Charlottesville e il nazismo strisciante: una proposta di lettura

Luca Lottero
Leggere oggi
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3 min readAug 21, 2017

In un surreale mondo in cui Donald Trump è presidente degli Stati Uniti, può essere che la fantasia arrivi dove non possono studio e analisi. E allora, per provare a riflettere su quanto avvenuto a Charlottesville qualche giorno fa, più che un manuale di storia mi sentirei di proporre un libro che mi è capitato di leggere recentemente: Il complotto contro l’America, di Philip Roth. Un romanzo di fantapolitica, per l’appunto.

La storia è ambientata negli Stati Uniti, negli anni immediatamente precedenti alla seconda guerra mondiale. Alle elezioni presidenziali del 1940 il presidente in carica Franklin Delano Roosvelt (che nella realtà vinse il terzo mandato consecutivo) viene sconfitto dal candidato repubblicano Charles Lindbergh, giovane aviatore famoso per aver attraversato per la prima volta l’Atlantico in aereo, senza soste. A decidere le sorti della sfida, più di ogni altra cosa, è la promessa di Lindbergh di tenere gli Stati Uniti fuori dal conflitto che sta prendendo piede in Europa, che vede la Germania di Hitler e i suoi alleati opporsi a Regno Unito, Francia e Unione Sovietica.

Dietro la neutralità americana, tuttavia, c’è qualcosa di inquietante: i noti rapporti amichevoli tra il regime nazista e il neo presidente americano. Quello che nella storia reale fu uno dei leader del movimento isolazionista noto come “America First”, nell’opera di Roth viene catapultato alla Casa Bianca, in un classico “cosa sarebbe successo se”. E quello che succede viene raccontato dal punto di vista di una famiglia ebrea del New Jersey, che vede la propria vita tranquilla e tutto sommato agiata cambiare passo passo.

Non ci sono cambi di regime, golpe militari o marce su Washington, non c’è nulla di eclatante a segnare il cambio d’epoca. A cambiare, invece, è il sentire comune. L’antisemitismo diventa un po’ più accettabile. Hitler diventa un po’ più accettabile, anzi un argine contro il “pericolo rosso” rappresentato dall’Unione Sovietica. Tutto è sullo stesso piano morale. Nella contro-storia di Philip Roth scompare (almeno nella prospettiva statunitense) il cattivo per eccellenza del ventesimo secolo, ridotto al ruolo di comparsa tra le tante. Il nazismo diventa un’opinione politica tra le tante, accettata e riconosciuta. Non tanto ai piani alti del governo, dove la retorica ufficiale continua a fondarsi solo sul rifiuto della guerra, ma, di fatto, nella società, persino in parti della comunità ebraica statunitense.

E poi, oggi, nel mondo reale, succede questo:

https://twitter.com/BostonGlobe/status/896483882693926912

Sabato 12 agosto un gruppo di manifestanti che metteva insieme la cosiddetta “alt-right”, suprematisti bianchi, neonazisti e pare pure adepti del Klu Klux Klan ha sfilato a Charlottesville, Virginia, per protestare contro la rimozione di una statua del generale Robert Edward Lee, comandante delle forze confederate (il sud schiavista) nella guerra di secessione statunitense, poi vinta dal nord. Un argomento evidentemente ancora in grado di scaldare gli animi, di generare scontri di identità. Alla manifestazione (non autorizzata) se ne è presto contrapposta un’altra, questa volta antifascista a antirazzista. Negli scontri che sono seguiti, a un certo punto il suprematista James Alex Fields Jr. (17 anni, 17!!!) si è lanciato con l’automobile contro il corteo rivale, ferendo diverse persone e uccidendo Heather Heyer, una donna di 32 anni.

La reazione a caldo di Trump? Condanna alla violenza, da entrambe le parti. Una posizione poi corretta e rettificata più volte nei giorni successivi, in pieno stile Trump, ma che resta. Forte e chiara. In modo simile a quanto avvenuto nella distopia di Roth, suprematismo bianco, neonazismo e quant’altro diventano opzioni politiche tra le altre. Forse davvero qualcosa sta cambiando. Sta cadendo, o almeno cedendo, nella società prima ancora che nelle istituzioni, quel velo di pudore che nelle democrazie occidentali portava a respingere o quantomeno ignorare di default fascismo, nazismo o (nel caso statunitense) la nostalgia per la confederazione schiavista e il suprematismo bianco. E qualcuno, dalla casa bianca, sta dando un contributo decisivo in questo senso. Alcuni dei forgotten men di cui Trump parlava in campagna elettorale hanno la svastica tatuata sul braccio.

Originally published at lucalottero.wordpress.com on August 21, 2017.

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