Joey Dijkstra: “you’re never alone. Fatigue will also be there for you.”

Miriam Ferraro
Life Beyond The Feed
14 min readJul 12, 2024

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di Sara Semenzin

Joey Dijkstra è un* 23enne, genderqueer, che vive nella città di Albany, in Australia. Nel suo profilo TikTok dichiara di essere statə unə sportivə e unə studiosə in ambito umanistico, ruoli che si sono affievoliti nel tempo a causa delle malattie da cui è affettə. Nel 2023 ha concluso un percorso di formazione per adulti presso la South Regional TAFE e, attualmente, lavora per Headspace e per Lifestyle Solutions. È di religione cristiana e utilizza i social per condividere ciò in cui crede, sia in ambito religioso che non.

In un episodio del suo podcast condivide un po’ della parte “non cronica di sé” e dice di apprezzare le sitcom, i film e la musica, in quanto fonte personale di felicità; le sue serie tv preferite sono: “Brooklin 99”; “The Office”; “Sherlock”; “The Good Place” e la saga di “Harry Potter”.

Tra le informazioni che ha deciso di rendere pubbliche nel suo profilo Facebook, vi è, invece, la sua citazione preferita:

and words are life. Your pumping blood and the breath of your lungs. The deepest parts of your soul and the dusty corners of your mind. My only hope is that you discover just what infinite possibilities they hold.

È, forse, proprio il potenziale insito nelle parole che l’ha portatə a sceglierle come mezzo prioritario da utilizzare per veicolare nobili messaggi di sensibilizzazione sulla malattia e sulla disabilità. Nonostante abbia ricevuto le diagnosi di: Depressione e Sindrome da Stanchezza Cronica (CFS/ME) nel 2016; Ansia nel 2018; Misofonia, Disfunzione della Visione Binoculare, Fibromialgia e di Disturbi del comportamento alimentare nel 2020, Joey si impegna per adottare una prospettiva capace di cogliere il lato positivo delle cose e tenta di fungere da supporto emotivo per i suoi seguaci. Lo scopo dei suoi profili è, infatti, quello di far sapere ad altre persone con le sue stesse patologie, che non sono sole in ciò che stanno affrontando; a tal fine, condivide le sue esperienze personali.

Essendo affettə da due disturbi cronici (ME e Fibromialgia), ha simpaticamente deciso di adottare l’ username “chronically.m.e” per i suoi profili social. Nel suo account di IG, a tal proposito, è possibile apprezzare la vena ironica con cui sdrammatizza le sue chronic illnesses; ne è un esempio un post di giugno del 2023, in cui compaiono le seguenti parole “you’re never alone. Fatigue will also be there for you. Always” (Figura 1) alludendo al fatto che la stanchezza sia sempre presente e che non lascia mai solo chi è affetto dalla ME.

Figura 1

Il suo tentativo di adottare un punto di vista sempre positivo è esemplificato da una cartella in evidenza, presente in entrambi i profili IG, intitolata “Smiles” , al cui interno vi sono una serie di stories in cui vengono elencate le “cose che lǝ fanno sorridere”. Infatti, nella premessa evidenzia come molto spesso ci focalizziamo sugli aspetti negativi della vita, dimenticandoci di godere di quelli positivi o, peggio, permettendo che i primi offuschino i secondi. L’influ-activist ci ricorda, quindi, che esistono tante piccole cose belle che aspettano solo di essere apprezzate come, ad esempio, le belle giornate in cui il sole ci scalda il viso; il cielo; le nuvole; il suono degli uccellini; la calma dell’oceano; le passeggiate in mezzo alla natura; stare in famiglia e con le persone a noi care e via dicendo. Ci esorta quindi ad un cambio di prospettiva quando esprimiamo giudizi su ciò che ci circonda e ciò che viviamo.

Con quanto espresso finora, non si intende far passare l’idea che si tratti di un profilo che minimizza la malattia o che finga che questa non esista/che non abbia delle conseguenze: Joey, infatti, appare coscienziosǝ, prontǝ a fare informazione e sensibilizzazione, dispostǝ a condividere le proprie esperienze e, al contempo, ad ascoltare quelle altrui, sottolineando come il “parlarne” non equivalga ad essere un individuo né pessimista né debole, bensì capace di accettare la propria condizione e in grado di sentirsi “giusto” per quello che è. Insegna, inoltre, una cosa che molti di noi spesso si dimenticano, ossia che non esiste una vita perfetta e che va comunque benissimo così.

