7 cose che puoi imparare da Holacracy (anche se non lo pratichi)

Andrea Faré
Leapfrog team
7 min readAug 10, 2018

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1. Impara ad amare le “Tensioni”

Tensione non è solitamente un termine dotato di connotazione positiva. Quando — sentiamo tensione — cerchiamo di alleviarla, rilasciarla, rilassarci.

Tuttavia, gli individui che praticano Holacracy riconoscono che le tensioni sono in realtà potenti veicoli di cambiamento. (In Holacracy — AF) Utilizziamo il termine tensione per riferirci alla sensazione che si ottiene quando si riconosce che qualcosa non funziona come potrebbe. Forse un errore continua a ripetersi o un processo risulta inefficiente e oneroso. Potremmo chiamarlo un “problema” che deve essere risolto, ma a questa definizione manca un’altra parte di ciò che l’attore che sperimenta la tensione sta percependo — il potenziale di una soluzione / un’opportunità da cogliere.

Quando si sente una tensione, ci si sta semplicemente sintonizzando su un divario tra come le cose sono e come potrebbero essere.

Le tensioni, in questo senso, sono una delle maggiori risorse dell’organizzazione, perché rivelano la via verso la crescita e il miglioramento, con la caratteristica fondamentale d’essere basate su un’esperienza reale e non su idee astratte o sul puro design (il design organizzativo in Holacracy è sostanzialmente percepito come fonte di tentativo d’anticipare tensioni che ancora non si sono manifestate — AF)

Nel quotidiano la pratica di holacracy è semplicemente: traduzione delle tensioni in un cambiamento significativo. Anche non utilizzando i nostri stessi metodi, il semplice operare in quest’ottica può rivelare nuove prospettive di gestione del cambiamento, impariamo quindi ad amare le tensioni e le possibilità che rivelano, e dotiamoci di un meccanismo per veicolare in cambiamento significativo!

2. Non chiedere il Permesso

Nelle organizzazioni tradizionali, vige di norma un assunto: “Non si può fare nulla a meno che non si abbia il permesso di farlo”. I praticanti di Holacracy operano secondo l’assunto opposto: “Puoi fare qualunque cosa non sia stata preventivamente vietata in modo esplicito”.

Riflettiamo: perché sentiamo la necessità di chiedere l’autorizzazione? Probabilmente, è perché siamo preoccupati del fatto che senza di essa, potremmo pestare i piedi a qualcuno, o causare inavvertitamente problemi ad altre persone.

E, quand’anche paia una preoccupazione valida, ci si ritrova rapidamente in una cultura in cui tutti credono che il lavoro degli altri consista nell’impedire a noi di provare “tensioni”, e tutti finiscono per accusarsi vicendevolmente delle cose che a loro non piacciono. Il risultato è l’inazione collettiva fondata sulla paura. Questo trattiene sia individui che organizzazione dall’esprimere il proprio pieno potenziale

I processi di Holacracy creano invece fiducia nel fatto che le tensioni possono essere risolte. Noi incoraggiamo gli individui ad intraprendere iniziative e rispondere proattivamente a questioni che influenzano il loro lavoro senza dover acquistare il buy-in di tutti. Rimuovere l’aspettativa che venga chiesta autorizzazione e rimuovere la paura di causare tensioni per gli altri — scatenano una creatività molto più grande al servizio degli obiettivi dell’organizzazione.

3. Sii Egoista

Troppo spesso in un business meeting, le persone cercano di anticipare ciò che agli altri potrebbe piacere o meno anche prima che questi abbiano espresso preoccupazioni a riguardo o semplicemente esposto desideri rispetto a ciò di cui hanno bisogno. Ci ritroviamo cosi spesso a pre-filtrare mentalmente richieste e idee per evitare che vengano respinte dai colleghi.

Ma se potessimo confidare nel fatto che il processo di riunione stesso crea spazio per gli altri, per obiettare, fornire opinioni, illustrare preoccupazioni, e aiutarci a decidere se tenerne conto nella formulazione delle nostre proposte di cambiamento? Se cosi fosse ognuno di noi sarebbe libero di esporre esattamente i propri desideri e bisogni professionali e tutti gli altri, senza filtri di cortesia/quieto vivere, potrebbero a loro volta beneficiare di un maggiore bagaglio informativo a disposizione.

