Due ecosistemi per la lettura nell’epoca digitale

Uno per il libro e uno per il lettore

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6 min readNov 24, 2015

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di Giampiero Cordisco

Quando mi regalarono il kindle, tre anni fa, non potevo immaginare quanto avrebbe cambiato la mia vita di lettore: le prime impressioni furono indirizzate al fattore comodità/praticità/portabilità del dispositivo, ed erano ovviamente positive ai limiti del fanatismo religioso. Credo che sia proprio da queste considerazioni, tutto sommato scontate, riguardo alle caratteristiche pratiche dell’e-reader, che si è formata una nuova personalità-lettore: si parte dalla felice possibilità di portarti dietro tutti i libri che vuoi e si arriva in pochi passaggi all’attuale concetto di lettura atomizzata.

Stephen King è stato il primo ad aver fatto montagne di soldi con un libro digitale (lo scrive lui stesso, con finto imbarazzo): all’epoca — parliamo dei primi anni Duemila — non era altro che un racconto lungo in pdf: fu scaricato da centinaia di migliaia di lettori, fomentati dalla novità del mezzo, dal fatto che fosse gratuito, dal fatto che era un racconto di Stephen King. Il racconto è Riding the bullet.

Anche se su Wikipedia leggo “racconto multimediale”, posso immaginare che, dopo aver scaricato il racconto, la maggior parte dei lettori abbiano poi avuto la necessità di stampare il file, per poterlo leggere più comodamente: cosa può significare “multimediale” riferito a un prodotto del 2003? Più che di libro digitale, si trattava di un esperimento archetipico di print on sell, dove la figura dello stampatore veniva sostituita per praticità dallo stesso lettore. Sono passati meno di quindici anni, e possiamo dire che il libro digitale può affiancare la carta stampata poiché nel frattempo siamo stati capaci di costruirgli attorno un intero ecosistema. Questo ecosistema è la trasposizione in digitale, fin dove possibile e con le differenze dettate dalla peculiare immaterialità e infinita riproducibilità del libro elettronico, del sistema editoriale classico e della sua filiera (editore digitale, copia digitale, distributore digitale, libreria digitale); ha i suoi linguaggi standard e formati specifici, la tecnologia e-ink, una (specie di) legislazione apposita. Insomma, si è creata l’industria e si è creato il mercato degli ebook. Le cose hanno fatto il loro giusto corso. (Taglio corto: l’argomento è veramente complesso ed è pieno di libri, elettronici e non, sull’argomento.)

L’ecosistema per i libri elettronici

L’ecosistema per i libri elettronici quindi c’è già, e sembra essere in ottima forma, almeno all’interno di un sistema di libero mercato e di libera concorrenza fra i vari editori (sistema che invece non gode affatto di ottima salute… ma non è questo il luogo per affrontare la questione). Quello che bisogna rivendicare è la creazione di un ecosistema per chi i libri li legge, in un periodo storico in cui l’aumento della produzione di contenuti editoriali è costante e la crescita è esponenziale. Io credo che questa sia una responsabilità morale degli stessi lettori: di tutti noi, insomma.

Salvare l’esperienza di lettura

Uno dei molti articoli che ho letto in questi giorni (quanti ne leggiamo, ogni santo giorno? Troppi? Qual è il limite?) è quello di Antonio Tombolini su come salvare il libro. Tombolini scrive nell’ottica di uno che ha messo in piedi un’impresa di editoria digitale molto (davvero: MOLTO) articolata. Da lettore, da lettore consapevole dell’epoca digitale, posso far mio il titolo del post in questione operando uno slittamento, spostando l’oggetto della discussione dall’editore al lettore, a me. Io non devo salvare il libro: io devo salvare la mia esperienza di lettura. Tombolini scrive dell’esperienza-libro in contrapposizione al prodotto-libro: noi possiamo migrare questo concetto al concetto di esperienza-lettura.

Cosa si fa mentre si legge? A quanto pare, ultimamente ci si distrae spesso, e questo viene visto con un carico di frustrazione piuttosto preoccupante, tanto più se si pensa che la lettura non è esattamente annoverata fra le attività vitali. L’iperconnessione perenne sembra essere una minaccia alla creazione di ciò che fino a non molti anni fa era un’attività molto semplice, cioè ritagliarsi del tempo e dello spazio in cui leggere senza distrazioni.

