Springs.

Valentina De Matteo
Leapfrog team
Published in
15 min readJan 31, 2022

Noi sorgenti di oggi, il lavoro e le organizzazioni di domani

Metti un venerdì di marzo. Pagine di serendipità.

Quel libro era sullo scaffale da tanto. Marzo 2021, zona rossa inoltrata. Il momento giusto per iniziare a leggerlo. Sfogliandolo per la prima volta, quasi fosse un oracolo, l’occhio si è subito posato su un passaggio inconsapevolmente rivelatorio:

“L’acqua non potrà mai essere spezzata da un martello o ferita da un coltello. L’acqua di un fiume si adatta al cammino possibile, senza dimenticare il proprio obiettivo: il mare. Fragile alla sorgente, a poco a poco acquista la forza degli altri fiumi che incontra”.

Una pagina aperta a caso di un inconfondibile Paulo Coelho nel suo “Manuale del Guerriero della Luce” ci aveva appena suggerito qualcosa. Su noi stessi, sulla nostra condizione “adattiva” che per scelta o per necessità abbiamo fatto nostra durante la pandemia. Sul nostro modo di stare e collaborare e sul rinnovato rapporto tra noi e “gli altri fiumi” personali, professionali, sociali che abbiamo continuato a incontrare in questo periodo prolungato di normalità ibrida.

Il dado era tratto. Ma avevamo bisogno di sedimentare quel messaggio. Era un venerdì. Il weekend sarebbe stato lo spazio giusto per ragionare. Per poi parlarne tutti insieme nel nostro consueto tactical di lunedi.

Metti un lunedì. Momento di consapevolezza.

Decidiamo che ciascuno di noi prima del tactical legga il Report sul Lavoro Ibrido di Microsoft uscito qualche giorno prima e che in riunione condivida le sue considerazioni. Da quando è nata nel 2018, il purpose di Leapfrog è quello di catalizzare la trasformazione delle organizzazioni in luoghi di senso e partecipazione in cui riscrivere il futuro. Senso, partecipazione, futuro. Tre parole che ci appartengono per DNA e che non potevano lasciarci indifferenti rispetto ai segnali, forti e deboli, e alle tensioni che da persone e organizzazioni cominciavano a giungerci sempre più forti.

Così è stato. Lunedì ore 9. “Azioni prese in carico prima del tactical. Check”. Tutti abbiamo letto. Tutti abbiamo riflettuto. Tutti abbiamo portato proposte. La convergenza sul fatto che dovessimo cominciare a lavorare su un progetto concreto è stata sostanzialmente immediata. Da dove iniziare e come fare, i punti su cui discutere. Rileggiamo Coelho. E da quel passaggio arrivano le prime risposte.

· L’acqua di un fiume si adatta al cammino possibile. Anche le organizzazioni si stanno adattando al cammino possibile. Perché, di fatto, è l’unica cosa che possono fare. Non abbiamo né certezze né punti di riferimento su quella che sarà la nostra prossima normalità. I modi di lavorare tradizionali hanno dimostrato più volte di scricchiolare e non possiamo più permetterci di adattare le soluzioni del passato a un contesto che ha rotto tutti gli schemi e gli argini.

· Fragile alla sorgente, a poco a poco acquista la forza degli altri fiumi che incontra. Schemi e argini sovvertiti richiedono una riflessione allargata. L’autoreferenzialità ci avrebbe condannato a sviluppare un progetto “fragile” che non avrebbe avuto modo di rafforzarsi dall’incontro di altri “fiumi” e di ambire al “mare” come metafora di meta trasformativa ambiziosa e partecipata. In questo scenario di complessità accelerata ci siamo sentiti esattamente come sorgenti. E da quel momento in poi, “sorgente” sarebbe stata la nostra parola chiave. Se è vero che il nome di un progetto deve essere in grado di svelarne immediatamente l’anima, noi abbiamo scelto di chiamarlo “Springs”.

Spring significa sorgente. La sorgente è la fonte che aspira a diventare mare. Non sa quale sarà il suo cammino, quali gli ostacoli e quanto il tempo. Ma sa che ha bisogno di incontrare altre sorgenti per diventare progressivamente più forte e consapevole. In questo percorso di esplorazione sul futuro dei modi di lavorare noi ci sentiamo sorgente. Sentiamo che è tempo di partire, sentiamo che è il momento di scorrere. Per incontrare nuove sorgenti.