Potrebbe sembrare egoismo, ma in questo senso l’egoismo è positivo! Se i nostri colleghi non sanno nemmeno cosa vogliamo realmente, quanto è probabile che si giunga ad una soluzione ottimale? Una che funzioni per noi e per tutti gli altri? I facilitatori di Holacracy incoraggiano questo tipo di approccio, anzi ogni singolo attore viene ingaggiato con una domanda che ha proprio questo obiettivo: “Di cosa hai bisogno?”

Quindi sii egoista, lascia che le persone sappiano esattamente cosa serve a te per esercitare meglio il tuo ruolo in azienda, che siano poi loro ad obiettare (se la soluzione di un tuo problema genera un problema a loro — AF); scoprirai che, molto più spesso di quanto tu non creda, i tuoi colleghi sono ansiosi d’aiutarti, e fornirti un percorso chiaro per farlo.

E’ molto più difficile per gli altri aiutarti se non dici loro di cosa hai realmente bisogno. (e in un contesto dove farlo liberamente è la regola, è molto più facile — AF)

4. Abbi il coraggio di non preoccuparti

Uno degli elementi più utili di Holacracy è il suo far chiarezza su ruoli e responsabilità organizzative, in modo da stabilire una chiara definizione di ciò che rientra esattamente nell’ambito di responsabilità delle singole persone che li ricoprono.

Come esseri umani, è nella nostra natura cercare d’aiutarci vicendevolmente, e molti di noi provano a sistemare qualsivoglia problema appena si presenta. Se un cliente si lamenta o un collega è in difficoltà vogliamo essere utili. Tuttavia questo non è sempre il modo migliore per allocare il nostro tempo e le nostre energie, in quanto abbiamo altre priorità su cui dovremmo focalizzarci.

Se un chirurgo sta entrando in sala operatoria per salvare una vita, e un collega lo ferma per chiedergli come mai il computer della persona alla reception non funziona, è fondamentale che il chirurgo “se ne freghi” e tiri dritto. Non tutte le scelte di quel tipo sono cosi chiare e nette quotidianamante in azienda, ma il principio rimane valido: “Mostrando che non ti preoccupi di una cosa, stai in realtà mostrando che ti preoccupi di qualcos’altro”

Sapere con chiarezza quando una cosa è al di fuori di ciò che l’azienda dovrebbe aspettarsi dal tuo/tuoi ruolo/i e dire “mi spiace non è una mia responsabilità” può suonare scortese e sconveniente a volte, ma ciò non significa che non possa essere spesso la cosa migliore per te e la tua organizzazione. Questo approccio (purchè accompagnato dai meccanismi per veicolare in cambiamenti le tensioni che ne scaturiscono, e quindi evitare che l’eventualità si ricrei — AF) potrebbe invece contribuire ad esporre aree che richiedono maggiore chiarezza, di modo che qualcuno venga reso effettivamente responsabile di quel tipo di problema. Se assorbi semplicemente la tensione (per effetto dell’applicazione di un criterio generale di “buona volontà” all’interno dell’organizzazione AF) , l’organizzazione perderà l’opportunità di adattare e migliorare la sua struttura, e tu sarai semplicemente distratto dalle cose che realmente necessitano della tua attenzione.

Quindi — Impara a non preoccuparti, aiuterai l’organizzazione ad evolvere

5. Non dire “NOI”

Brian Robertson, l’ “inventore” di Holacracy usa spesso questa frase: — il “signor NOI” è un pessimo collega — . Eppure troppo spesso, in un business meeting, viene stilata una lista accurata di tutti i tipi di cose che “noi” dobbiamo o dovremmo fare….“E’ ora che NOI sistemiamo il sito web” “Dobbiamo fare progressi su quel piano di progetto” “Dobbiamo assegnare quella posizione entro la fine dell’anno”

Quando senti dire “Noi”, chiedi “Chi?” , chiarifica chi è esattamente responsabile di quella specifica azione (indipendentemente dal fatto che debba poi farsi aiutare da altri nel darle corso, questa è una questione differente — AF) , quale ruolo organizzativo si assicurerà che venga portata a termine?

