La figlia di Rimbaud e altre poesie

Libreria Francavillese
La chianca
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3 min readApr 1, 2016

Le poesie che seguono sono tratte da Il circo di carta (Raffaelli Editore, traduzione di Emilio Coco) del poeta cileno Mario Meléndez Muñoz, a cui abbiamo associato tre foto di Michela Benaglia.
Ringraziamo gli autori per averci concesso le loro opere e vi auguriamo, come al solito, buona lettura.

La figlia di Rimbaud

La bambina dal vestito aperto
si alza nel momento
in cui le parole sono in festa
perché lei stessa è una festa
quando stende le sue cosce al sole
e il vento la percorre
con le sue dita infinite

Un triciclo di vetro l’aspetta
vicino ai fiori del cortile
e un nido di farfalle cieche
si spoglia tra le sue ossa di miele

E nel suo letto di piume azzurre
lei appende le sue trecce di grano
e conta le sue api morte
fino a che si addormenta
mentre la sera l’avvolge
con le sue labbra gialle

La bambina dal vestito aperto
si sveglia nel momento
in cui gli orologi sognano
perché lei stessa è un sogno
quando apre il suo vestito
e i passeri si ammucchiano
pazzi d’amore
sui suoi seni di carta

Appunti per una leggenda

Una donna è ferma su un ponte
che non è mai esistito

La sua pelle che mai fu baciata
fluttua sulle acque del tempo
come un ricordo senza volto

Una lettera che non fu mai letta
lotta per raggiungere la riva
perché qualcuno la scopra

Un uomo che non ha mai letto
che non sa leggere
che non ha appreso mai
trova la lettera e il corpo
sotto quel ponte

L’uomo piange impotente
mentre la lettera si disfa
tra le sue dita

Il fiume che è pieno di lacrime
si impietosisce di quell’uomo
e gli rivela il segreto della lettera

E l’uomo folle d’amore
unisce le sue notti e i suoi deliri
per scagliarsi da quel ponte
che non è mai esistito

Sinfonia nera

Eva appendeva i suoi morti alla finestra
perché l’aria leccasse i volti
pieni di cicatrici
Lei guardava quei volti e sorrideva
mentre il vento spingeva i suoi seni
verso la notte carica di vermi
Un’orgia di aromi scuoteva il silenzio
dove lei desiderava se stessa
e tra sospiri e addii
un grillo cieco diserbava
i suoi antichi violini
Nessuno si avvicinava ad Eva
quando allattava i suoi morti
la collera e il freddo
si contendevano la sua adolescenza
l’orgasmo sfociava nell’orrore
il desiderio nel sangue
e piccole creature violente
decollavano dal suo ventre
popolando le albe
di lutto e di incubi
Poi
quando tutto s’acquietava
e le ombre alla fine
ritornavano alla loro origine
Eva custodiva i suoi morti
baciandoli sulla bocca
e dormiva nuda su di loro
fino alla prossima luna piena

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