Kareem Abdul-Jabbar — Sulle spalle dei giganti — #LNP8

Salvatore Greco
LibriNonPolacchi
Published in
3 min readJun 7, 2020

Avevo già letto questo libro un paio d’anni fa, poco dopo la sua uscita per Add editore. E posso dire con una certa franchezza che all’epoca lo avevo comprato per sbaglio. Cercavo un libro di sport, genere del quale sono un grande consumatore, e ho trovato tutt’altro.

Per chi non lo conoscesse, Kareem Abdul-Jabbar è stato uno dei più grandi giocatori di pallacanestro del mondo, icona dei Los Angeles Lakers per tutti gli anni ’80. Dopo il ritiro dal professionismo, si è dedicato un po’ a fare l’allenatore e ora è uno scrittore a tempo pieno.

Io questo elemento non lo conoscevo. Come detto, mi ero avvicinato a quel reparto della libreria in cerca di una grande biografia sportiva. Venivo da un paio di letture eccellenti in quel campo, una biografia di George Best, un libro sulla Davis italiana in Cile, cercavo quel tipo di storie.

Il fatto è che Sulle spalle dei giganti di basket parla pochissimo, o perlomeno ne parla pochissimo nel modo in cui mi aspettavo che lo facesse. Kareem Abdul-Jabbar non parla qui della sua carriera, del mondo NBA, dei suoi risultati.

Parla di Harlem, invece, di quella Harlem che lui ha visto da vicino (anche senza viverci direttamente) e che lo ha ispirato profondamente. Parla della Harlem del primo Novecento e della Harlem Renaissance, il movimento sociale, politico e culturale nero che partì proprio da questo iconico distretto di New York City e articolato in letteratura, basket e musica jazz.

Può sembrare ironico che un uomo alto più di due metri possa scrivere un libro intitolato Sulle spalle dei giganti, ma l’intento dell’autore è proprio quello di giocare su questo per raccontare quello che l’ha portato a essere ciò che è diventato.

La Harlem Renaissance, con i suoi esponenti anche molto diversi tra loro, ha creato per Kareem Abdul-Jabbar lo slancio e lo stimolo per trovare un suo posto nel mondo, un’impresa resa non facile dal razzismo sistemico degli Stati Uniti d’America che lui, i suoi protagonisti, e anche la comunità afroamericana di oggi vivono e hanno vissuto sulla propria pelle.

Sulle spalle dei giganti insomma non è una biografia sportiva, né una biografia in assoluto di Kareem Abdul-Jabbar, ma è il ritratto collettivo di Harlem, della cultura afroamericana e dei suoi esponenti maggiori. Se i nomi del jazz, da Coltrane a Monk, da Armstrong a Davies, sono facilmente riconoscibili, i nomi della Harlem letteraria non mi sembra che abbiano avuto grande risalto in Europa. Leggendo questo libro si scopre un mondo, al contempo complesso e organico, di cui si parla ingiustamente poco.

Ho ripreso in mano Sulle spalle dei giganti in questi giorni del 2020 a causa della tragica morte del cittadino afroamericano George Floyd, ucciso da un poliziotto bianco di Minneapolis. I dibattiti sul razzismo sistemico, sui rapporti di forza negli Stati Uniti e sul senso delle proteste violente di questi giorni si riesce a capirlo meglio passando da questo libro.

Sulle spalle dei giganti racconta il modo in cui la comunità afroamericana (o perlomeno una sua parte molto influente) si è creata, unita, divisa, ha costituito i suoi simboli e posto i suoi obiettivi rispetto a una situazione di partenza estremamente difficile, di mancato riconoscimento e sfacciato rifiuto. Partire da questo, per leggere quello che succede oggi, mi sembra quantomeno saggio.

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