Librammo: Capitolo 1: Risvegli

Racconto 1: Cambiamenti

Simone Paolucci
Librammo: Storie di demoni e amicizia
11 min readJun 24, 2014

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8 Agosto dell’anno 2046
Quartiere Crasch, Sprawl di Detroit City, USA

Un altro cazzo di giorno in questa stramaledetta città! pensò Alan ammiccando ripetutamente con gli occhi. La luce di una lampada alogena penetrava nell’edificio diroccato rompendo la magia della nera notte. Si tirò su a sedere, massaggiandosi le tempie per riprendersi dal torpore del sonno. Quando fu in piedi si avviò lentamente alla finestra. Guardò fuori. Come sempre non riuscì a vedere niente di più dei soliti ammassi di rifiuti e cibi andati a male. Tutte le strade degli sprawl, a quanto sapeva lui, erano così. Nella notte poi, ogni mucchio di rifiuti e ombre potevano nascondere persone pronte a saltarti addosso per pochi spiccioli. La cappa afosa che in questi mesi avvolgeva la città faceva diventare l’aria straziante, appiccicosa e malsana.

Costringendosi a non pensare a tutto ciò, Alan prese la fedele pistola a tamburo -Supergun- e scese in strada per controllare la sua zona, e fare un acquisto dal suo rivenditore di fiducia Cobra.

Cobra era un afro-americano molto robusto, sulla trentina, con capelli neri e crespi, e il tipico nasone. Il suo mestiere consisteva nel trattare merci, ma non era un comune rappresentante o commerciante, era un contrabbandiere. Nella zona era considerato il massimo e a quanto diceva voleva rimanerci, per questo a volte scomodava Alan per togliere di mezzo chi non saldava i propri debiti. Sapeva che poteva fidarsi di lui, perché Alan era il migliore.

Con passo deciso andò in un vicolo parallelo alla via principale, dove si trovava l’ufficio di Cobra. Il ricettatore sedeva pesantemente sul cofano di una vecchissima e malridotta Cadillac viola, i gomiti erano appoggiati al parabrezza e lo sguardo perso a contemplare il cielo coperto. Sorridendo, Alan gli s’avvicinò e senza molto entusiasmo chiese <ehi Cobra! Allora… come vanno gli affari?>.

L’altro fece un tiro dall’improbabile sigaro che stringeva tra le dita, abbassò lo sguardo e riconoscendolo sorrise a sua volta. <Vanno come al solito! Se le strade non fossero piene zeppe di killer come te, allora si che mi troverei veramente nei guai!> gli rispose col tono fermo di chi sapeva cosa voleva dire.

Nella fottuta città in cui vivevano era difficile farsi amici di cui fidarsi. Un giorno ti leccano il culo e quello dopo ti ci ritrovi due buchi invece di uno. In questo senso a Cobra, Alan, appariva uno straniero. <Stavo dimenticando. E’ arrivato quello che m’avevi chiesto, è stato molto difficile trovarlo. E’ un pezzo molto richiesto, e la polizia di questi tempi lavora sodo per impedire a quelli come me di fare il proprio dovere, maledetti bastardi!> Schioccò le dita <prima ti danno questa merda di quartiere, poi ti dicono che devi fare il bravo ragazzo> scosse la testa e da un vicolo sull’angolo della palazzina dietro di loro uscì un giovane <vieni Tommy! Porta la merce ad Alan.>

Il ragazzo, anch’esso di carnagione scura, non aveva più di 14 anni e trasportava una custodia di un basso apparentemente molto pesante, egli faticò nel darla ad Alan che era alto più di due metri. Il volto del killer era perversamente entusiasta, tirò giù le cerniere e l’apri. Dentro c’era un fucile mitragliatore di grosso calibro, un’arma molto popolare tra gli assassini. Cobra contento dell’espressione dell’amico disse <vedo che ne sei soddisfatto!> Stava per sorridere, quando vide che l’altro estrasse rapidamente la pistola puntandola verso il vicolo da dove era venuto.

<Esci fuori bastardo, è da un po’ che ci stai spiando, non è vero?>

Cobra che si fidò dell’intuizione dell’amico prese anch’egli l’arma. Con la sorpresa d’entrambi, però, dal vicolo sbucò una ragazzina dai capelli blu, che si spaventò alla vista delle pistole puntate.

<Non sparatemi!> li supplicò con la voce strozzata e il viso contratto dal panico.

<Che cosa ci fai qui?> Alan perplesso rinfoderava l’arma, imitato subito dall’altro.

La ragazzina però continuava a tremare e non rispondeva, Alan s’accorse immediatamente che c’era qualcosa che non andava e impugno di nuovo la pistola. Cobra fece per dirgli qualcosa, ma lui lo zittì con un secco gesto della mano.