In definitiva, dai suoi profili emerge una figura solare, ironica e consapevole, che afferma di mettere l’anima, il cuore e la creatività in tutto ciò che fa e in cui crede. Tutto ciò è riassumibile con il termine greco “meriaki”, che compare nella sua biografia di Instagram.

L’analisi dei social

I social network che Joey utilizza sono: Instagram; Facebook; TikTok; Linkedin e Spotify.

I relativi profili non vengono aggiornati con una frequenza costante e, anzi, talvolta possono trascorrere dei mesi prima che venga postato un nuovo contenuto. Nello specifico, su TikTok l’ultimo video risale a novembre del 2023, mentre su Instagram ha pubblicato l’ultimo post a febbraio del 2024; entrambi i profili, tuttavia, presentano una vasta quantità di video e foto pubblicati negli anni. Oltre al profilo IG in cui fa attivismo, ne ha un altro, come già detto, con un numero inferiore di follower, in cui esprime il suo lato creativo e artistico; in esso l’ultima pubblicazione risale a gennaio 2023.Su Facebook l’ultimo post caricato è di gennaio dell’anno corrente, mentre il mese successivo, quindi a febbraio, è stato condiviso l’episodio più recente del suo podcast su Spotify. Il suo profilo su Linkedin, tra tutti, è quello che è stato aggiornato più di recente, tant’è che l’ultimo post risale a due mesi fa.

TikTok: i video che carica in questa piattaforma sono generalmente di tre tipologie: balletti; scenette ironiche tramite cui spiega i meccanismi tipici della CFS e video in cui condivide la gioia per i piccoli obbiettivi raggiunti o l’emozione per eventi o progetti che la rendono felice. Si tratta sempre di contenuti amatoriali e poco curati a livello tecnico; sono video replicabili anche da utenti che utilizzano questo social solo a scopo di intrattenimento.Su TikTok, più che negli altri social, emerge maggiormente la sua autoironia, con cui sembra affrontare anche le sofferenze più grandi.

Tra i video più rappresentativi, segnalerei sicuramente il terz’ultimo e il penultimo video pubblicati, risalenti all’8 ottobre 2023 e al 13 ottobre 2023, in cui rispettivamente ironizza sulla PEM (un malessere e una stanchezza che si manifesta in seguito a una attività che richiede un dispendio energetico) e gioisce per essere riuscitǝ a fare una camminata di pochi minuti che, nel suo caso, rappresenta una piccola vittoria importante (tutti questi traguardi vengono condivisi anche in una cartella in evidenza su IG, la cui copertina ha “accomplishments” come titolo). Ho individuato questi due contenuti perché penso rispecchino a pieno la sua narrativa del dolore, affrontato con coscienza, ma senza lasciar troppo spazio alla negatività; promuove, infatti, continuamente l’empowerment della persona e il self-love.

Figura 2 . Video scaricato dal profilo TikTok @chronically.m.e

Instagram: il profilo è costituito da post che fanno riferimento alle malattie di cui ha ricevuto una diagnosi e alle relative conseguenze. Nello specifico, si occupa di fare informazione, nel tentativo di ricordare alle persone che, come l**, ne soffrono che non sono sole nelle difficoltà che incontrano quotidianamente; cerca, al contempo, di fornire loro una prospettiva più positiva e delle strategie per affrontare al meglio le giornate e per gestire il rapporto con loro stessi. Tramite i suoi post, intende inoltre ricordare una cosa importante che molti di noi spesso dimenticano e cioè che ciascuno di noi vale e che, a prescindere dalle nostre condizioni psico-fisiche, dobbiamo amare noi stessi e il nostro corpo, rispettandone i limiti.

I contenuti che pubblica sono generalmente di due tipi: selfie mentre sorride oppure mentre vive un momento di difficoltà (spesso in preda alla PEM) (Figura 4)3; in entrambi i casi si tratta di foto non professionali e prive di filtri. Compaiono, inoltre, dei post con uno sfondo grigio (Figura 5)4, in cui vi sono scritte delle frasi brevi, che vengono poi approfondite nella descrizione (si tratta di pubblicazioni in cui fa informazione sulle malattie, invita ad ascoltare il suo podcast o in cui, tramite incipit accattivanti, riesce a parlare in maniera leggera, ma seria, di problematiche legate alle sue chronic illness o a condividere un punto di vista ottimista a riguardo). Ci sono, infine, dei contenuti in cui si espone a livello politico (Figura 6)5.