Permeabili, porose, dinamiche: storia di sorgenti e di “Springs”

Riunione tattica finita. Si parte. Alla ricerca di nuove sorgenti che per affinità, esperienza, voglia di contribuire potessero dire e dare qualcosa al progetto “Springs”, il cui obiettivo è quello di fornire una fotografia multi-sfaccettata e cross-industry sulle evoluzioni organizzative in atto e un nostro scenario prospettico e partecipato dei trend emergenti per una trasformazione consapevole, partecipata, destinata a dare nuovo senso alle organizzazioni. Ci mettiamo al lavoro per individuare i nostri compagni di viaggio e proporre loro percorso di esplorazione. Pensiamo immediatamente a tutti gli amici, i clienti, i partner con cui abbiamo sviluppato progetti e su cui abbiamo sempre contato per confronti e feedback sulle nostre idee. Sono i nostri “early adopter”, i “beta tester”, quella cerchia di “matti” che — per loro stessa definizione — sono sempre pronti a tuffarsi in progetti dai contorni non sempre definiti ma dal proposito sempre molto chiaro: generare un impatto nella trasformazione delle organizzazioni trasformandole in luoghi più consapevoli, partecipati, inclusivi. In poco tempo, la lista dei nostri “crazy adopter” è chiusa. Non ci restava che elaborare il primo concept di progetto per sottoporlo velocemente e raccogliere il loro feedback. “Vorremmo raccontarti un’idea” è l’oggetto di una mail a tratti criptica che facciamo partire un paio di giorni dopo per chiedere quindici minuti del loro tempo.

Non vogliamo venderti niente. Abbiamo in mente qualcosa e vorremmo condividerlo con te. Per noi sei un pioniere e la tua sensibilità ed energia possono realmente fare la differenza nel generare una riflessione di qualità su un tema così sfidante.

Dopo poco, tutti i nostri crazy adopter erano a bordo. Un po’ per curiosità, un po’ per fiducia, ognuno di loro aveva deciso di condividere la propria storia e la propria prospettiva su presente e futuro delle organizzazioni. Ognuno di loro, come tutte le sorgenti, era permeabile, poros* e dinamic* abbastanza da lasciarsi coinvolgere in quel progetto che ancora non aveva una direzione chiara. Avevamo un piano per dargli il calcio di inizio. Ma la sua evoluzione l’avremmo decisa insieme. E in qualsiasi momento chiunque avrebbe potuto scendere dalla giostra. I primi passi sarebbero stati due: un’intervista individuale e un workshop di condivisione. Tre ore e quarantacinque di impegno per ciascuno “Springer” per percorrere il primo sprint di progetto. Affare fatto, si comincia.

Il metodo: ascolto antropico, sguardo ecologico

Abbiamo deciso di impostare i primi due passi fondativi del progetto: indagare dapprima la prospettiva individuale delle “sorgenti” coinvolte per raccogliere in larghezza e profondità il vissuto personale e professionale degli Springer in cammino verso la costruzione di una propria nuova normalità e poi mettere a sistema le visioni individuali e ricomporle a sintesi traendone alcuni insight e segnali anticipatori. Questo per mescolare metodologicamente la leva antropica — ricostruzione attraverso il racconto individuale in forma di interviste dell’azione dello Springer nella propria routine personale e professionale, con analisi di valori, credenze, rituali, immagini che la rappresentassero appieno — e quella ecologica — sintesi partecipata e collaborativa in forma di workshop in remoto per confermare la visione collettiva del momento emersa dalle interviste individuali e far evolvere il progetto a uno stadio successivo.

Le interviste. Un hashtag ogni cinque minuti

Otto hashtag hanno scandito le interviste individuali. Tempi serrati e gut feeling, queste le regole del gioco della conversazione di 45 minuti in cui abbiamo chiesto ai partecipanti di aprirci la porta della loro esperienza personale e professionale in tempi di pandemia e raccontarci il loro percepito sulle nuove modalità di lavorare, collaborare ed “essere” organizzazione. Ecco, in sintesi, uno spaccato delle risposte:

1. #Tales. Se il tuo partner dovesse descriverci il modo in cui sei cambiato in questo periodo nell’approcciarti al lavoro cosa ci racconterebbe?

