Vegetable.

Valentina De Matteo
Leapfrog team
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8 min readApr 19, 2021

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Lezioni dalle piante per sviluppare le abilità adattive dell’organizzazione.

Giovane. Egocentrico con scarsa capacità di dosare le energie. Poco riflessivo, non sa stare fermo. Ha ancora molta strada da fare per raggiungere la maturità.

Ritratto di un adolescente medio e della sua una pagella poco edificante. Un sei in condotta per un ragazzo alle prime armi alle prese con la sua evoluzione, si direbbe.

Eppure, questo è l’homo sapiens.

Parola di Stefano Mancuso, neurobiologo di fama internazionale famoso per aver divulgato nel mondo la sua idea di “rivoluzione delle piante”. Su questa terra l’uomo è ancora un giovane inesperto con i suoi trecentomila anni contro i cinque milioni di vita media delle specie sulla terra. Il suo peso specifico è infinitamente piccolo se paragonato all’antropocentrismo di cui ha sempre fatto il suo vanto: la specie umana pesa per lo 0,3% contro l’85% delle piante ( e si, noi contiamo meno anche rispetto al peso complessivo di funghi e batteri).

Se qualcuno ci osservasse dall’alto — racconta Mancuso tra l’ironico e il dissacrante — ci descriverebbe come un piccolo gruppo che cerca di darsi dannatamente da fare. Quel “fare” non è sempre ancorato a un chiaro proposito evolutivo. L’animale e poi l’uomo sono da sempre congeniati per il movimento come difesa di fronte agli attacchi. Scappare di fronte al pericolo è un nostro marchio di fabbrica. Un comportamento molto strano agli occhi delle piante che hanno imparato nei millenni a svilupparsi, a evolvere, a crescere pur nella (inapparente) immobilità. Merito delle loro radici, apparato impegnato nella costante esplorazione del suolo e mosso da dinamiche tipiche di un organismo collettivo, come quelle proprie di uno stormo di uccelli o una colonia di formiche. E l’apparato radicale non ha bisogno di una testa, di un “capo” centrale, appunto, perché gli apici radicali agiscono tutti insieme in un sistema senza controllo centralizzato, che adotta i mutamenti dell’ambiente come strumento di comunicazione.

Tradotto: meno gerarchia, più stigmergia.

Noi Leapfrogger siamo curiosi per natura e la natura non poteva quindi restare fuori dalla nostro spettro di curiosità. Ci occupiamo di trasformazione ed evoluzione organizzativa che presuppone una visione dell’organizzazione contemporanea più come organismo che struttura. Quest’ultima, infatti, è fatta di componenti troppo stabili e rigide per resistere agli urti del VUCA e coordinare comportamenti sufficientemente nuovi in risposta a variazioni drastiche e repentine dell’ambiente. Al contrario dell’organismo, che è adattivo ed evolve rapidamente in reazione a perturbazioni ambientali generando continue variazioni strutturali e conservando quelle utili.

Toccate un ramo di mimosa, quella “pudica”, per averne dimostrazione immediata. Provare per credere che in fatto di evoluzione organizzativa le piante hanno molto, forse troppo, ancora da insegnarci. Per almeno tre ragioni: agiscono per l’adattamento e non per il movimento fine a sé stesso, sono costruite a nodi beneficiando di un’intelligenza collettiva distirbuita, hanno un’architettura cooperativa che permette loro di sviluppare una sensibilità eccezionale nel conoscere l’ambiente in cui sono inserite. Con queste caratteristiche, le piante hanno vinto e continuano a vincere la sfida per l’adattività. Perché dunque non replicarle nelle organizzazioni umane per garantire anche la nostra? Perché l’uomo ha costruito tutto a sua immagine e somiglianza, aziende comprese. L’uomo ha una testa — che non a caso definiamo “capo” — con cui governa il resto degli organi. Le aziende hanno un capo con cui gestiscono l’intera organizzazione, ancor più in tempi e contesti complessi. La panacea per il VUCA passa per l’invocazione di leader carismatici che diventano il cervello pensante e illuminato delle organizzazioni. E smettere improvvisamente di fare affidamento su questo cervello unico “centrale” sviluppando una memoria periferica all’interno delle organizzazioni sembra quanto di più lontano possa accadere oggi nelle organizzazioni.

Di questo passo, le “adaptive organizations” sono un miraggio.