Figura 3. Screenshoot dal profilo IG @chronically.m.e
Figura 4. Screenshot dal profilo IG
Figura 5. Screenshot dal profilo IG

Spotify: in generale, il podcast nasce con lo stesso obiettivo per cui ha creato il secondo profilo IG, ossia fare sensibilizzazione sulle malattie croniche e sulla disabilità. Per fare ciò, struttura gli episodi sottoforma di una conversazione con gli ospiti che di volta in volta propone. Nell’ultimo episodio caricato, per esempio, sono presenti due sue amiche, Niesh e Possum, per parlare del tema della neurodivergenza e, nello specifico, del Disturbo dello spettro autistico e dell’ADHD. Si tratta di persone adulte che hanno ricevuto delle diagnosi tardive a causa dei limiti del Sistema Sanitario pubblico, che è lento e estremamente costoso. Un sistema per cui se non sei “abbastanza disabile, non meriti degli aiuti”, che non rispetta, talvolta, nemmeno i diritti inalienabili di ciascun essere umano e che di fronte a malattie di difficile rilevazione, come può essere una mental illness, tende a sottovalutarne le relative conseguenze e difficoltà.

Questo trattamento, porta le persone con neurodivergenza a provare sentimenti contrastanti: da un lato la vergogna per la propria condizione che, nella maggior parte dei casi, garantisce l’essere soggetti a stereotipi e discriminazioni; dall’altro il desiderio di riuscire ad essere fieri dei piccoli e grandi traguardi che raggiungono e di essere orgogliosi della persona che sono, perché la disabilità non priva di valore chi ne è portatore. Essendo, però, consapevoli degli stereotipi e delle discriminazioni vigenti nel mondo della disabilità, chi ne possiede una si trova spesso costretto a mentire sulla propria condizione, nella speranza di non essere così privato delle varie possibilità che hanno tutte le persone a sviluppo tipico come, ad esempio, quella di esercitare un lavoro.

Linkedin: nel profilo in questa piattaforma sono stati caricati pochissimi contenuti. Ciò che, secondo me, è degno di attenzione è il fatto che solo in esso vi compaiono pubblicazioni relative al suo essere genderqueer, tema che però non viene particolarmente snocciolato.

Headspace: quando l’attivismo incontra la salute mentale ( e la commercializzazione

Joey pubblicizza, tramite i social e in maniera indiretta, Headspace, l’organizzazione non a scopo di lucro per cui lavora; invita anche ad acquistarne le magliette per sostenere la salute mentale. I relativi contenuti hanno un aspetto amatoriale se creati direttamente dall’influ-activist, mentre professionali se sono condivisioni di post generati dall’organizzazione.

Promuove, inoltre, l’ascolto del suo podcast su Spotify.

In linea generale, ricorre alla tecnica del self branding: “esso implica la costruzione autoconsapevole di una meta-narrazione e di una meta-immagine di sé attraverso l’uso di significati culturali e immagini tratti dai codici narrativi e visivi delle industrie culturali tradizionali. La funzione del Self Branding è puramente retorica. Il suo obiettivo è produrre valore culturale e, potenzialmente, profitto materiale” (Alison Hearn).

Avendo una quantità esigua di follower, rientra nella categoria dei nano influencer, i quali generalmente hanno un pubblico numericamente molto limitato, ma al contempo molto coinvolto nel tema trattato dall’influ-activist. Quest’ultimǝ, inoltre, viene percepitǝ dai suoi seguaci come una persona autentica, trasparente, di cui potersi fidare e a cui poter fare riferimento, il che rende l’attivista una figura autorevole nell’ambito di nicchia in cui si espone. Ciò ha permesso a Joey di poter lavorare nei settori per cui si batte e anche di poter monetizzare tramite la commercializzazione di un libro tutto suo, intitolato “A Tour of Thoughts: a Poetic Tour Through the Mind”, e un libro per cui ha apportato il suo contributo, che invece si intitola “Chronically Empowered”.

