Di come Jeff Bezos ha rubato il lavoro a Babbo Natale

Dove andranno a finire i libri nel mondo di Amazon, capitolo I

Giulia Cuter
Leggere oggi
Published in
7 min readJan 31, 2016

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Nell’immaginaria lettera inviata da Babbo Natale a Jeff Bezos, fondatore e amministratore delegato di Amazon, apparsa su Il Post il 21 dicembre per opera di Giacomo Papi (autore del caso editoriale dello scorso Natale, I fratelli Kristmas) c’è una frase molto chiara che Niklas Kristmas (il vero Babbo Natale) rivolge al re dell’e-commerce: ≪La verità, dottor Bezos, è che lei mi ha rubato l’idea≫, frase che mi ha riportato alla mente l’annosa questione: ma in tutta questa storia, Amazon è Babbo Natale o il Lupo Mannaro?

Nell’ottobre del 2014 Alessandro Baricco ha chiesto ad alcuni studenti della Scuola Holden di provare a rispondere a questa domanda. Il risultato della ricerca condotta nei mesi successivi è stato un ebook, intitolato Where do the books go? Il ventennio di Amazon, che ora Leggere oggi ripropone capitolo per capitolo, rivisto e aggiornato. Questo è il primo.

Vorrei precisare che “questa storia” parla del mondo editoriale nell’era di Amazon e di come questa azienda, introducendosi nel mercato librario, ne abbia scardinato le basi. È vero, Amazon non ha rivoluzionato solo l’editoria (potremmo parlare del suo business plan o della sua politica del lavoro, se volete farlo potete iniziare col prenotare una gita piacentina al centro di distribuzione italiano qui), ma essendo nato come una libreria online l’impatto che ha avuto sul mondo dei libri in questi oltre vent’anni di attività è simbolico, e in quanto tale non può essere ignorato.

Il ripassone: cos’è Amazon e come funziona?

Amazon è uno dei più importanti siti di e-commerce al mondo (secondo solamente al colosso cinese Alibaba), presente in ben 14 paesi, fra cui l’Italia a partire dal 2010. Negli ultimi anni è diventato anche, nell’ordine: un everything store con 19 categorie di prodotti nella versione statunitense (su Amazon si può comprare tutto, ma proprio tutto: in alcuni posti, fra cui Milano, ci si può anche fare la spesa); un editore (grazie alla sua piattaforma di self-publishing); una piattaforma di cloud-computing e servizi web chiamata Amazon Web Service, attiva dal 2002; un’azienda di elettronica (con il lancio del proprio e-reader Kindle nel 2007 e altre operazioni di minor successo come il Fire Phone); una casa di produzione televisiva e cinematografica (gli Amazon Studios sono attivi dal 2010, nel 2014 hanno ottenuto il primo grande riconoscimento con la vincita di ben due Golden Globe da parte della serie Transparent da loro prodotta) e infine, se non bastasse, una catena di librerie fisiche, con l’apertura del primo punto vendita nell’University Village di Seattle nel novembre 2015.

Nel frattempo Jeff Bezos ha anche acquistato (e rivoluzionato come spiega il Wall Street Journal) il Washington Post, uno dei più influenti quotidiani statunitensi, e fondato una compagnia spaziale, la Blue Origin, che nel novembre 2015 ha completato il primo collaudo del suo razzo riutilizzabile, il mezzo col quale intende aprire in grande stile l’era del turismo spaziale, superando i due colossi del settore Elon Musk e SpaceX. Ma questa è un’altra storia.

Al di là dell’incursione in ogni campo immaginabile dei servizi ai clienti, Amazon era già di per sé rivoluzionario nella sua idea embrionale: creare non solo il migliore sito di e-commerce, concentrandosi inizialmente sulla vendita di prodotti non contraffabili e infrangibili come i libri (che oltretutto sono un ottimo specchio dei gusti di una persona, nel caso in cui vogliate acquisire informazioni sui vostri clienti), ma battere anche i sistemi di distribuzione, facendo gavetta in una catena lenta e inefficiente come quella editore/distributore/librerie fisiche.

Come farlo? Dando al cliente quello che più di tutto vuole: la possibilità di girare comodamente fra gli scaffali, osservare la merce, mettere quella che preferisce nel carrello e pagare senza fare la fila alla cassa. Che si traduce in: cerco un libro, ne leggo in anteprima qualche pagina con la funzione Look Inside, lo aggiungo al Carrello e con just one click lo acquisto (e quando dico uno intendo uno: su Amazon esiste davvero l’opzione che permette di perfezionare l’acquisto con un solo click, senza dover confermare a più riprese il reale desiderio di acquistare proprio quell’articolo). E qualsiasi prodotto tu compri, ti viene recapitato comodamente a casa. In più, se sei bravo e paghi per abbonarti al servizio (un massimo di 99 $ annuali negli Stati Uniti) con Amazon Prime puoi usufruire di musica, film, serie tv e godere di una consegna accelerata (entro 2–3 giorni dall’ordine fino al giorno stesso, a seconda dei paesi). Se paghi ancora un po’ (7,99 $ negli Usa e 6,90 € a Milano) puoi scegliere fra 25.000 prodotti di prima necessità da ricevere entro un’ora dall’ordine. Meglio del pronto soccorso.