Può anche darsi che non vi sia ancora chiarezza su quale ruolo debba farsi carico di quella responsabilità, beh, ma allora sappiamo che dobbiamo definirlo e assegnarlo a qualcuno. (molto probabilmente qualcuno avrà una “tensione a riguardo” AF)

Se è responsabilità di tutti NOI finirà per essere responsabilità di NESSUNO.

6. Non lavorare per scadenze

Le “deadline” sono moneta corrente quando si fa business, e la maggior parte delle persone trova difficile immaginare di condurre un’impresa senza farvi ricorso, in fondo tutta la nostra dialettica organizzativa è basata sul concetto di “Cosa mi dai e quando”. Senza scadenze come potremmo continuare a fare affidamento sull’impegno degli uni verso gli altri?

Il desiderio di scadenze è comprensibile, tuttavia, esse comportano grandi svantaggi. Per quanto ben organizzati e ben intenzionati si sia, vi saranno sempre occasioni in cui la realtà sovverte anche i piani meglio concepiti. Eventi inattesi richiederanno di modificare le nostre priorità, eventi che non possiamo prevedere in alcun modo quando ci impegnamo al rispetto di una deadline.

Gli individui devono essere liberi di adattare l’utilizzo del proprio tempo al miglior servizio dei propri ruoli e del proposito (dove per proposito s’intende la “ragion d’essere” dell’azienda, il motivo per cui esiste — AF) piuttosto che essere forzati a prioritizzare task meno critici semplicemente per rispettare una promessa cieca fatta a qualcuno magari mesi prima.

Invece di promettere tanti “what by when” , prova ad offrire proiezioni e aggiornamenti giornalieri agli altri stakeholder, e a servirti di un sistema di gestione delle attività più trasparenti , a livello personale GTD è un buon esempio, (a livello collettivo Kanban o altra metodologia Agile è un altro buon esempio — AF) in modo che tutti possano osservare ed adattarsi alla natura mutevole della realtà in svolgimento.

Puoi leggere qui ulteriori approfondimenti sulle “deadline” in holacracy.

7. Rendi espliciti gli accordi

Vi è il fraintendimento comune secondo cui i processi di Holacracy siano volti a rendere tutto esplicito, ma non è cosi. Se qualcosa funziona di solito non lo tocchiamo. “E’ tutto ok fino a che non è più OK” è il nostro approccio.

“Quando non è OK” — sta ad indicare semplicemente che qualcuno percepisce che qualcosa non sta funzionando come potrebbe — spesso si tratta solo di un sentore di disallineamento tra la nostra interpretazione e le aspettative degli altri. Sono questi i momenti in cui è utile rendere espliciti gli accordi per rendere chiaro “cosa ci si possa aspettare e da chi”.

Che la tua organizzazione pratichi Holacracy o meno, è utile prestare molta attenzione alle aspettative implicite, e a come esse potrebbero di fatto impattare negativamente le relazioni lavorative coi tuoi colleghi.

Vivere di aspettative implicite è una pratica in qualche modo sleale, e tende a produrre frustrazioni e disaccordo. Se qualcosa non funziona dai un occhio alle tue aspettative implicite e cerca di capire se c’è è qualcosa che potresti rendere più esplicito e quindi più chiaro.

Nota dell’autore/traduttore: non siamo soliti utilizzare contenuti di altri , ma questo articolo di Chris Cowan era talmente ben focalizzato e strutturato che abbiamo ritenuto fosse opportuno tradurlo. L’ abbiamo integrato con le nostre considerazioni (marcate con: AF) allo scopo di colmare l’ulteriore gap rispetto alla comprensione di alcuni concetti, dovuto ad una relativa arretratezza nostrana su pratiche agili, al di fuori dei contesti puramente IT.

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