Scattò lateralmente finché non riuscì ad avere una visione completa del vicolo da dove era venuta la ragazza e, come sospettava, vide un uomo nascosto nei rifiuti a pochi metri da questa. La spia con una pistola teneva sotto mira la ragazzina e preso di sorpresa dall’apparizione di Alan sparò.

Alan notando nella traiettoria del colpo la ragazza, balzò con rapidità in avanti, e con una spinta la buttò da una parte. Così facendo, però, prese il proiettile nel braccio destro. Per il dolore lasciò cadere l’arma.

Premendo la mano sinistra sulla ferita e stringendo i denti guardò l’uomo con un’espressione di sfida, quasi a invitarlo a provarci di nuovo. Per fortuna, però, Cobra sopraggiunse e fece partire un colpo, che sfondò il cranio della spia. Questa venne spinta all’indietro senza delicatezza dalla potenza di fuoco, e morì istantaneamente senza emettere grida.

<Alan come stai? C’è la fai ad alzarti?> Cobra accorse chiamando Tommy che venne portando una cassetta di pronto soccorso.

<Non ti preoccupare è solo una lacerazione, piuttosto la ragazzina come sta?> chiese lottando espertamente contro il dolore.

<Mi sembra che stia bene. Credo però sia svenuta> mentre gli rispondeva lo stava medicando.

Subito dopo andarono a controllare il cadavere della spia. Questa non aveva che pochi dollari, una pistola di piccolo calibro, dei documenti, sicuramente falsi, che non servivano a molto e un tatuaggio di un teschio spettrale sul braccio sinistro; questo ultimo fece intuire loro l’appartenenza a qualche banda.

Dopo qualche minuto la ragazza si riprese toccandosi la testa dolorante. Cobra seccato gli rinfacciò tutto <sei stata fortunata sai! Se al posto di Alan ci fosse stato uno stronzo, saresti morta di sicuro!>

<Stai bene?> le chiese Alan e lei troppo insicura per parlare o per il momentaneo stato confusionario fece solamente cenno di sì con la testa. <Sai chi era quel uomo e che voleva da noi?> continuò lui.

<Non so chi fosse, mi ha presa e mi ha detto di venire qua> la ragazza parlava in fretta, impaurita. <Mi aveva puntato la pistola, io non volevo… io…> stava per mettersi a piangere.

Alan la confortò <non ti preoccupare. Non è stata colpa tua> si voltò verso Cobra.

<Alan credo che quello sia venuto ad uccidere uno di noi due> affermò il ricettatore con un’espressione preoccupata.

<Non saprei, c’è qualcosa che non riesco a comprendere> rifletté socchiudendo gli occhi <quel uomo aveva un’espressione strana. Non aveva paura di morire, e poi, quando ha sparato l’ha fatto senza riflettere. Ha solo premuto il grilletto pensando di colpire me…> fece una pausa per trovare le parole, <…era come se fosse sotto l’effetto di qualche “droga da combattimento”.>

Alan, infine incaricò Cobra di portare il corpo da un medico di strada, per farlo analizzare. Nel frattempo se ne andò verso Darkhouse, un night della zona dove si riunivano molte bande di teppisti, per fare delle indagini. Sapeva che lì sarebbe riuscito a trovare le informazioni che cercava.

Il locale era il più spassoso dei dintorni, aperto 24 ore su 24, qui si poteva scovare le ballerine e le troie più succulente di tutta Detroit City; ed era anche il miglior posto per trovare guai.

Entrando fu subito avvolto dai fumi e dalla musica che riempivano l’ampio locale, noncurante di ciò andò diretto ai tavoli. Nonostante le luci soffuse impedissero una perfetta visuale, intravide uno spavaldo che si metteva esageratamente in mostra e decise che da lui avrebbe avuto tutte le informazioni che gli servivano.

In un attimo gli fu addosso, con entrambe le mani l’afferrò per la giacca, lo tirò a sé e guardandolo dritto negli occhi gli gridò, per sopraffare il frastuono <ehi stronzo! Devo parlarti, quindi vedi di finire le esibizioni!> Alan aveva l’espressione da vero duro e il teppista di conseguenza quella del cacasotto.

<Che diavolo vuoi amico? Io non ti ho fatto un cazzo, lasciami!> era spaventato a morte e i suoi “amici”, che facevano i buffoni con lui, se ne andarono.

<Non ti preoccupare, voglio solo sapere a quale banda appartiene l’idioma del teschio spettrale> glielo chiese con la sicurezza di chi sapeva il fatto suo e il malcapitato gli rispose immediatamente.