Come nasce un’idea?

≪Si è impossessato della formula del Natale, trasformandola in una macchina da soldi. L’ha resa moderna, gli ha dato un tocco “social”, ha sostituito i clic alla letterina, allargando il target agli adulti, ma soprattutto ha fatto sì che i regali si ricevano sempre, in qualsiasi giorno dell’anno, anche a Ferragosto. Da qualche tempo, poi, ha lanciato anche il servizio Prime, la consegna in giornata, e in alcune città in un’ora. Per noi è difficile competere≫, continua Niklas Kristmas. Sì, ma come hai fatto, Jeff, a spazzare via ogni tipo di concorrenza?

Tutta ha inizio nel 1994, quando Bezos, trentenne vicepresidente della D.E. Shaw & Co. (società di investimento di Wall Street capace di sfruttare la neonata informatica per girare a proprio favore le anomalie di mercato), con un’invidiabile lungimiranza riconosce il potenziale della vendita in rete e decide di fondare “la più grande libreria della Terra”. Per farlo Jeff si trasferisce a Seattle, dove non solo gli affitti costano poco, ma dove i rivenditori online pagano anche il minor numero di tasse possibile in tutti gli Stati Uniti. Perché Seattle è così conveniente? La Corte Suprema ha deciso che gli store online sono tenuti a riscuotere l’Iva solo negli stati in cui hanno sede fisica. Lo stato di Washington è uno degli stati meno popolati di tutti gli Usa, quindi quello con meno potenziali clienti. Una strategia che non vi suonerà nuova se avete seguito le controversie fra Amazon e la Commissione europea del 2014.

In breve, nel 2003 Amazon ha scelto come propria sede europea il Lussemburgo, da cui sembra abbia ottenuto concessioni fiscali che l’Unione europea ha dichiarato non conformi al principio della libera concorrenza. Questa pratica per aggirare le tasse è utilizzata da diverse multinazionali, coinvolte nel 2014 in un’inchiesta della Commissione europea insieme ad Amazon. Viene chiamata Tax Ruling e qui il Sole24Ore vi spiega come funziona. A partire da maggio 2015, Amazon ha dichiarato di aver iniziato a pagare le tasse nei singoli paesi in cui commercia, ma ciò non esclude la possibilità che l’Unione europea imponga delle sanzioni per il comportamento passato.

Ma torniamo a noi: Seattle, 1994, garage di casa Bezos. Gli amici di Jeff, Shel Kaprhan e Paul Barton Davis, si dedicano alla realizzazione del software dello store, Bezos acquista il dominio relentless.com (che ancora oggi reindirizza alla homepage di Amazon, provate a digitarlo nella barra di ricerca del browser). Per quanto il primo significasse inarrestabile, implacabile, alla fine Bezos sceglie un altro nome: Amazon non solo evoca il Rio delle Amazzoni, il fiume più grande del mondo per portata d’acqua, ma riesce anche a piazzarsi piuttosto in alto nell’indicizzazione alfabetica dei siti web (pur scatenando l’ira di Perù e Brasile, che rivendicano il diritto a possedere il dominio .amazon da diversi anni). Il 16 luglio 1995 Amazon è online, e appare così:

L’homepage di Amazon nel 1995.

Nel giro di pochi anni il logo viene sostituito con la freccia arancione che conosciamo bene e che, collegando la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto a ricordarci la varietà dell’everything store, ci strappa anche un sorrisone.

L’attuale logo di Amazon.

La società adotta una strategia non comune per l’epoca: aumentare il fatturato sacrificando gli utili. In primo luogo, bisogna accorciare la catena di vendita per diminuire i prezzi, quindi indebitarsi per acquistare dei magazzini in cui stoccare la merce. E poi aspettare che i clienti crescano, in modo da poter dare certezze ai fornitori e ottenere dei prezzi di favore. Infine, investire l’utile nella sperimentazione e arrivare a produrre i propri prodotti, come abbiamo visto fare ad Amazon negli ultimi anni. Non sarà un caso se la società è quotata in borsa dal 1998 e tutti continuano a comprarne le azioni, nonostante queste abbiano iniziato a fruttare davvero solo negli ultimi mesi. Recentemente, le azioni di Amazon sono anche state inserite in quelle acquistabili tramite Stockpile, una carta prepagata per fare acquisti in borsa, insieme a quelle delle società meglio quotate al mondo come Facebook e Apple.

Sarà proprio vero che ≪Natale è Natale e Amazon è Amazon, ed è bene che i marchi rimangano distinti≫? Non so Niklas, non so.

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