LO (S)GUARDO CHE CAMBIA.

Storia di bambini e adulti che si accompagnano a diventare grandi. Anche con gli occhi.

Alessandra Maggi
Learning Diaries
7 min readJan 22, 2019

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Scatti quotidiani di vita vèra. (Photo by Alessandra Maggi)

Un bambino che diventa grande, lo fa, anche senza che tu te ne accorga.

Un bambino che diventa grande, cambia, anche senza che tu te ne accorga. Si porta dietro gesti e modi che sanno di te, anche senza che tu te ne accorga. Risponde alle domande con la stessa intonazione della tua voce, si lascia incuriosire dai colori dei cibi che assaggi tu, anche senza che tu te ne accorga. Un bambino che diventa grande ti guarda, anche senza che tu te ne accorga. Un bambino che diventa grande guarda gli altri proprio come li guardi tu, anche senza che tu te ne accorga.

E tu? Tu come lo guardi un bambino che diventa grande, perchè lui se ne accorga?

Sì, perchè, diciamoci la verità, tutti noi desideriamo essere guardati. Ci piace che qualcuno si accorga di noi. Oggi noi adulti abbiamo trasferito questo bisogno di sguardi nel mondo digitale, con i “like”. Ogni “like” ci dice che qualcuno ci ha visti, ci ha dato attenzione e non ci interessa sapere quanta, ci basta il tempo di quel click, utile a far accendere una notifica in più, che rimbalza nei nostri occhi e li assottiglia in un sorriso compiaciuto. Spesso non ci interessa nemmeno sapere CHI, purchè il numero vicino a quel pollice alto aumenti vistosamente. Ma i bambini non sono così, o forse non ancora, per fortuna! Vivono di quel contatto che sa tutto di reale, sa di buono. Sa di mamma che tiene nello sguardo il suo bambino per controllare che non faccia cadere il bicchiere dell’acqua mentre lo porta al lavandino, sa di papà che non lo perde di vista mentre corre da centrocampo e carica il suo destro per segnare il goal della vittoria, sa di fratelli e sorelle che si tengono d’occhio perchè nessuno rubi la caramella preferita dell’altro. Sa di compagni che si sbirciano la verifica perchè “lui sa fare bene i conticini!”, sa di maestra che osserva i suoi alunni mentre stanno con gli altri per poi scrivere le pagelle. Insomma, sa di quotidianità. Di quel tempo pieno in cui si formano i giudizi e si alleggeriscono i timori: il tempo della crescita.

Posso diventare grande solo se vengo guardato davvero. Scelto.

Quando ho iniziato a fare la maestra, vedevo i bambini tutti i giorni e stavo con loro come meglio sapevo fare. Li guardavo giocare o sfogliare le pagine del quaderno, scendere dalla sedia per raccogliere la colla e nel frattempo avevano fatto cadere anche la gomma. Li guardavo a volte distrattamente, più spesso non perdevo di vista quelli che sapevo che ne avrebbero potuta combinare una. Poi qualcuno ha guardato me.

Scatti quotidiani di vita vèra. (Photo by Alessandra Maggi)

Non mi ha solo vista tra le altre maestre, mi ha guardata e, accogliendomi nel suo sguardo, mi ha fatta crescere. Lei mi guardava e io le rubavo lo sguardo. Ho imparato a usare i suoi occhi perchè mi piaceva quello che vedeva e come lo vedeva, mi piacevano i colori che sapeva scoprire, le sfumature che riusciva a cogliere, i dettagli che non si lasciava mai sfuggire. Non necessariamente perché lei fosse più brava di me, ma semplicemente perché aveva allenato il cuore a star subito dietro agli occhi, si era concessa la possibilità di guardare ogni volta a fondo, di non lasciarsi sfuggire nulla e con uno slancio naturale, si prendeva cura di chi le veniva affidato, grande o piccino che fosse.

Oggi scrivo questo pezzo perché in questo tempo in cui ci si guarda di sfuggita e si ha sempre fretta, in queste settimane in cui noi insegnanti siamo chiamati a guardare i nostri alunni con una cura e una passione ancora più profonde perchè loro si aspettano di leggersi nelle nostre parole stampate a freddo sulle loro pagelle, oggi, desidero condividere il mio “bottino”, quello che negli anni ho conquistato e arricchito dentro la mia quotidianità, lasciando a chi lo desidera la possibilità di rubare il mio sguardo. Non ho la presunzione di insegnare qualcosa a qualcuno, sia chiaro, non ho risposte e probabilmente non farò domande, semplicemente racconterò quello che ho la fortuna di vedere ogni giorno e che scelgo di guardare perché mi è donato gratuitamente, con addosso tutta la responsabilità di poter fare la differenza.

