abbracciarla e lei lo ringraziò:

“Grazie, Don Emi’, non vi dovevate scomodare tanto”.

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