Vi evitavo già da prima.

Vi evitavo già da prima

Già da prima vivevo appartato, rasentavo i muri, cercavo gli angoli, mi tenevo a debita distanza dagli assembramenti, esperivo già buone pratiche di distanziamento sociale. Uscivo già poco la sera (compreso quando è festa), avevo già messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra, e stavo già senza parlare per intere settimane.

In qualche terra della memoria avevo già lasciato incustoditi i miei inni in disuso, accanto ad ex-fidanzate, parenti, vestiti in naftalina, appartamenti abbandonati.

I miei troppi 25 aprile: avevo già chiuso (la) bottega (dei souvenir), mi ero già reso irreperibile (e noi partigiani sappiamo come si fa a rendersi irreperibili), avevo già confinato la mia resistenza-liberazione in una irripetibilità storica.

Aprile era già da tempo il mese più crudele, perché genera lillà dalla terra morta e confonde memoria e desiderio.

E tuttavia anch’io aspetto. Di guarire dall’afasia della quarantena ermeneutica, di ricondurre fatti e pensieri ad un orizzonte abbracciabile ed agibile, ad una prospettiva, ad una nostalgia di futuro.

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Antonio Viesti
Libretto per le giustificazioni delle assenze e dei ritardi

Sono nato vicino ad un passaggio a livello. Conosco i percorsi delle autolinee urbane. Di solito dormo nel posto più vicino alla porta.