Paul Lynch — Neve nera — #LNP5

Salvatore Greco
LibriNonPolacchi
Published in
2 min readApr 16, 2020

Ho acquistato Neve nera di Paul Lynch circa un anno e mezzo fa e l’ho riposto sullo scaffale dopo averne letto una ventina di pagine. C’era qualcosa di faticoso nella sua prosa un po’ antica, densissima di similitudini, che mi ha fatto arrendere lì per lì.

Qualche giorno fa l’ho ripreso in mano, avevo voglia di cambiare atmosfere dopo le ultime letture, e mi sono detto che era il caso di riprovare.

Innanzitutto perché l’ha pubblicato il mio editore guru, 66thand2nd. Ogni libro di questo editore che ho letto non mi ha mai tradito. Che si tratti di letteratura sportiva, di narrativa o altro, li ho sempre trovati di mio gusto.

E poi perché ricordavo gli elementi che mi avevano promesso di incuriosirsmi: l’Irlanda rurale, il tema dell’identità nella collettività, una durezza degna di Sam peckinpah unita a un grande lirismo.

Così l’ho ricominciato. All’inizio, di nuovo, con una certa fatica. La scrittura di Lynch non è affatto amichevole, tiene le redini e non le molla, costringe il lettore a seguirlo nel suo modo di creare immagini che sono poi nitidissime, ma all’inizio — non saprei davvero come dirlo diversamente — godono di pochissima luce.

La storia è quella di Barnabas Kane, di sua moglie Eskra e di suo figlio Billy, abitanti di una fattoria irlandese alla fine della seconda guerra mondiale. Barnabas e Eskra si sono conosciuti in America, dove lui faceva l’operaio sulle travi sospese, a costruire i grattacieli di Manhattan.

Insieme, da sposati, hanno deciso di tornare in Irlanda e costruire lì la loro famiglia, in una terra in cui non essere stranieri, tra la propria gente.

La verità è che la comunità dove i Kane mettono radici, nelle campagne del Donegal, non li accetta mai davvero. Barnabas lotta con la diffidenza, la superstizione, il distacco degli altri fattori della zona. E perde.

Quando, in un incidente misterioso, la sua stalla prende fuoco e muore il suo bracciante Matthew, Barney si ritrova solo. Gli altri lo ritengono colpevole della morte di Matthew, sua moglie e suo figlio cadono vittime della tensione e di segreti inconfessabili, e Barnabas che prova a ricostruire faticosamente la stalla non si libera mai della cenere, della neve nera, della sua vita andata in fumo.

Davvero un gran bel libro, doloroso e commovente, pieno di ostilità, ossessione e di una violenza che non si sa se sia più dura quando si esprime o quando è repressa.

Forse i paragoni con McCarthy sono eccessivi, ma siamo in presenza di un ottimo scrittore. Consigliato senz’altro.

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