Fatima e l’ultima speranza

Rubrica dei fuochi di paglia

Alessandro Giovanazzi
Learning Diaries
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3 min readApr 3, 2022

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Fatima aggrottò la fronte mentre con la mano recuperava dell’acqua limpida sul ciglio del torrente. Lo faceva con movimenti veloci e precisi, guardandosi intorno con occhi guardinghi di tanto in tanto. Per sincerarsi che nessuno fosse nei dintorni e che potesse darle noia. Attorno a lei erano tutti ciottoli grigi, come attorno ai torrenti di montagna. Il cielo era nuvoloso e cangiante, con delle splendide nuvole che correvano nel cielo a una velocità quasi innaturale. Il sole faceva spesso capolino, ma per qualche strana ragione non scaldava, nonostante la primavera fosse alle porte.

Dopo aver finito di bere si guardò intorno. Moltitudini di montagne si accavallavano una dopo l’altra di fronte a lei in tutte le direzioni. Dove sarebbe andata? Dal velo color mattone, giallo e verde mare che le ricopriva anche il capo emergevano solo gli occhi. Alle spalle un sacco enorme, a cui erano appesi tanti piccoli ciondoli, ognuno diverso. Le piaceva molto prenderli in mano ogni tanto, guardarli, pensare a dove li aveva presi, o costruiti. In quei momenti gli occhi azzurri le sorridevano, con quelle pazzesche sfumature giallo paglierino, per giusto un istante si rilassavano.

Si guardò dietro e vide la valle che si era appena lasciata alle spalle. Un lago maestoso e splendido si dispiegava sotto di lei e, in lontananza, un villaggio da cui si innalzava un fumo nero. In quel fumo nero l’inenarrabile. L’indicibile. Lo stava già scavando nel più profondo del suo animo per dimenticare ciò che quegli occhi avevano visto; e quelle mani toccato.

Girandosi, per non guardare più, vide un altro gruppo di persone che stava scollinando in lontananza. Istintivamente fece un saluto, ma al contempo si diresse da un’altra parte.

Doveva essere cauta.

Riprendendo il cammino vide alcuni dei primi fiori primaverili. Emergevano dai sassi testardi e bellissimi, ribelli al fiume di pietre che li circondava. Li guardò e dentro di sé si commosse.

Decise di prendere la cresta più promettente. Avrebbe deciso sul da farsi più avanti. Chissà quale città avrebbe incontrato per prima. Chissà come se le sarebbe cavata. Mentre discendeva tra le pietraie, lentamente, svoltò dietro a un grosso masso e… rimase pietrificata. Non un muscolo si mosse, né un suono emerse dalla sua bocca. Anche il cuore fece un salto del battito.

Il lupo di fronte a lei la guardava con sguardo fisso e determinato, calmo e pericoloso, curioso ma implacabile. Un fremito nascosto partì dalla base della schiena di Fatima e le risalì fino alla testa, facendole tirare un grande respiro che poi trattenne. Non aveva paura. Non aveva nemmeno più paura. Ma che fare?

Dopo pochi secondi, che si potrebbero misurare nell’infinito, il lupo finalmente smosse il muso, si girò e cominciò a fare pochi passi verso la boscaglia per poi arrestarsi e girarsi verso Fatima. Lei non sapeva che fare. Fece un cenno di movimento per tornare indietro, ma vide che il lupo subito la guardava ancora più intensamente.Capì che lo doveva seguire e fece pochi passi verso di lui. Il lupo subito riprese a camminare e si girò di tanto in tanto per vedere se Fatima proseguiva nel seguirlo. Lei decise irrazionalmente di fidarsi.

Entrarono dapprima in una boscaglia, poi in una foresta ancora più fitta e infine in un profondo e fresco sottobosco. Qua e la si sentiva lo scrosciare di ruscelli d’acqua che lasciavano presagire un disgelo precoce. Fatima non seppe quanto durò quel cammino ma d’improvviso perse di vista il lupo e si rese conto di essere entrata in una piccola radura, con l’erba verde curata e in mezzo… una casa. Vide all’interno della finestra di legno una luce calda uscire e un fuoco acceso. D’improvviso la porta si aprì, una mano si appoggiò allo stipite e vide il profilo di una persona emergere da dentro. I loro occhi si incrociarono.

Dedicato a Cami

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Alessandro Giovanazzi
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