Posso diventare grande solo se qualcuno scommette su di me.

Scatti quotidiani di vita vèra. (Photo by Alessandra Maggi)

Quando ho iniziato a essere una maestra, c’era qualcuno che scommetteva su di me, anche senza saperlo. Qualcuno che si è fidato. Qualcuno che si è lasciato portare e mi ha portata. I bambini. Gli alunni che quell’anno, per caso, mi sono stati affidati. Ecco, sperimentare il loro sguardo su di me, diventava ogni giorno l’occasione per capire che non solo sarei stata un esempio per loro, ma sarei diventata il loro buon esempio, se avessi saputo riconoscere i bisogni di ciascuno e la direzione buona di ognuno. La mia compresa. Quel tenersi la mano che ci fa sentire che non è scontato scegliere di farsi compagnia. Accompagnarsi mentre si cresce e si cambia. Accogliendosi. Insieme.

Non è solo che “Lo guardo che cambia”, ma è proprio “Lo Sguardo che cambia”

Occorre allora che il nostro modo di guardare cresca, cresca insieme alla misura del piede che costringe le mamme a comprare nuove paia di scarpe ogni poco, cresca insieme alla frangetta che arriva già negli occhi anche se “L’ho tagliata la scorsa settimana”, cresca insieme alle maniche del maglione che si fanno corte per lasciare spazio a quei movimenti del polso sempre più sciolti e capaci di una grafia puntuale e bella da vedere. Insomma, i nostri bambini si fanno grandi e noi non possiamo pensare di continuare a guardarli come se fossero ancora piccoli. Non possiamo nemmeno continuare a preservarli nelle situazioni potenzialmente rischiose, altrimenti non sperimenteranno mai che cosa significa dover ricominciare da capo e trovare nuove soluzioni. Non possiamo attutire tutte le loro fatiche o rimarranno per sempre intiepiditi dalla nostra preoccupazione e finiranno per comportarsi in modo da appagare le nostre aspettative pur di non farci arrabbiare o deluderci. Non possiamo nemmeno sperare di tenere quieto il nostro cuore sapendoli continuamente protetti dalla nostra “campana di vetro”. Dobbiamo infrangere le regole, rompere gli schemi. Destabilizzarli e destabilizzarci. Sconquassare la quotidianità. Senza paura.

Scatti quotidiani di vita vèra. (Photo by Alessandra Maggi)

Non possiamo trattenerli, ma possiamo tenerli.

Nello sguardo. Dicendoglielo. Dentro la scuola significa che i momenti di confronto quotidiano, dopo una verifica, quando stiamo spiegando qualcosa di nuovo, la consegna della pagella, devono diventare per tutti un momento formativo, di crescita. Deve essere un momento buono per dirsi a che punto si è arrivati e dove si è diretti, per comprendere, ciascuno a misura del suo passo, quali fatiche occorre fare e quali conquiste fanno già da scorta di energie nel nostro bagaglio. Significa non aver paura di dire a un bambino che se ha preso un bel voto non è certo quello che lo definirà per tutto il tempo che gli resta da passare sui banchi, quindi sotto a lavorare per mantenerlo. Non occorre nemmeno aver paura di dare un brutto voto pensando che i bambini non sappiano affrontare quella frustrazione. Se siamo veri nello stare davanti a ciascuno di loro, loro saranno veri nel sapersi valutare e nel riconoscere che l’impegno è fondamentale, ma che lo sguardo di un grande è una guida indispensabile. Ecco, allora facciamoci testimoni veri di una realtà che si impone, ma non può fermare la spinta del cuore di chi ha voglia di diventare grande.

Un fare di noi adulti, che diviene quindi un educare, anche senza che tu te ne accorga.

Scritto, con cura, da Alessandra Maggi su Euristika!

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Alessandra Maggi
Learning Diaries

Maestra per scelta. Appassionata di custodi di bellezza. Mi affascina l’altezza dei piccini, quella giusta per stare in piedi davanti alla vita Vèra.