Misure trattate come obiettivi, intelligenza collettiva non pervenuta, predizione e controllo, competizione, compartimentazione strutturale in nome di quell’informazione che più non viene condivisa più si ritiene divenga potere. Eppure un’alternativa esiste e le piante sono uno straordinario osservatorio per avviare una buona dose di autoriflessione e autocritica.

Abbiamo chiesto al professor Mancuso di accompagnarci in questo viaggio di catarsi vegetale nel nostro webinar “Alle radici dell’adattività” in cui abbiamo provato a parlare di organizzazioni adattive in una prospettiva divergente insieme al nostro cliente Assimoco, Benefit Corporation da tempo impegnata in un percorso di evoluzione adattiva attraverso un proprio scopo aspirazionale orientato all’impatto positivo per sé come organizzazione e per il suo ecosistema di riferimento.

Andare alle radici significa darsi una definizione.

Come possiamo declinare l’organizzazione adattiva a partire da queste prime riflessioni sul mondo vegetale? Nel tentativo di ridurre la complessità ci siamo soffermati su quattro elementi propri della definizione: struttura minima, generazione continua, percezione diffusa, autoriflessione apprenditiva. Nella nostra visione

l’organizzazione adattiva si dota solo delle strutture e delle regole strettamente necessarie a supportare una leadership diffusa che non necessita d’autorità per essere esercitata e una ripetibilità e scalabilità delle variazioni positive che ha generato sperimentando. Attraverso una moltitudine di sensori è in costante ascolto del proprio ecosistema, col quale stabilisce scambi sostenibili e sul quale si sforza di creare un impatto positivo attraverso sperimentazione e innovazione continua e riflessione costante su ciò che produce, come e perché lo produce.

Ma andare alle radici significa anche identificare una serie di principi che orientano l’agire delle organizzazioni traghettandole verso una dimensione di evoluzione e apprendimento continuo: proposito, autorità distribuita, apprendimento evolutivo, autonomia nella collaborazione, trasparenza. E se ancora avessimo la presunzione di sostenere che questi principi siano frutto dell’originale contributo umano nel cammino di evoluzione delle organizzazioni, ci accorgeremmo che le piante ci hanno in realtà già insegnato tutto in termini di innovazione e cambiamento.

E come in una sorta di manuale con traduzione a fronte, abbiamo tentato di estrapolare i passaggi salienti della testimonianza del prof. Mancuso (versione integrale qui) per creare una sorta di Manifesto dell’Organizzazione Adattiva in cui tradurre l’osservazione di comportamenti millenari proprio del mondo vegetale nelle dinamiche organizzative non solo della nuova ma anche della prossima normalità.

“Le piante non creano impatto negativo sull’ambiente e non hanno un comportamento predatorio rispetto alle altre piante. La legge del più forte non premia nessuno in natura, è la strategia adattativa a farlo. In natura è sempre il gruppo a funzionare non il singolo. Rispetto a quale obiettivo definiamo l’essere migliori?”

Tradotto per l’azienda: nello scenario di evoluzione organizzativa il tratto “predatorio” non premia più. La misura per determinare la versione migliore di noi stessi come organizzazione non è il movimento fine a sé stesso ma è la sua aderenza al proposito, il fine ultimo, la ragione d’essere di un’organizzazione. Il tipo di contributo positivo che l’organizzazione vuole portare nel mondo attraverso il suo operato che risponde alla domanda: “perché il mondo ha bisogno di noi?”. Essere aderenti richiede avviare e nutrire un processo collettivo di costruzione di un significato condiviso dell’azione che nasce dalla necessaria interdipendenza di attori coinvolti in un’impresa e che richiede uno sforzo organizzativo continuo ma premiante.

Tradotto per te: il movimento non è necessariamente adattamento. Prima di muoverti, chiediti perché lo stai facendo.

“L’uomo ha costruito tutto ciò che lo riguarda sulla base del proprio corpo, di come siamo fatti e noi siamo costruiti per la velocità ed il movimento…una testa che governa organi specializzati (l’organigramma). Gli animali concentrano funzioni particolari all’interno di organi specializzati, le piante distribuiscono le stesse funzioni sull’intero corpo”

Tradotto per l’azienda: nelle organizzazioni adattive le decisioni si prendono laddove le decisioni servono. Prendere le decisioni laddove emerge l’opportunità o il problema, da chi ha l’esperienza di dominio per prenderle, e quando serve, è il primo passo per decentralizzare responsabilità e autorità decisionale attuando un percorso progressivo verso un modello di autorità distribuita che faccia leva sull’intelligenza collettiva e sulle “proprietà emergenti” tipiche all’interno di grandi gruppi. Ciascuno è “sensore” nell’organizzazione rispetto alla quantità e alla qualità di energia trasformativa che riesce a liberare e in quest’ottica ognuno diventa “cervello periferico” che non ha bisogno della testa centrale ma riesce ad agire tempestivamente rispetto alle variazioni del proprio sistema di riferimento.