Due polarità hanno caratterizzato le risposte degli “Springer”, dall’ “insostenibile leggerezza di essere smart” fatto di lotte di corridoio e momenti di “presenza non presenza”, alla consapevolezza maturata a posteriori di una ritrovata serenità fatta di nuovi rituali a livello personale, nuove ambizioni e meno restrizioni a livello professionale e una più elevata commistione di saperi nello svolgere il proprio lavoro e nell’essere in grado di dedicarsi ad altre attività fino a quel momento mai sperimentate

2. #Rituals. Raccontaci almeno una nuova pratica, un rituale o un tool che avete introdotto e sperimentato in questi mesi.

Nella transizione alla nuova normalità, quattro sono i cluster di attività cui gli “Springer” hanno dato maggiore evidenza: creazione di “tribe space”, iniziative per il rafforzamento della comunicazione interna, creazione di nuove attività di sincronizzazione e confronto, nuove pratiche di onboarding. Gli ultimi due punti, in particolare, hanno portato all’introduzione di alcune “regole di comportamento” che non sono state dismesse con il rientro progressivo ma sono tuttora in essere per la loro provata efficacia. Sulle riunioni, in particolare, una delle regole prodotte è stata quella di non schedularle al di sopra dei 45 minuti, prevedendo all’inizio cinque minuti di “small talk” che facilitino la ricreazione di momenti informali in presenza. Ancora prima di fissare un meeting, è richiesto all’organizzatore di pensare a “due buoni motivi” per non convocarla: il più delle volte questa riflessione iniziale fa sì che solo le riunioni indispensabili vengano convocate, liberando effettivamente tempo da destinare in attività a maggiore valore aggiunto. Spostandoci sul cluster onboarding, per favorire la conoscenza in un contesto ibrido dei nuovi arrivati verso il resto dell’organizzazione, nelle organizzazioni di alcuni Springer è stata introdotta la regola per cui ciascun “new hired” deve avere cinque call conoscitive di trenta minuti con cinque membri dell’organizzazione affinché si possa dare il via alla costruzione di una “rete sociale” di riferimento che possa evolvere nel tempo anche a distanza

3. #Pains. Raccontaci quali sono state le maggiori criticità riscontrate nell’affrontare una modalità di lavoro totalmente (o quasi) remota

Gap generazionale, carico di lavoro, creazione di “reti di contenimento sociale”, velocità di reazione sono stati gli ambiti a maggiore criticità riscontrata dagli Springer. Sul primo punto, in effetti, è stata evidenziata da un lato la difficoltà dei membri più senior dell’organizzazione di adattarsi a un livello minore di “controllo” che ha alimentato una certa diffidenza verso l’efficacia dello smart working, e nello stesso tempo di ricostruire quella “informalità” nella comunicazione attraverso strumenti digitali con cui si ha poca dimestichezza. La GenZ in ingresso ha invece patito il “doppio salto”: integrarsi e farlo senza poter contare sulla prossimità. Il workload è stata un’altra delle criticità più ricorrenti: più straordinari, meno controllo sul bilanciamento vita -lavoro e poca competenza nel “remote conflict management”, ovvero nella gestione di riunioni da remoto in cui ciascuno potesse sentirsi in condizione di esprimere il proprio punto di vista anche se divergente rispetto al resto dei membri del team. La mancanza di “reti di contenimento sociale” hanno fatto sì, da un lato, che non si creassero momenti, spazi e meccanismi di decompressione per le persone emotivamente più “fragili” e meno pronte ad affrontare l’isolamento e, dall’altro, di aumentare la produttività facendo calare in molti casi la creatività per mancanza di occasioni di confronto e brainstorming con persone al di fuori del proprio team ristretto. Una scarsa velocità di reazione all’interno delle organizzazioni è stata sottolineata da tutti gli Springer con diverse sfaccettature: lentezza nel definire regole di ingaggio sullo smart working, nel riconoscere l’incertezza comunicando con scarsa trasparenza, nel creare una piattaforma comunicativa aziendale che veicolasse iniziative anziché rincorrere la decretazione di urgenza.

4. #Values. Ripensa ai valori della tua organizzazione espressi prima della pandemia. Quali sono quelli che sono stati messi più in crisi e quelli che vi hanno supportato nell’affrontare questa situazione?

