Orlando e la ricerca del colpevole

Andre
Fuori!
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5 min readJun 15, 2016

Giorni, mi ci sono voluti giorni, per leggere, capire, ascoltare. Soprattutto per capire bene quali fossero i miei pensieri riguardo la strage di Orlando.

Uno, uno solo continua a ronzarmi nel cervello. Abbiamo perso, totalmente, senza possibilità di recupero. Come umanità, non come comunità. Non c’è grado di appello nel poter giustificare quanto successo, non mi vengono parole se non quelle legate ad un gigantesco sdegno, trattenuto, distaccato, rassegnato.

Non riesco a fare una classifica dello schifo. Per la pazzia, per la questione mediatica, per la reazione del caro internet, per la politica, per tutto. Quello che abbiamo visto a Orlando è semplice: non abbiamo fatto mezzo passo avanti, l’evoluzione a questo punto è opinabile, finché sono l’odio e la paura a governare le umane reazioni.

La cosa più avvilente è stata la forsennata ricerca di un colpevole. Il maschio, l’islamico, l’afgano, l’omofobo, il represso, il pistolero, il violento, il bipolare, seguono gli “altri” che siano gay, lesbiche, trans e tutte le varie scelte di come vivere ed esprimere la sessualità, le religioni, gli dei, mancano solo il meteo e gli oroscopi.

Perché la tendenza ultima, la volontà è sempre quella di cercare una colpa, mai una responsabilità, nel cedere a un dio la parola finale, che tanto la tua conta di meno e quindi va bene così. No signori miei, troppo comodo. Il vero colpevole siamo noi, che non capiamo che l’unico nostro dovere assoluto è quello di vivere in maniera rispettosa la nostra vita e la nostra felicità, che le cerchiamo tutte per non risolvere il nostro inferno interiore finché non lo creiamo fuori. Solo che non ha senso farlo.

La popolazione LGBTQI della quale è mio onore essere parte e supporter lo sa, molto bene. I nostri amici che erano tutti Charlie e Paris dopo le stragi non potranno mai capirlo. Non capiranno che il clima di discriminazione e ignoranza parte dalle prime sfere relazionali, da casa, da palazzo, da scuola.
Certo, ci saranno sempre vicini, ma non sanno cosa vuol dire.

Le fame seekers e attention whores a tutti i livelli, dal fb di provincia alle aziende, dalla politica alla cultura, svolazzano di fiore in fiore e motivano tutti sul be yourself. Beh, molto facile. Grazie, lo trovo utile come la preghiera come anticoncezionale. Siete tutti froci col culo degli altri, per dirla in francese.

Il meccanismo dell’inclusione nella società parte dall’accettazione delle differenze (che ancora oggi chiamiamo diversità, vero?) nostre, intrinseche, non esplicabili. Dopo avviene la comprensione, il supporto, il sentirsi chiamati in causa. Leggo ancora di gente che parla male del Pride, perché è una baraccata. Certo, detto da chi non si è mai visto ad un comizio, vale come i consigli di dieta di Giuliano Ferrara.
Quando faccio gli speech sul bullismo nelle scuole scopro che esiste ancora l’ora di religione, che si badi bene non è religioni, ma che non c’è quella di educazione sessuale, però tutti a fare il test di Cooper in cortile.
Se non parte dalla scuola, dall’istruzione, dalla cultura non ce la faremo mai. Ma d’altra parte il nostro Stato non si occupa di questo, la cultura non è il nostro forte, siamo più presi dal fingerci paladini per una legge che non abbiamo fatto, salvo poi prendercene il merito, caro PD.
E continuiamo a fare finta di nulla sulla questione legge contro l’omofobia, tanto je avemo dato li matrimoni, mo’ che vojono ancora.

Tanto meno in uno Stato schiavo del clericalismo, che permette i doppi tribunali, che fa passare tutto con un amen e ritiene che un ente religioso possa godere di privilegi senza aver doveri. Anche questo è razzismo.
Quelli si mettono una gonna e tutto gli è concesso, qui se qualcuno lo fa in provincia viene ammazzato e sicuramente non lo fa per circuire un minore, ma per esprimere tutta la sua favolosità. Fateci pace con questo. Gay=pedofilo è come dire negro=stupratore, albanese=ladro, romena=troia. E’ scadere nel giochino di cui sopra, quello che piace tanto alla Lega: se le cose vanno male non è per noi italiani, ma è colpa degli stranieri. Sì, bravi, continuate così, ma almeno cercate di non riprodurvi, amici del Carroccio.

Ora, l’età non gioca a mio favore, ne ho come Gesù e sento che posso rischiare anche io la mia croce. Perché su 28 miei compagni di classe del liceo, penso che solo 4 mamme tra cui la mia potessero rischiare di ricevere il messaggio “mamma sono rinchiuso nel bagno della discoteca, sto per morire”.
La strage di Orlando non mi farà stare a casa sabato, non ci farà saltare le chiusure dei locali o le serate nei vari village per l’Italia, perché non fa parte del nostro DNA di persone libere consentire a qualcuno di metterci paura o restrizioni di alcun tipo.

Mi chiedo solo cosa possa provare un genitore a sapere che un figlio si trova davanti tutto questo. Come se non fossero già preoccupati abbastanza di sapere che hanno un figlio che può essere (ed è) discriminato sul lavoro, in società e nei diritti. Nel caso di una figlia, doppia dose.

Non posso essere padre perché non me lo consentono, non posso adottare perché abbiamo una leggina, un primo passo di civiltà che ha sancito dei diritti sottolineando che la mia unione ha un peso diverso dalle altre. Ma a questo punto non so proprio se lo vorrei diventare papà.
Non c’è altra risposta se non la ricerca di un nuovo umanesimo, che metta al centro il cuore, perché da lì parte il rispetto. E se non c’è rispetto per la propria vita, per il proprio essere, perfettamente dotato nella possibilità di cambiare ed evolvere, si offende la vita stessa. Ci vuole resilienza, coraggio, forza per vivere questo schifoso medioevo reloaded.

E nel metterci il cuore, in tutto e dinnanzi a tutto, ci sta anche il sacrosanto diritto di essere incazzati, amareggiati, sdegnati, come sono tutte le ragazze e i ragazzi LGBTQI in questo momento. L’amore per la vita, per noi stessi, per chi abbiamo attorno non permetterà a nessuno di questi episodi di farci abbassare la testa.

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Andre
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Alle medie volevo essere il Principe di Bel Air, ma in verità ero Raven.