<E’ una nuova banda nomade venuta da New Kansas, sono un branco di matti! Si sono accampati vicino alla vecchia fabbrica d’armi, questo è tutto quello che so,> aveva la voce tremante <ora lasciami però> il ronin lo lascio e se ne andò via.

Appena fuori vide due teppisti che se la stavano prendendo con una donna, se non fosse intervenuto se l’avrebbero fatta lì davanti.

<Ehi brutte teste di cazzo, fareste meglio a lasciarla stare!> li sfidò.

I due lo videro e presero le pistole <fatte i cazzi tua e lasciaci divertire.> Non fecero nemmeno in tempo a sfiorare il grilletto che già erano stramazzanti al suolo. La gente che aveva assistito alla scena se ne andò indifferente non appena videro che Alan riponeva l’arma.

<Ti ringrazio, mi stavano proprio rompendo i coglioni quei due brutti stronzi> fece la donna mentre si massaggiava i polsi offesi. Alan, osservandola, non poté fare a meno di notare la sua maglietta bianca in pratica inesistente e la sua minigonna di lattice nero mozzafiato che lasciava scoperte le gambe stupendamente abbronzate.

La donna abituata a quegli sguardi era tranquilla e, anzi sembrava volersi mettere ancor più in mostra. Alan notò anche che aveva sul braccio un tatuaggio luminoso raffigurante il teschio spettrale e si ricordò del perché era lì, e le domandò <sei per caso una nomade?>

<Si, perché c’è qualche problema?> fece lei con aria irritata e gli occhi che si socchiudevano per indagare.

<No nessuno,> si affretto a dire scuotendo una mano protesa in avanti <è solo che non ho mai visto quel simbolo e mi chiedevo se eri nuova di qua?> si riprese.

<Si, proveniamo da New Kansas> rilasciò i sottili lineamenti del viso <veniamo di tanto in tanto in questa città a fare acquisti.>

<Rappresenta qualcosa in particolare quel teschio?> indicò il braccio della ragazza.

<Perché me lo chiedi?> disse puntando gli occhi verdi dritti nei suoi.

<Solo per curiosità.>

<E va bene ti risponderò> la bocca si chiuse in una smorfia come se fosse restia a parlare, <abbiamo una nuova religione. Il nostro sciamano ci ha assicurato che l’ha visto!>

<Visto cosa?> chiese con molta curiosità il ronin.

<Lui una volta ci confessò d’averlo visto e anche alcuni miei compagni affermano d’averlo visto mentre partecipavano al rito>, fece una pausa <ma io non credo che sia vero!> Per tutto il tempo tenne gli occhi bassi, osservando le forme impercettibili scavate sull’asfalto rovinato della strada.

Alan vide negli occhi della donna una cupa ombra e gli venne in mente delle voci, che alcuni giorni fa, avevano fatto il giro del quartiere. <Per caso voi adorate delle creature demoniache?>

La domanda la lasciò con un’espressione di colpa dipinta su quel grazioso volto <credo che tu o sia un indovino o una spia?>

La ragazza lo portò al loro accampamento annunciandolo come colui che aveva liberato il mondo da due rompipalle. Alan fece di tutto per integrarsi e partecipare ad una di quelle messe, ma sfortunatamente non glielo permisero. Arrabbiato fece ritorno a casa.

Sul margine della strada, a pochi metri dall’accampamento dei nomadi, vide degli strani movimenti nella vegetazione da cui, poi, ne sbucò un uomo <salve amico? Come ti va> Barcollava, dando l’impressione di essere ubriaco, perciò l’ignorò tenendosi a distanza. All’improvviso alle sue spalle sentì un lievissimo rumore, si voltò di scatto e fece solo in tempo a mettere mano sull’impugnatura della pistola, quando sentì un ago penetrargli le carni, poi la vista gli s’appannò e si sentì cadere…

Si risvegliò in quello che sembrava l’interno di una tenda, delle persone vedendolo riprendere si fecero avanti. Alan aveva ancora la testa confusa e non riusciva a comprendere quello che i rapitori gli stavano dicendo, forse avevano usato un qualche sonnifero.

Dopo pochi minuto le loro parole si fecero più nitide e definite, <…cose. Ci deve scusare per i metodi che abbiamo usato, ci creda…> l’uomo lo guardava attendendo una risposta per capire se finalmente era cosciente.

Quando stava per rinunciarci Alan sbuffò sbattendo gli occhi ancora appiccicosi <se non avevate cattive intenzioni potevate avvisarmi, avrei sicuramente accettato un colloquio con voi> gli rispose con la bocca impastata.