Alcune scelte degli Springer sono ricorse frequentemente seppure classificate in maniera differente. In generale, la leadership nella sua accezione tradizionale così come l’eccessiva struttura sono risultati essere valori in crisi accanto alla capacità di fare rete — valore positivo in senso assoluto che non è riuscito tuttavia ad essere agito in un momento di trasformazione — e, all’agilità — anch’esso valore più dichiarato che agito. Ascolto, coraggio, responsabilità, autonomia e cura — interna verso le persone ed esterna verso clienti e mercato — sono stati individuati in quel set di “meta-valori” di supporto che sono riusciti a tenere le persone agganciate all’organizzazione anche in un momento di profonda trasformazione come quello pandemico.

5. #BreakthroughQuestions. Quali sono oggi le domande che risuonano più forti all’interno della tua organizzazione e a cui ancora non avete dato risposta?

Priorità”, “esplorazione” e “relazione” sono le parole chiave delle principali domande che attraversano per gli Springer persone e organizzazione. Nello specifico, sul punto delle priorità, ci si chiede su cosa dover spingere l’acceleratore per favorire un vero cambio di passo dell’organizzazione — comunicazione, OKR, HR e formazione? — e come far evolvere la relazione con il cliente e con il mercato a mutate regole del gioco e di contesto. Interessante anche l’ambito dell’ “esplorazione”: come esplorare il futuro del lavoro bilanciando stabilità e flessibilità, storia e innovazione, configurando possibili piloti in cui “testare” internamente soluzioni replicabili e scalabili su tutta l’organizzazione? Anche il tema delle “relazioni” è plurivalente: come avviare un confronto continuo e orientato all’innovazione delle pratiche con altre organizzazioni e con il nostro ecosistema? E ancora come abilitare l’organizzazione a supportare la crescita e la pienezza del singolo rendendolo continuamente consapevole del senso del proprio lavoro? Molti di questi complessi interrogativi si sono riversati nell’hashtag successivo in cui immaginare attraverso una “bacchetta magica” possibili azioni migliorative nel medio-lungo periodo ha fornito alcune indicazioni e spunti di riflessioni interessanti

6. #MagicWand. Hai due colpi di bacchetta magica per modificare il tuo modo di lavorare. Da dove parti? E in particolare: cosa fai scomparire all’istante nella tua organizzazione? Cosa invece fai comparire magicamente?

Vincoli organizzativi e personali, nuovo senso e comunicazione sono gli aspetti su cui gli Springers hanno invocato l’intervento della bacchetta magica! Si vorrebbe far scomparire per magia il sistema gerarchico, quello dei silos, i dubbi e le incertezze che bloccano l’evoluzione personale e generano passività. A proposito di quest’ultima, una “nuova cittadinanza attiva organizzativa” volta alla proattività e alla consapevolezza del proprio valore e impatto nell’organizzazione e sulla trasformazione della stessa sono gli elementi da far comparire immediatamente per abilitare partecipazione e comunicazione ai massimi livelli, soprattutto in termini di fluidità, velocità d’azione e trasparenza.

7. #Images. Esercizio del disegno a mano libera. Pensando alla tua organizzazione nel prossimo futuro, prendi un foglio bianco e disegnala lasciando andare la fantasia.

In questo esercizio di creazione le scelte degli Springer sono state molto nette e si sono concentrate principalmente su tre temi grafici: l’infinito (organizzazione come costellazione); la velocità (organizzazione come treno, auto, meglio se self-driven!); l’evoluzione (organizzazione come organismo vivente ed ecosistema)

8. #Sowhat. Completa la frase: “la nuova normalità sarà davvero nuova quando…”. Indicaci il punto di svolta della tua organizzazione.