La Mission

La linea editoriale portata avanti nei suoi profili risulta essere chiara e ben mirata, soprattutto su Instagram e TikTok. Dijkstra si occupa di fare informazione, sensibilizzazione e attivismo, relativamente alle chronic e alle mental illness; si propone di fungere da esempio positivo per affrontare le difficoltà, attraverso un atteggiamento ottimistico ma, al contempo, ancorato alla realtà. Basa la sua narrativa sui concetti di empowerment, self-love, accettazione dei propri limiti e body positivity. Solo su Linkedin si è espostǝ anche sulla questione relativa all’identità di genere e in sostegno alla genderqueer.

Più volte ha giustificato le sue assenze prolungate sui social o la tendenza a pubblicare contenuti vecchi, già online su altre piattaforme, appellandosi alle difficoltà cui è continuamente sottopostǝ dalle sue malattie. Oltre a quanto affermato dall’influ-activist, azzarderei ad ipotizzare una poca costanza sui profili, per via di un atteggiamento in opposizione allo slacktivism, ossia una forma apparente di attivismo, che però non trova riscontro concreto nella realtà effettiva. Le azioni di Joey infatti, al contrario di quelle di molti altri influ-activist, trovano poi una corrispondenza nel mondo offline, tant’è che, come già affermato, lavora per delle realtà che si occupano di fornire sostegno alle persone con particolari malattie o disabilità, e si è espostǝ pubblicamente al Parlamento per perorare la causa della salute mentale; si tratta, ad ogni modo, di un’inferenza personale.In generale, i contenuti di attivismo sono in numero maggiore rispetto a quelli di carattere commerciale, che sono invece presenti in quantità irrisorie.

Essendo che Joey è un’influ-activist risulta interessante approfondire anche il modo in cui l’attività di questa categoria di lavoratori è generalmente percepita. Sicuramente, a differenza degli influencer tradizionali, gli influ-activist vengono maggiormente rappresentati come persone autentiche, in quanto si occupano di fare attivismo su temi di nicchia, in cui generalmente credono realmente e per cui investono a livello personale. Il ricorso agli influencer tradizionali, al contrario, nella maggior parte dei settori risulta essere inflazionato, portando all’effetto contrario per cui quella che doveva essere una voce autorevole, diviene in realtà una voce scontata e poco affidabile, che si espone per ottenere un riscontro economico12. Nel caso specifico di chi tratta le chronic illnesses, difficilmente emergerà una figura artificiosa, poiché l’azione di attivismo e sensibilizzazione passa anche attraverso il racconto personale della propria esperienza delicata, che quindi non verrà scredita da chi fruisce questi contenuti.

Gli influ-activist, inoltre, fanno spesso parte del meccanismo della social media advocacy, attraverso cui danno al pubblico quanto questo si aspetta di ottenere (Joey dà supporto a delle persone che lo ricercano, che hanno bisogno di sentirsi capite e di non percepirsi sole in ciò che stanno affrontando). Essendo riuscitǝ a creare una community di persone che lə seguono per quanto trasmette, questa si è “legata” all’influencer per la persona che è e non per i brand che pubblicizza, ed è qui che interviene Headspace, che utilizza l’influ-activist come intermediario tra l’azienda e la potenziale clientela. Anche Joy stessə sfrutta il proprio seguito, per promuovere la propria persona e ciò cui su cui lavora (come ad esempio i due libri, il suo podcast, ecc).

La platform society può rappresentare un cambio di paradigma?

Dal profilo di Joey emerge un’adesione alla pratica della cosmesi positiva: “una strategia di presentazione del sé socialmente orientata, che ha un intento prevalentemente gregario”. (1) È evidente il tentativo di costituire una community in cui chiunque possa sentirsi compreso, e tramite cui possa imparare ad adottare delle lenti differenti per osservare e riflettere sulla propria condizione. Per farlo, come già emerso nel corso di questa tesina, condivide anche le parti di sé che generalmente gli influencer che operano negli altri campi tendono a scartare: il bello e il brutto, in questo profilo, meritano in egual misura di essere esposti. Ciò che è apprezzabile, a parer mio, è che cerchi sempre di trarre un insegnamento o una prospettiva positiva dai frammenti più “scomodi” della sua vita, provando a trasmettere ai suoi seguaci quanto di buono ne ha tratto.

Questa sua forma mentis mi ha fatto venire in mente il cantante Eddie Vedder, il quale, tramite il brano “Society”, denuncia la tendenza della società contemporanea a ricercare sempre qualcosa in più di ciò che si ha e di ciò che si è, non riuscendo mai ad essere liberi, poiché intrappolati da questa continua ricerca del meglio in ogni ambito della vita.