Tradotto per te: ricorda che sei un sensore che è in grado di inviare, diffondere, riprodurre segnali trasformativi in tutta l’organizzazione. Il tuo “effetto propagazione” può essere dirompente in termini di innovazione.

“Darwin dice: l’evoluzione premia il più adatto, cioè colui che è in grado di adottare una strategia che in quel momento è più premiante”

Tradotto per l’azienda: i futuri sono plurali e non è possibile né funzionale pianificarli. L’adattamento veloce dell’organizzazione e degli individui al proprio ambiente è ciò che richiede un mondo complesso e cangiante come quello delle organizzazioni. Se non possiamo prevedere il futuro dobbiamo quindi provare qualcosa, sperimentare, sbagliare ed adattarci imparando dall’errore che ci dà informazioni vitali per migliorarci e innovare. Nel suo essere ambidestra, l’organizzazione deve essere disegnata per accelerare la velocità di apprendimento e non solo per garantirsi stabilità.

Tradotto per te: nel tuo cammino di trasformazione non cedere al fascino del perfezionismo. Fatto è meglio che perfetto, diceva la nonna. E la nonna ha sempre ragione.

«Quando mettiamo tanti individui singoli insieme emergono proprietà che non erano presenti prima nei singoli individui. L’intelligenza di sciame appare solo quando grandi gruppi stanno insieme »

Tradotto per l’azienda: le persone sono “sensori” dell’organizzazione capaci di attivare l’intelligenza distribuita dell’organizzazione e adattarsi di volta in volta alle caratterisctiche evolutive del “terreno organizzativo”. Le sue proprietà emergenti compaiono quando un numero di agenti operano in un ambiente attraverso un’interazione che coinvolge una rete di attori interdipendenti che lavorano tra pari con autonomia e responsabilità , superando le relazioni gerarchiche, per servire un proposito condiviso. In questo contesto la leadership diventa una pratica dinamica per cui un pari guida un altro per alcuni aspetti ed è guidato dallo stesso in altri e in questo senso si sgancia da una mera dimensione individuale per diventare tratto collettivo e diffuso dell’organizzazione.

Tradotto per te: la prossima volta che avrai la sensazione di “perdere i pezzi” pensa alle mirabolanti acrobazie che solo gli stormi, in gruppo, riescono a realizzare.

“Se si osserva attentamente la successione delle foglie su un singolo ramo di piante diverse, ci si accorge che ognuna segue una sua particolare regola: in alcune si dispongono su di una spirale più o meno stretta, in altre perpendicolarmente su palchi successivi. Insomma, ogni specie ha una sua propria regola di successione nella disposizione delle foglie”

Tradotto per l’azienda: nelle organizzazioni adattive, una misura non va bene per tutti. La via per l’adattività passa per un attento design organizzativo mutuato alla fillotassi vegetale che non debba ispirarsi tanto a modelli teorici preconfezionati quanto a una sperimentazione che parta da piccoli piloti all’interno di sistemi complessi con il compito di sperimentare, sbagliare, apprendere, rifare. Le dinamiche di trasparenza attivate all’interno dei piloti sono condizione fondante per il successo a lungo termine della trasformazione. A ben guardare, l’analisi delle dinamiche vegetali non ha mai preso in considerazione il tema della trasparenza perché connaturata al funzionamento stesso del suo apparato radicale. Trasparenza per default: è questa una delle più grandi sfide per le organizzazioni perché la loro rivoluzione adattiva possa dirsi effettivamente compiuta.

Tradotto per te. Se l’età media di una specie è cinque milioni di anni, non avere fretta, il cambiamento non avviene all’improvviso. Keep calm & sperimenta.

Giovane. Egocentrico con ancora tanta strada da fare per raggiungere la maturità. Ma con grande potenziale da usare presto e bene nel suo viaggio di evoluzione verso l’homo adaptabilis. Che in fondo è tutto ancora da scrivere.

Di seguito gli highlights della nostra piacevole chiacchierata col prof. Mancuso.

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Valentina De Matteo
Leapfrog team

Curiosa per indole, multipotenziale per vocazione. Mi occupo di innovazione, change management e trasformazione organizzativa