A seconda dell’organizzazione di appartenenza, le risposte degli Springers in proiezione verso il futuro anteriore sono state molto differenti tra di loro. Le riportiamo quindi senza clusterizzarle a testimonianza della non omogeneità delle realtà di appartenenza e del loro differente grado di trasformazione. La nuova normalità potrà davvero dirsi nuova quando…:

· …avremo capito che self-accountability e autonomia sono i tratti distintivi di tutte le organizzazioni il cui compito è quello di restare ancorate alla realtà essendo in grado di modificarsi costantemente in itinere

· …avremo dato il giusto significato al termine “leadership collettiva” senza guardare al nostro singolo orticello

· …le organizzazioni avranno smesso di comportarsi come l’elefante nella storia dell’ “elefante incatenato” che, pur avendo la possibilità di liberarsi dalle catene non lo fa per paura di cambiare il suo stato e abbandonare il suo territorio conosciuto

· …l’adozione del self-management sarà stata completata e il founder non sarà più Lead Link

· …il team sarà diventato patrimonio di tutta l’azienda senza necessità di attribuirgli una casa

· …avremo smesso di voler tornare al passato credendolo meraviglioso e rassicurante per prediligere la volontà di imparare e “imparare a imparare”

I due workshop. Racconto convergente prima, esplorazione divergente, poi.

All’ascolto antropico abbiamo metodologicamente associato uno sguardo ecologico, come detto in precedenza. Per questo abbiamo organizzato due momenti di confronto — il primo da remoto e il secondo, a distanza di qualche mese, in presenza — per favorire la conoscenza reciproca degli Springers, il confronto e stabilire una modalità organizzativa per co-creare il prossimo sprint. Dopo il primo momento dedicato alla condivisione dei risultati delle interviste, il secondo a fine ottobre 2021 è stato dedicato a immaginare i futuri possibili di Springs. Cosa possiamo diventare? E cosa possiamo fare per rimanere fedeli al nostro proposito di osservare, indagare e anticipare pionieristicamente la trasformazione adattiva delle nostre organizzazioni? Per co-creare scenari futuri abbiamo immaginato tutti insieme Springs come una “Wunderkammer” — espediente progettuale utilizzato allo scopo di materializzare un contesto definito consentendovi l’immersione completa degli Springers — fatta di quattro elementi sui quali porre la nostra attenzione.

Ogni Wunderkammer che si rispetti possiede alcuni “elementi” caratterizzanti (tratti che ne fanno emergere lo stile), una sua architettura (struttura organizzativa e modello di relazione), sue icone e immagini (metafore caratterizzanti), e sue parole identificative (grammatica e lessico comune)

Da questo esercizio di futuro, mescolando tecniche di foresight ad alcuni strumenti del design thinking adattati al nostro esperimento, abbiamo disegnato in gruppo alcune attività e iniziative atte a concretizzare il nostro proposito e a far evolvere Springs da gruppo di lavoro a “presidio permanente” aperto, inclusivo, provocativo di scenari organizzativi non convenzionali. Ma un presidio permanente non può non dotarsi di un Manifesto. Ed è qui che nasce il Manifesto Springs, imperfetto per natura, incompleto per vocazione. Perché il futuro delle organizzazioni è e sarà tutto da scrivere (e riscrivere) insieme.

Un manifesto, nove punti e mezzo

Parte 1. Preambolo

Tesi 1. Proposito, Forma e Funzione. Siamo nati per indagare, esplorare e anticipare il futuro del lavoro e delle organizzazioni. Siamo nati come “sorgenti” che hanno bisogno di incontrare altre sorgenti per contribuire alla creazione di un bacino sempre più grande fatto di condivisione di conoscenze, pratiche, esperienze di trasformazione e sulla trasformazione. Abbiamo una forma e una funzione. La nostra forma è la nostra funzione e ci impegniamo a rifletterla fedelmente nel nostro essere, progettare, collaborare e ragionare. Aperta, discorsiva, sperimentale. In una parola “Springs”.

Parte 2. Forma

Tesi 2. La forma del nostro essere è TONDA. Siamo una tavola rotonda, un’organizzazione circolare, un insieme di caratteri, esperienze, attitudini, pratiche, esperienze che si confrontano in modalità iterativa e inclusiva. In questo sta la rotondità di Springs: un cerchio aperto e accogliente in cui condividere, scambiare, far crescere e camminare idee, iniziative, progetti e ambizioni per dare senso alla trasformazione organizzativa.

Tesi 3. La forma del nostro progettare è ANTROPICA. Guardiamo alle organizzazioni e all’azione delle persone sulle stesse per progettare eventi, iniziative, percorsi di esplorazione, conoscenza e consapevolezza che orientino la trasformazione organizzativa verso la prossima normalità. In questo sta l’antropia di Springs: se l’organizzazione è un sistema evolutivo, fornire a persone e team conoscenza, strumenti e pratiche per agire consapevolmente nel sistema e sul sistema è il primo passo per spostarsi dal dire al fare il cambiamento.

