Sono io, il padre dei Gracchi.

E poi c’è questa cosa fastidiosa di quando inciampo nelle fotografie che pubblichi, quelle che facevo ai bambini quando erano più piccoli. C’è, sì, questa cosa che un po’ mi disturba, che io chiamo così, dell’appropriazione del mio orizzonte visivo: mettere nei tuoi occhi quello che i miei occhi hanno visto (e conservato, per i tempi dell’assenza, come questi). È l’allestire con dovizia la scena di un’empatia visiva che non ti appartiene, il costruirci ad arte le quinte di un universo affettivo così che mettendoci un like od un love tuo padre possa sentirsi nonno, tua sorella sentirsi zia, la tua amica sfigliata sentirsi un po’ materna, …

Ma queste immagini che pubblichi — e quel bolo emozionale di terra e saliva quotidiana che sottendono — sono mie, appartengono ai miei occhi. Basterebbe un minuscolo disclaimer di verità, come quando ci siamo ripresi le spoglie di San Nicola — e ci facciamo la festa patronale di rievocazione storica — e invece siamo andati solo a rubarle di notte, le ossa sante, ai turchi. Oppure, invece, perché non ci metti le tue, di fotografie, quelle tante nature morte della tua danza immobile di case disanimate, di traslochi, di polvere, di calcinacci, di muri, di stanze, di intonaci, di pitture, di rubinetti, di porte, di lavandini, di cessi?!? Cornelia, lo leggevamo a scuola nell’antologia di latino che, ad una matrona che ostentava i suoi monili, i suoi orecchini, e le sue collane preziose, avesse risposto «haec ornamenta mea!» — ecco invece i miei gioielli! — presentandole i suoi figli Tiberio e Gaio Gracco: ecco dunque, Cornelia sono io!

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Antonio Viesti
Libretto per le giustificazioni delle assenze e dei ritardi

Sono nato vicino ad un passaggio a livello. Conosco i percorsi delle autolinee urbane. Di solito dormo nel posto più vicino alla porta.