La socializzazione della solitudine

Il fatto è che sono cambiate, evolvendo drasticamente, le condizioni che permettono di costruire l’ecosistema per la lettura, per l’esperienza-lettura. È vero: leggiamo di più, nel senso che leggiamo più quantità di parole, un numero maggiore di… cose, che ci vengono recapitate in tutti i modi dalla tecnologia web e digitale. Leggiamo articoli, spesso brevi, altre volte longform, leggiamo status e tweet, leggiamo email, comunicati stampa, leggiamo estratti ebook, leggiamo qualsiasi cosa venga condivisa all’interno della nostra rete: si chiama lettura atomizzata, leggiamo di continuo come se esistesse un unico enorme ipertesto, frullato nei vari server, sminuzzato sulle piattaforme social, sui siti che seguiamo, sulle versioni online dei quotidiani, così che di fatto leggiamo in maniera quasi epilettica.

Fra tutte le condizioni che servono alla costruzione di una esperienza-lettura, esiste una condizione-principe: la solitudine. Starsene da soli con in mano il libro che stiamo leggendo, su una poltrona, o sul treno, in un prato, sull’autobus, a letto, sulla metro piena di gente. Non intendo la solitudine, nel caso della lettura, come l’essere soli in uno spazio fisico, ma come la mancanza di interazioni in uno spazio virtuale, o almeno la loro riduzione al minimo. Oggi la solitudine è socializzata, non si è mai soli, è tutto intorno a te, e va benissimo, intendiamoci, non sono un detrattore della tecnologia né un bacchettone della modernità: non sono cieco al fatto che questa è la strada che abbiamo imboccato.

Però poi non lamentiamoci

Trovo assurdo il discorso riguardo all’invadenza degli smartphone e dei dispositivi connessi in rete (ma so di trovarmi in una posizione favorevole, dal momento che io non posseggo uno smartphone). Però mi sembra molto più incomprensibile il fatto che si attribuisca all’uso dei dispositivi, al costante compulsare un telefonino alla ricerca di notifiche, la causa della mancanza di appeal che si prova verso un’opera letteraria. Leggere, oggi come ieri, richiede tempo, dedizione, concentrazione: ciò che ci viene sottratto da uno smartphone, da un tablet connesso in rete. Ma la domanda è: siamo sicuri che la colpa sia dell’oggetto?

È una domanda retorica: la colpa, se di colpa si tratta, è sostanzialmente nostra. Se abbiamo deciso che le aspettative verso l’arrivo di una email o di una notifica siano superiori e chimicamente più appaganti delle aspettative che nutriamo verso una storia, o un saggio, beh, il problema è nostro. D’altra parte, non sono sicuro che gettare lo smartphone sia un consiglio che prenderà piede, però la ridefinizione di un rapporto con i nostri dispositivi e con la nostra connessione dati, nel momento in cui ci disponiamo a leggere un libro (cartaceo o digitale, poco importa), sta diventando piuttosto urgente. Il rischio è quello di leggere miliardi di parole, senza saper più leggere libri. La dopamina c’entra solo relativamente.

Slow reading

In giro si leggono molte soluzioni messe in atto da lettori di tutto il mondo atterriti all’idea di non leggere più libri, e vanno tutte bene. Per quanto mi riguarda, concordo con lo Slow Reading Manifesto, e in particolare con questo passaggio:

Non dirò più “Ho comprato un ebook, ho letto un ebook”, se poi quel sedicente ebook si esaurisce in poco più che un raccontino brevissimo, o un estratto di un libro intero, o un articoletto.

Userò prevalentemente l’ereader a inchiostro elettronico per leggere i miei ebook: niente navigazione online, niente colori, niente interruzioni e distrazioni, niente riflessi alla luce del sole.

Userò anche il tablet e il computer e perfino il telefonino ogni volta che non potrò per qualsiasi motivo usare l’ereader, ma disattivando la connessione per tutto il tempo di lettura.

Darò vita a gruppi di lettura (online e non) sui libri che mi piacciono, o cercherò gruppi di lettura esistenti a cui partecipare.

Ecco. Passo e chiudo. Vado a finire Cartongesso di Maino, in cartaceo.

Leggere oggi

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