Tesi 4. La forma del nostro collaborare è ECOLOGICA. Tutto ciò su cui collaboriamo e co-creiamo è nel rispetto della “biodiversità” ecosistemica. Siamo un gruppo di sorgenti non omogeneo e diversificato per esperienze, vissuti e competenze e vogliamo entrare in contatto con persone motivate a dare un contributo nello scrivere la storia della trasformazione organizzativa. In questo sta l’ecologia di Springs: valorizzare e incentivare la diversità nella relazione tra persona e organizzazione

Tesi 5. La forma del nostro ragionare è ABDUTTIVA. Ci confrontiamo su un fenomeno in continuo divenire, in cui non esistono certezze assolute e per cui sono necessarie continue verifiche empiriche. Attraverso i nostri esperimenti di evoluzione organizzativa operiamo uno spostamento continuo della soglia delle possibilità evolutive di un’organizzazione. In questo sta l’abduzione di Springs: se abdurre significa “spostare”, il nostro schema di pensiero si sposta da un livello lineare a un livello esponenziale in considerazione della complessità del fenomeno di cui siamo testimoni.

Parte 3. Funzione

Tesi 6. La funzione del nostro essere è GENERATIVA. Esistiamo per fare, non solo per parlare. Per questo siamo nati con l’idea di attivare azioni e iniziative concrete che possano supportare persone e organizzazioni interessate a intraprendere un cammino di trasformazione. Perché ci siamo già passati. Perché sappiamo che cambiare non è semplice e il primo passo per farlo è condividere. Dubbi, domande, difficoltà. O semplicemente curiosità. In questo sta la generatività di Springs: aiutare coloro che si avvicinano al cambiamento attraverso il confronto su esperienze, la sperimentazione di pratiche e la co-creazione di esperimenti.

Tesi 7. La funzione del nostro progettare è DEVIANTE. Progettiamo guidati da ciò che osserviamo e che è ispirato al nostro proposito. E spesso, tutto questo non corrisponde ai trend né all’opinione dominante. Alle etichette preferiamo l’autenticità dell’esperimento che spesso prende strade consapevolmente devianti e divergenti. In questo sta la devianza di Springs: crediamo che l’innovazione e il cambiamento si nutrano in larga parte di spunti divergenti e che i fenomeni “devianti”, quelli che escono dal seminato organizzativo mainstream, siano interessanti fonti di apprendimento.

Tesi 8. La funzione del nostro collaborare è CATALIZZANTE. Collaboriamo per espanderci, non per restare chiusi in noi stessi. Come nucleo progettante dell’iniziativa sentiamo di voler condividere il bello e le difficoltà, le sfide e le opportunità di occuparci in maniera partecipata e inclusiva di trasformazione delle organizzazioni. In questo sta la catalizzazione di Springs: aggregare interessi, contributi ed energie per creare un gruppo sempre più esteso di pionieri e diffondere nuova cultura e nuove pratiche orientate alla trasformazione di senso delle organizzazioni.

Tesi 9. La funzione del nostro ragionare è ORIGINALE. Nelle nostre esplorazioni pratiche e cognitive, pur essendo divergenti, devianti e non lineari vogliamo rimanere ancorati al nostro proposito. In questo sta l’originalità di Springs: rimanere fedeli all’attitudine di “sorgenti” dell’origine preservando ciò che ci ha mosso all’origine: osservare, indagare e anticipare pionieristicamente la trasformazione adattiva delle nostre organizzazioni.

Parte 4. Chiamata

Tesi 9.5. Tondi, antropici, ecologici, abduttivi. Generativi, devianti, catalizzanti, originali. Questa la nostra forma e funzione, per natura imperfetta, per vocazione incompleta. Così come l’ultima tesi del nostro Manifesto che vogliamo e possiamo scrivere solo a metà. E con cui chiamiamo a raccolta altre sorgenti che siano pronte a scrivere l’altra metà. E così, insieme, a scrivere e riscrivere la storia del futuro del lavoro e delle organizzazioni.

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Valentina De Matteo
Leapfrog team

Curiosa per indole, multipotenziale per vocazione. Mi occupo di innovazione, change management e trasformazione organizzativa