Ascoltando la generazione X, mentre fuori c’è il Natale

(colloqui consapevoli/inconsapevoli — parte 2)

Andrea Mattioli
Learning Diaries
6 min readJan 13, 2019

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Sto facendo colloqui gratuiti, a persone sconosciute o semi-sconosciute, con lo scopo di ascoltare e parlare; fuori il tempo è quello delle feste del Natale, nessuno vieta di regalarlo a qualcuno. Il motivo di questa iniziativa si sta definendo; volevo inizialmente supportare i ragazzi di quinta superiore nelle scelte verso il mondo universitario o lavorativo, poi è diventato un progetto di confronto HR-adulti, HR-mondo, HR-tutti; domani potrebbe diventare un lavoro del futuro, chissà.

Per me è un’occasione incredibile di dedicare tempo all'analogico, alla voce, al racconto, alla vita di adesso e a quella di un tempo. Siamo digitali per piacere, per divertimento, per consumo, per opportunità, per lavoro; restiamo analogici per molte cose che riguardano l’umano. Ho la fortuna, credo, di aver vissuto il passaggio, come quando esci da una vasca d’acqua calda e affronti lo stato d’aria fredda, un passaggio obbligato.

Mi sono chiesto spesso cosa volesse dire “persone al centro” in questi anni, frase di marketing ormai simile ad uno pneumatico dopo 100.000 km di asfalto. Ma può esistere un mondo senza l’attenzione alle persone (mi sono permesso di tradurre “al centro” con “attenzione”, mia scelta)?
Difficile, credo!

Oppure chiedo: ma sentirsi sempre al centro, non fa venire l’ansia?

Mi sono immaginato sempre al centro di un’azienda, di una famiglia, di un gruppo di amici, di una classe; tutti ti guardano, tutti hanno aspettative e tutti parlano di te.

AIUTO!!! HELP !!! HILFE!!! 助けます!!!

Non a tutti piace stare al centro, a noi il compito di prestare attenzione all'insieme.

Stare al centro, a volte, fa male

Ho conosciuto ragazzi in questi ultimi giorni, anche nei colloqui di lavoro, soffocati dall'ansia da prestazione; spesso il loro terrore è quello dei loro genitori, affamati di qualcosa che “ammazza i figli”. Diamo il tempo di capire, di imparare, di scegliere, di fare e rifare, di raccontare. I nostri figli non possono far bene tutto, non devono far bene tutto, non dobbiamo nemmeno pretenderlo!!

Scusate la digressione fuori luogo, ma era importante.

La differenza nelle nostre vite la fanno le persone che incontriamo, certo, anche lo smartphone (anche la salute, i soldi, la fortuna); da piccolo la differenza la facevano i miei amici, solo dopo mia madre e mia sorella (mio padre se ne era andato per cause naturali); a scuola la differenza la facevano i docenti ‘illuminati’; nel lavoro fanno la differenza i colleghi che dedicano il tempo a far crescere gli altri, quindi l’organizzazione.

Dare a qualcuno uno spunto interessante su cui riflettere, portarli ad una azione , ad una maggiore consapevolezza, ad imparare qualcosa, a farsi una domanda riservata, a prendersi del tempo per parlare di sé, con sé; questo è quello che mi piace fare.

Oggi una gran parte dei nostri rapporti è dentro il mondo digitale, nello schermo, nella rete, nell'aldilà; credo non possa essere diverso, fa parte del processo di cambio di rotta della civiltà; siamo ricurvi con il capo intenti a cercare persone dentro lo smartphone, il bello è che le troviamo. Posso mettermi in una piazza vuota, di una città qualunque, ed essere in contatto con tante persone; non riesco ad abbracciarne nessuna, se va via il wi-fi non devo morire.

Adoro dedicare il tempo tra il digitale e l’analogico delle persone perché li dentro ci siamo tutti, o ci saremo.

Analogical humanity

Durante le feste Natalizie ho incontrato due persone de visu, ho sentito una persona al telefono (non una gran esperienza, ve la racconto alla fine) e ho avuto 5 video-call.

Mi sono sentito arricchito di umanità non prevista, sono arrivate e partite sensazioni come all'aeroporto di Heathrow, mi sono sentito in contatto con loro, ho avuto la percezione che dall'altra parte ci fossero persone che hanno preso seriamente questa iniziativa e se la sono bevuta come si fa con un bicchiere di tè freddo in spiaggia, d’estate, alle 15.00; dissetante. Io sono contento.

Presi come individui nel mondo, ci confondiamo nella velocità del “tutto”; quando siamo in pochi, torniamo a specchiarci con un po’ di profondità.

La generazione X ha tanto da dare, è in una fase al confine tra l’esistere, lavorativamente parlando, e fare la differenza. Rischiamo, ci sono anch'io, di sparire o di cavalcare l’onda dell’incertezza e della complessità.

Ora lascio volentieri la parola a chi ha parlato con me durante le feste, arricchendole. Metaforicamente il mio albero si è addobbato di storie diverse, rami umani.

(alcune persone le avevo incontrate precedentemente per poco tempo, ma si sono candidate)

Vi metto qualche estratto preso dai messaggi di feedback per condividere con voi spunti di riflessione e per osservare quale può essere il valore di questa esperienza (non pensate che metta solo quelli positivi…..per fortuna tutti, per ora, vivono bene questo momento di confronto)

Le nostre strade

Le prime due frasi sono della stessa persona; positiva la prima, consiglio di miglioramento la seconda; le altre frasi sono ognuna di persone diverse:

“L’approccio diretto e senza sovrastrutture mi ha aiutato ad aprirmi.”

“Avrei preferito capire — o comunque affrontare — il mio futuro almeno in egual misura che il mio passato, ma credo che il tema abbia preso una deriva.”

“ Ho apprezzato la tua schiettezza e la modalità propositiva con la quale esponevi giuste critiche o motivi utili per mie riflessioni. Un vero coach!”

“ Ho potuto, in quest’ora, aprirmi più di quanto ho la possibilità di fare durante un normale colloquio, cercando di essere me stesso”

“ E allora perché nascondere ciò che ho realizzato davvero dietro dei punti anonimi solo per la mia poca stima e le mie paure!?”

“ Lo scambio è stato piacevole, utile, profondo, scomodo quanto basta”

“Tre parole per definire questa esperienza: confronto, riflessione, chiarezza.”

Per chi ha ancora due minuti di tempo vi racconto l’episodio (in sintesi) che non mi è piaciuto:

una persona si candida, poi mi scrive quando sarà il colloquio, io rispondo che dipende se verrà estratto, lui dice di avere un colloquio di lavoro importante il tal giorno e se potevo ascoltarlo; dico lui che può chiamarmi il tal giorno alle ore xx:xx che mentre ho uno spostamento di lavoro faremo una call (in viva-voce); non si fa vivo; glielo ricordo via linkedin, mi risponde e mi chiama; mentre guido faccio il colloquio e cerco di dare lui alcuni spunti; chiedo lui di farmi sapere come sarebbe andato il suo colloquio di lavoro; non si è più fatto vivo.

Questa può essere mancanza di rispetto, essere troppo centrati su di sé, essere opportunisti, essere sbadati; avevo chiuso la telefonata dicendo a questa persona di non essere sempre troppo centrato su di sé; forse in quel momento la comunicazione telefonica non era buona. Nessun rancore, una semplice constatazione; forse una mia aspettativa leggera, quella di aver voluto sapere veramente come era andato il colloquio.

A breve lancerò la chiamata per i Baby boomers.

(foto prese da https://www.pexels.com/)

Scritto, con cura, da Andrea Mattioli su Euristika!

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