Terra e fango (7 di 7)

Antonio Furno
Le storie di Criature
2 min readJun 8, 2017

(​Criature​ ​​è​ ​un​ ​progetto​ ​di​ ​scrittura​ ​creativa​ ​ideato​ ​da​ ​me​ ​e​ ​Flavio​ ​Ignelzi.​ ​Il​ ​racconto​ ​che​ ​segue​ ​è​ ​il​ ​mio contributo​ ​al​ ​progetto.​ ​Ogni​ ​capitolo​ ​è​ ​ispirato​ ​ad​ ​un​ ​fatto​ ​di​ ​cronaca​ ​realmente​ ​accaduto.​ ​Tutti​ ​i personaggi,​ ​tranne​ ​uno,​ ​sono​ ​ispirati​ ​a​ ​persone​ ​reali​ ​che​ ​oggi​ ​non​ ​ci​ ​sono​ ​più.)

7.

La madre di Tonino Intorcia, al contrario del marito, conservava ancora un minimo di lucidità. Fu con lei che il Sindaco parlò per organizzare i funerali.

C’erano voluti dieci giorni per riavere il corpo del ragazzo. I giudici e la polizia non credevano alla casualità. Pensavano ci fosse un legame tra la sparizione dei bambini e l’esplosione della casa degli Intorcia, ma non ci fu modo di collegare i due eventi. Il corpo di Tonino fu fotografato, studiato e tagliato, e solo dopo innumerevoli discussioni tra Pubblici Ministeri, Prefetto e Ministro, si decise che era giunto il momento di dare sepoltura a quell'infelice.

Le visite alle case dei bimbi scomparsi erano finite da un po’. Erano veglie senza i corpi, i bambini erano scomparsi, non erano morti. E non si poteva tirare a lungo quella finzione. Dopo una settimana dalla scomparsa dei bambini, le visite terminarono e i sancupesi si chiusero in casa. Il paese entrò in uno stato vegetativo, in una condizione di demenza causata dalla complessità degli eventi. Perciò, quando si venne a sapere che si sarebbero finalmente celebrati i funerali di Antonio Intorcia detto Tonino, i paesani si sentirono confortati. Un funerale rientrava nel ciclo della vita del paese. Era un pezzo di vita che tornava ad essere normale.

Come detto, il funerale si tenne dieci giorni dopo il suicidio, undici giorni dopo la scomparsa dei bambini. Il Sindaco era in prima fila, di fianco ai vecchi Intorcia, il resto del paese era seduto sulle altre panche o in piedi lungo i muri della chiesa.

Ai giornalisti fu impedito l’accesso alla chiesa. Don Emilio era stato inamovibile su questo punto e il Sindaco era d’accordo con lui. Il paese aveva bisogno di piangere i suoi morti e non doveva essere disturbato dagli estranei.

La funzione andò avanti come sempre era stato: la campanella, i chierichetti, Don Emilio che si inginocchia davanti alla pala di Sant’Adolfo, la gente in piedi e poi seduta. Il ritmo di quel rito fece sentire bene il Sindaco.

Si arrivò ai salmi e la vecchia Mariuccia salì a leggere.

“Non chiamare in giudizio il tuo servo:
nessun vivente davanti a te è giusto.”

Il Salmo 142, il “Cantico di Davide, quando era nella caverna.”

Fu dopo quel passaggio che i bambini in chiesa iniziarono a scomparire.

Uno alla volta. Senza alcun rumore, senza lasciare traccia. Sparivano nel nulla.

Non c’erano più.

Tutti i bambini di San Cupo ai Monti non c’erano più, esattamente 11 giorni dopo la scomparsa dei bambini del ‘13.

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