Abbiamo cambiato il modo in cui leggiamo

Martino Pietropoli
Leggere oggi
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5 min readNov 3, 2015

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di Martino Pietropoli

Per me il comodino ha sempre avuto una duplice funzione: un luogo in cui impilare i libri che leggevo e un luogo in cui albergavano parte dei miei sensi di colpa: ogni libro iniziato e non finito oppure ogni libro comprato e mai iniziato se ne stavano accatastati e mi guardavano accigliati ogni sera.

Perché non mi leggi? Perché scegli lui e non me? Non ti piaccio forse?

Poi è arrivata la rete e con lei gli hyperlink, Wikipedia, l’Era dell’Abbondanza: informazioni ovunque, collegate fra di loro o da cercare, a volte seguendo un filo invisibile, a volte da trovare casualmente.

Come ci si poteva fermare di fronte a tutta quella roba? Son passati ormai più di 20 anni e io non son ancora riuscito a farlo.

Leggiamo meno?

Il senso di colpa si è trasformato: ormai che si legga di meno è un dato di fatto. Almeno io: leggo molti meno libri. Una volta ne leggevo 15–20 all’anno, ora sono a malapena 3–4. Ne prendo atto e lo confesso.

Dovrei sentirmi in colpa? Secondo l’educazione che ho ricevuto sì. Dovrei vergognarmi di quanto poco leggo.

Il senso di colpa è sceso dal comodino ed è diventato palpabile e visibile. È il dito della società che accusa: noi leggiamo troppo poco.

Eppure se rifletto e penso a quanto e cosa leggo oggi non posso dire di leggere di meno. Non misuro quello che leggo o quanto leggo, ma onestamente non credo di leggere di meno di una volta. Anzi: credo di leggere di più, molto di più.

Non è che leggiamo di meno. È che leggiamo diversamente.

La mia tesi — che è poi squisitamente empirica e basata su dati di fatto raccolti da me e solo analizzando me stesso — è che leggiamo diversamente e forse di più di una volta.

La quantità di articoli, di frammenti, di parti di testo, di immagini e di notizie che ogni giorno i nostri occhi sondano e il nostro cervello processa è gigantesca. Sia riferita a quanto facevamo qualche decennio fa, sia in termini assoluti. L’accesso alla conoscenza dell’uomo contemporaneo è teoricamente illimitato. Una volta aveva un limite: l’accesso stesso, che si esplicava nell’acquisto di un libro, nel prestito presso una biblioteca, nel passaparola, nella lezione scolastica o universitaria.

O forse leggiamo più superficialmente?

Questo è il vero punctum della discussione: che leggiamo con modalità diverse è un dato di fatto, ma il modo in cui lo facciamo, o meglio, il profitto intellettuale che ne traiamo è diverso.

Oggi ci concentriamo per pochi minuti su un testo e subito siamo distratti da una parola che ci conduce altrove. Poco dopo perdiamo il ricordo del punto da cui eravamo partiti.

Una volta leggevamo un libro — romanzo o saggio — e seguivamo una linea — un plot o una tesi da dimostrare. Tutt’al più la linea si ramificava e noi salivamo su un albero per giungere ad un punto (di conoscenza) più alto.

Oggi nuotiamo su una superficie e scendiamo raramente in profondità. Una superficie fluida e infinita, che non ha una direzione ma ha una caratteristica: è illimitata.

Come è cambiata la lettura

Leggere oggi — e leggere consapevolmente — significa abbandonarsi ad una navigazione che non ha una meta. Per questo credo che il libro tradizionale (e non parlo di cartaceo o elettronico — parlo proprio dell’”oggetto libro”) sia in crisi o, più semplicemente, sia consumato — usando un’espressione orrenda — in maniera diversa. Oggi chiunque usi la rete si trova in una pasticceria fornita di ogni prelibatezza. La pasticceria dove andava prima ha ancora dolci egregi e altri meno. Per continuare a venderli deve insomma fare in modo che i suoi dolci siano davvero infinitamente più buoni di quelli disponibili liberamente e ovunque.

Per costringere bonariamente gli avventori a fermarsi al loro bancone e ad ordinare i loro prodotti. E questa è una buona notizia per l’umanità, perché significa che l’offerta degli editori deve essere sempre più di grande qualità per assecondare gusti sempre più raffinati. E significa anche che l’offerta media o scadente sarà destinata a non soddisfare più nessuno e a soccombere.

Ma so bene che questa è una visione ingenuamente ottimista dell’editoria: i grandi numeri, quelli che fanno fatturato, li fanno ancora e li faranno per molto libri che di qualità ne hanno poche. Capita che ci riescano libri eccellenti a volte, ma non poi tanti, anche paragonati a quelli più mediocri che tengono in sesto un bilancio.

L’infinito

Il lettore contemporaneo, quello che legge più in rete — su un computer o su uno smartphone — ha di fronte a sé un mare infinito di informazioni. Di personaggi, di trame, di tesi e di antitesi. Di verità e di fandonie. È un panorama eccitante ed esaltante tanto quanto è frustrante e annichilente.
Perché un libro ha un inizio e una fine e una volta completato chiude una parentesi. Ma un mare non ha limiti o se ci sono sono infiniti. Oggi non c’è limite alla conoscenza: è esaltante e sconfortante allo stesso tempo.

Ma con questa realtà dobbiamo prendere le misure: finalmente la conoscenza è democratica e facilmente accessibile, finalmente le soglie di accesso alla cultura si sono abbassate fino quasi a scomparire.
È un panorama nuovo e sconosciuto, inimmaginabile fino a qualche decennio fa, ma esiste ed è reale.

Le più grandi scoperte son state fatte per caso: l’America su tutte. Colombo pensava di aver trovato le Indie ed era incappato in una terra di mezzo di cui nessuno sospettava l’esistenza.
Ecco: non ho risposte. Forse la Lettura Contemporanea e la forma che questa ha assunto si scopriranno casualmente, navigando in un mare tracciato da mappe vecchie e incomplete. Che non considerano e non sospettano dell’esistenza di terre che ancora non conosciamo.

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Martino Pietropoli
Leggere oggi

Architect, photographer, illustrator, writer. L’Indice Totale, The Fluxus and I Love Podcasts, co-founder @ RunLovers | -> http://www.martinopietropoli.com