<Ne dubito! Il soldato Yvanovic ha affermato che per un pelo non gli avresti sfondato il cranio con quella pistola… non convenzionale> aggiunse l’ultimo commento in un tono divertito. <Comunque, ritornando a noi, vorrei farle delle domande riguardo alla banda di nomadi.>

<A che riguardo, signor…?>

<Mi scusi Alkampfer, mi presento, sono il professor Hyodusho e lavoro per un’organizzazione segreta giapponese.>

<Organizzazione segreta? Sta scherzando non è vero? Che cosa stareste cercando?> chiese preoccupato e un po’ irritato per il fatto che avevano indagato su di lui: l’anonimato era la sua migliore difesa.

<Ogni domanda a tempo debito, ora lei dovrà rispondere a dei miei quesiti altrimenti…> diede uno sguardo efficace al killer.

<Non c’è problema risponderò> ad Alan quel tipo ingrigito e vestito per bene non faceva minimamente paura. Non era dello stesso parere però delle due giovani guardie armate, a qualche metro da loro.

<Bene sono contento della sua collaborazione. Cosa mi sa dire di quella banda?>

<Non so dirle molto, ho solo scoperto che sono dediti a rituali demoniaci, ma io non credo a queste cazzate!> affermò soddisfatto.

<La posso capire, la prima volta è difficile per tutti, ma mi deve credere se le affermo, che il suo amico Cobra ha ucciso un uomo posseduto da uno spirito demoniaco…> A quelle parole Alan ricordò lo sguardo di quel uomo. <…ed è anche stato fortunato a colpirlo subito alla testa, uccidendolo. Altrimenti si sarebbe trasformato e per voi sarebbe stato un mare di guai.>

Alan era sconvolto, non avrebbe mai potuto credere a tutto ciò, se non per aver visto quel uomo negli occhi.

Hyodusho vedendo il ronin stravolto gli rivolse nuovamente la parola <ho una proposta da farle. Se le interessa potrebbe aiutarci, del resto lei si è già infiltrato nel gruppo e potrebbe fare delle indagini. Le ricordo che un rifiuto non le porterebbe giovamenti Al, capito?…>

Hyodusho in un attimo si sentì afferrare la gola da una forte mano, e lo strangolatore disse <chiamami un’altra volta in quel modo e non avrai più la bocca per parlare, d’accordo?> Alan ebbe uno scatto d’ira e il professore fece un passo indietro per lo spavento, liberandosi così dalla presa.

<Non si preoccupi non lo farò più, mi scusi> si risistemò la giacca, indignato.

I due soldati stavano per intervenire, ma Hyodusho li fermò con un gesto della mano. Alan si calmò e proseguì <e se non ho scelta non dica tante stronzate!>

<D’accordo ora parlerò seriamente e senza mezzi termini, ora lei dovrà entrare li e portare fuori il loro sciamano> comandò con tono fermo e un leggero indurirsi della mascella.

<E come dovrei fare?> domandò in tono beffardo.

<Come vuole, questo è un suo problema, basta solo che lo porti da noi vivo. E in quanto a lei non cerchi di scappare, i nostri agenti hanno circondato l’accampamento, non riuscirebbe ad andarsene con le proprie gambe.>

Alan, avendo poca possibilità di scelta, accettò senza molto entusiasmo e ripresa la sua pistola si recò all’accampamento. I nomadi vedendolo ritornare lo guardarono di sottecchi, ma senza curarsene andò dalla donna che aveva conosciuto al night.

<Ciao Korìn> la donna se ne stava seduta sui calcagni a pitturare il volto di un lupo sul serbatoio di una moto, si voltò e lo guardò con sorpresa.

<Come mai già di ritorno Alan?> le sottili labbra gli si piegarono in un sorriso.

<Non avevo voglia di ritornarmene a casa, e ho pensato di vedere cosa faceva una bella ragazza come te a questa ora della mattina> Alan fece un sorrisino e i suoi occhi presero il colore blu dell’acqua.

Si mise in piedi. <Ma guarda te questo, io come tutti a quest’ora vado a dormire, tu no?> scosse leggermente la testa e i deboli raggi del sole le illuminarono gli occhi verdi.

<Beh io non ho sonno, perché tu si?> continuò a sorriderle con la faccia in un’espressione tra il da schiaffi e il da baci.

A questo punto la ragazza capì che non era un tipo che s’arrendeva ed affermò con gli occhi rivolti al cielo <dai, se proprio vuoi vieni a farmi compagnia.>

Il sonno tardò a venire…

Scritto il: 27/11/2004 (circa)
basato sull’ambientazione di un gdr Ammo edito dalla Planetario ed influenze del genere Cyberpunk.

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