Angelo Carotenuto — Le canaglie — #LNP9

Salvatore Greco
LibriNonPolacchi
Published in
4 min readOct 14, 2020

Non capita certo spesso, ma per Le canaglie il primo elemento che mi ha incuriosito è stata la foto in copertina. Si tratta di una foto in bianco e nero di un uomo in pantaloncini, con le scarpe slacciate e che tiene in mano un fucile di precisione con tanto di mirino. Un quadro apparentemente sconnesso di mitezza domestica e violenza feroce che ritrae meglio di tante altre immagini l’Italia degli anni ‘70.

Del resto l’uomo ritratto nella foto non è uno qualunque, ma un simbolo di quell’Italia lì, volente o nolente: Giorgio Chinaglia, numero 9 della Lazio campione d’Italia 1973/74 e simbolo controverso di quella squadra di canaglie a cui Carotenuto ha dedicato il suo romanzo.

Romanzo, sì. Perché anche se molti dei personaggi sono realmente esistiti, resta pur sempre un’opera di narrativa e non un documentario. E non è nemmeno un libro di sport, qualunque cosa questa definizione voglia dire.

Chi ha letto i libri di David Peace, in particolare Il maledetto United o ancora di più Red or dead, può farsi da subito un’idea di cosa si parla qui. Le canaglie è un libro di quel tipo, un romanzo che parte dallo sport ma che sottrae i protagonisti al ruolo di figurine e li trasforma in personaggi letterari, incendiandone le contraddizioni, esplorandone i lati umani, immergendoli nel contesto.

Così Carotenuto si inventa Marcello, onesto fotografo di un giornale romano, scippato ai tappeti rossi e Cinecittà per andare a fotografare la cronaca nera e lo sport. Davanti alla sua macchina fotografica, si presentano a turno i giocatori della Lazio e i morti della Roma violenta di quegli anni. La Lazio del ’74 è piena di personaggi oggi iconici per gli appassionati. A partire dall’allenatore, l’elegantissimo e pacato Tommaso Maestrelli, con un passato da combattente clandestino a fianco dei partigiani jugoslavi in Montenegro e la grande capacità di condottiero di uomini. E poi Pino Wilson, figlio napoletano di un soldato britannico, Luciano Re Cecconi detto “il Biondo” morto ammazzato davanti a una gioielleria in una storia ancora oggi poco chiara, fino ad arrivare al più ingombrante di tutti: Giorgio Long John Chinaglia, croce e delizia della sua squadra e di tutto il calcio italiano di quegli anni.

Ancora lontani dal guadagnare le cifre dei calciatori di oggi, quei ragazzi della Lazio sono ventenni cresciuti in provincia, figli del dopoguerra con tutti i loro limiti, indisciplinati, caotici, violenti e mortalmente divisi sei giorni a settimana. Tranne la domenica quando si vestono di bianco e di azzurro e portano la Lazio in due anni dalla serie B a vincere lo scudetto. Carotenuto gioca con i retroscena di quella squadra, pizzicati dal fotografo al loro seguito: i lanci con il paracadute, la passione per le pistole, le risse, le sigarette, i night club, le rivalità dentro lo spogliatoio, le personalità trabordanti di alcuni di loro.

Sono uomini fragili più di quanto non siano pronti ad ammettere, nascosti dietro codici e appartenenza, mentre attorno a loro l’Italia si trasforma. Più si entra negli anni ’70, più Marcello deve correre a fotografare altro che non siano campi di calcio. Corpi squassati, sangue, fiamme.

Le canaglie è un romanzo che avanza così, a passo sghembo, raccontando il calcio e la violenza, mentre sullo sfondo l’Italia vota per il divorzio, scopre le scommesse e vive tutta l’incertezza di una stagione di paura in cui morire per sbaglio è incredibilmente facile. Per chi, come me, gli anni Settanta non li ha vissuti per questioni anagrafiche, questo romanzo meglio di molti saggi permette di capirne l’anima. Marcello guarda quel tempo dalla distanza, da uomo anziano con molta storia alle spalle e pochi rimpianti, e lo fanno con lui i personaggi che incontra e fotografa e con i quali confeziona questa storia.

Una nota finale sulla lingua di questo romanzo. Carotenuto fa parlare il suo Marcello spesso e volentieri in romanesco, cosa che di solito non amo affatto perché è capace di trasformare anche la più seria delle storie in una commedia di macchiette. Qui però funziona, in questa Roma di calciatori che dormono con il fucile sotto al letto, di donne pazienti che cucinano pasta e piselli, di madri e padri costretti a chiedersi perché il loro figlio adolescente sia morto ammazzato, il dialetto restituisce quell’intimità sincera e commovente che stride con i giornali di quegli anni. Inoltre, tra le pagine delle Canaglie, ci sono dei momenti memorabili, scatti rubati di letteratura che meritano di essere scoperti e raccolti.

Da leggere.

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