Sei un genitore?

Vuoi vedere il vero terrore negli occhi di tuo figlio?

Alessandra Maggi
Learning Diaries
6 min readJul 16, 2018

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Prova a pronunciare la frase: “VADO A RITIRARE LA TUA PAGELLA!!”

Da quel momento in poi, i figli, resteranno a casa palpitanti, o, peggio ancora, penzolanti nei corridoi, appesi fuori dall’aula, allungando così tanto le orecchie da far invidia al collo delle giraffe durante il loro processo di evoluzione della specie!!

A voi genitori verrà letto e, se siete fortunati, raccontato vostro figlio.

Areametodologicacomunicazioneconvivenzacomportamentovoti. O viceversa.

Poi tu genitore torni a casa, o ricompari nel corridoio, e tuo figlio, che era rimasto appeso lì, affonda lo sguardo nei tuoi occhi e

quandotelodicoioquandotelodicoioquandotelodicoio

attende che qualcosa trapeli dalla tua bocca e la sua agonia abbia finalmente fine.

La questione è che tu non è che le cose non gliele vuoi dire, ma è proprio che le cose che ti ha spiegato la maestra non sono così chiare neanche a te. A scuola mica ci vai tu (e quanto ti fa comodo dirlo quando il pargolo dimentica qualcosa e la maestra glielo fa notare!!)

E allora io mi dico:

se a scuola tu non ci vai, com’è che quel che è tuo figlio e quelli che sono i suoi passi di crescita li devi sapere prima tu di lui?!?!?

E magari riportandogli quel che han detto gli insegnanti (sempre che il tutto non si sintetizzi in: ha le capacità, ma non si applica) non riesci neanche a esemplificare certi commenti, perché tu a scuola mica ci vai.

Perchè la valutazione di tuo figlio, cioè il valore che tuo figlio ha, visto attraverso gli occhi di chi lo guarda quotidianamente #allasuaaltezza, lo devo dire prima e te che a lui?!?

Non sono un genitore, ma sono una figlia. Anzi, molto di più, una figlia-maestra. Di ruolo. Attualmente “a scavalco” tra la terza e la quarta, nel paese dove sono nata e cresciuta: Olginate. Insomma, un mix di “professioni” che ogni volta mi spinge a provare a capire che cosa succede ai miei alunni in alcune situazioni più o meno convenzionali.

Ecco, la consegna delle pagelle è uno di quei momenti convenzionali per eccellenza, dentro la vita scolastica.

Vengono ricordati da chiunque, è una di quelle occasioni in cui, se incontri il pensionato di turno al bar all’inizio dell’estate ti chiede: “Presa la pagella? Sei stata promossa?”. E la nonna che ti dà la mancetta se hai preso tanti 10! E il papà che ti castiga se hai preso più 4 che 6 e tu puoi dire addio all’estate.

Da figlia prima e da maestra poi, non ho mai sopportato che il momento della pagella si riducesse a tutto questo, non lo volevo per i miei alunni, ma in realtà non l‘ho mai voluto neanche per me.

Non lo volevo per me, perchè non mi piaceva che al colloquio con i genitori mi si chiedesse più spesso che voti avevo dato ai loro figli, più che cosa vedevo di bello nei loro figli.

Non lo volevo per me, perchè vedere la conta dei voti dei genitori appena fuori dalla porta dell’aula per capire chi tra i figli aveva collezionato più 10 o 9 o 8 mi faceva una tristezza infinita. Soprattutto ripensando a tutto il lavoro e tutta la fatica quotidiana fatta per poter giungere a quel numero, che a quegli adulti serviva solo per essere più veloci nel comunicare i risultati della pagella ai parenti lontani che telefonavano proprio per l’occasione.

Se ci fermiamo a pensare a come gli adulti considerano gli studenti di oggi (basterebbe pensare anche solo alle rilevazioni quantitative che il Ministero dell’Istruzione fa annualmente su tutto il territorio nazionale e a vari livelli), non si fa fatica a credere che stiamo guardando i nostri ragazzi più come valuta che come valore.

Intendo dire che tentiamo continuamente di valutarli, piuttosto che valorizzarli. Ci acquieta sapere di poterli inquadrare dentro livelli numerici, piuttosto che metterci alla loro altezza, riconoscerne il valore e concedersi la possibilità di diventare grandi insieme, di nuovo, da capo, dentro una sfida educativa che va da ZERO a D(I)ECIdere chi vogliamo diventare.

Non lo volevo per me, perchè mi avrebbe potenzialmente giustificata dal mettermi davanti a ciascuno dei miei alunni nella quotidianità e guardarli davvero fino in fondo, riconoscendone le fragilità e scoprendovi i talenti.

Non lo volevo per me, perchè non lo volevo per loro.

Non volevo guardarli a forma di numero. Non volevo che il giudizio sul loro cammino di crescita si riducesse a due frasi precedentemente preparate da altri, dentro livelli stabiliti, con parole neanche troppo semplificate.

Volevo che quel che avevo scritto in modo inedito per loro, pensandoli ciascuno con il proprio colore e la propria sfumatura, non passasse in secondo piano, ma assumesse l’importanza che desideravo avesse.

Certo. Mettersi a scrivere dei giudizi personali pensati su ciascuno e confezionati con lungimiranza, non è semplice, ma certamente non impossibile.

E scegliere di dedicare del tempo ai colloqui personali con ogni mio alunno, è stato uno dei gesti più grandi e belli che hanno fatto crescere me prima ancora che loro.

Mi hanno fatta crescere come persona, prima ancora che come maestra, perchè avere la possibilità di essere guardati a fondo negli occhi, con quella verità e quella fiducia innata che è solo dei bambini, non solo commuove, ma investe di una responsabilità che, a tratti, è disarmante.

Perchè in quel momento si fa chiaro il ruolo determinante che abbiamo noi insegnanti. Educatori. Adulti. I grandi a cui i piccini guardano con dentro un desiderio di speranza e a cui chiedono di essere accolti così come sono e spinti a diventare.

#siamoilpresentedelnostrofutUro

E così, dallo scorso anno i miei piccini vengono a colloquio da me, da soli, prima dei loro genitori. Qualche giorno prima.

E io li tengo per mano, racconto a ciascuno come li vedo e quali sono i passi di crescita che desidero fare insieme a loro per crescere. Per essere più felici, più belli, più veri. Non è tolta la fatica, ma data la certezza.

E tutto questo prima di te. Che resti a casa o al lavoro appeso, pensando a quel che il tuo piccino si sentirà dire per diventare grande.

Perché a scuola lui ci va. A scuola lui c’è. Oggi.

Ed è a lui, a lei, a ciascuno, che io riconosco quel che è e quali passi desidero che faccia per crescere. Di più. Dentro la nostra realtà, quella della vita Vèra.

Guardandoci le mani, stringendoci negli occhi.

#diventiamoGrandiinsieme

Scritto, con cura, da Alessandra Maggi nella sezione Bridges di Euristika!

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Alessandra Maggi
Learning Diaries

Maestra per scelta. Appassionata di custodi di bellezza. Mi affascina l’altezza dei piccini, quella giusta per stare in piedi davanti alla vita Vèra.