Joey resiste a una società che lə immagina probabilmente affrantə per la sua condizione psico- fisica e lavora, giorno dopo giorno, per conquistare una sempre maggiore consapevolezza di sé, della propria forza e dei propri limiti, per poterli valorizzare e accettare, in vista di giungere al fine ultimo: l’amore per sé stessə. Tramite i contenuti che pubblica sui social, e a giudicare dai commenti che riceve, riesce a trasmettere questa percezione e questa consapevolezza che ciascuno deve avere di sé e della malattia anche ai suoi follower.

Ciò influisce sicuramente sul processo di piattaformizzazione, poiché il modo e i mezzi con cui queste contested illnesses vengono affrontate, porta ad una maggiore conoscenza delle stesse, che comportano inevitabilmente dei cambiamenti anche per le aziende che se ne occupano e che possono sfruttare la narrazione che se ne fa sui social, per perseguire fini economici. Infatti, per quel che concerne il ruolo che un’influ-activist operante nel campo del contested illness può ricoprire nell’influenzare o meno il processo di mediatizzazione, non me la sento di esprimere un’opinione polarizzata. Se da un lato è, infatti, evidente che l’azione di Joey abbia promosso conseguenze positive, tant’è che è riuscita ad ottenere la possibilità di esporsi a Canberra, potendo dar voce alla propria esperienza nella massima sede dell’ambito politico nazionale, dall’altro, il fatto che si occupi di malattie non riconosciute che colpiscono prevalentemente le donne, non mi fa ben sperare in un cambio di paradigma.

Vivendo in un mondo in cui buona parte dei Paesi si fonda su un sistema patriarcale, la conseguenza più evidente è la sottorappresentanza, in più ambiti, della popolazione femminile, la quale tutt’oggi non vede riconosciuti molti diritti inalienabili; per rimanere in ambito sanitario, ci basti pensare che nel 1998 ha preso vita il progetto “Una salute a misura di donna” che ha messo in evidenza la tendenza a sottovalutare le problematiche lamentate dalle donne, la mancanza di risposte adeguate e le conseguenti carenze trasversali. Che sia proprio l’era digitale quella capace di apportare un cambiamento significativo in merito?

Questo, secondo me, è ancora da vedere. Quello che è certo è che diverse persone si sono riconosciute nella storia di Joey e/o hanno empatizzato con l** e, quindi, un’organizzazione come Headspace ha potuto sfruttarne il potenziale comunicativo per promuovere una forma di brand activism progressista, messo cioè in atto allo scopo di generare un cambiamento sociale positivo. Il potere dell’influ-activist in questo processo non è, secondo me, da sottovalutare, poiché la persona che si cela dietro a quel profilo privato detiene un potere che nessuna azienda potrà mai avere: l’autorità di chi vive sulla propria pelle una determinata condizione. Nessuno può parlare di qualcosa come chi parla di sé stesso. Un medico che trasmette le sue conoscenze del caso, non sortirebbe mai lo stesso effetto che ha, invece, chi parla di sé, dei propri problemi, delle conseguenze ad essi legate, di come si sente e delle strategie che adotta per sentirsi meglio. Sebbene mi sia capitato più volte di imbattermi in influ-activist che, involontariamente, facevano disinformazione, poiché “spacciavano” la propria personale esperienza per verità assoluta e immutabile, risulta comunque evidente come le narrazioni di chi percepiamo come nostro pari siano una rappresentazione in cui riusciamo a rivedere noi stessi con più facilità e a cui, quindi, ci aggrappiamo con più forza.

Vista l’influenza che queste persone hanno su molti di noi, ritengo sia fondamentale una certa cura e attenzione, da parte loro dei messaggi che veicolano. D’altronde non si è mai fatto mistero del fatto che “da grandi poteri, derivano grandi responsabilità” che bisogna assumersi quando ci si espone, sapendo di influenzare la vita delle persone che credono in noi.

(1) Josè Van Dijck, Thomas Poell e Martjin de Waal, Platform society. Valori pubblici e società connessa, Guerini, Milano.

Bibliografia

Coppetto R. Social Media Advocacy: vantaggi e suggerimenti utili. Consulenza Social Media. 2016. Tratto da https://www.consulenzasocialmedia.it/social-media-advocacy/

Van Dijck J., Poell t. e de Waal M. Platform society. Valori pubblici e società connessa, Guerini, Milano.

Che cos’è il self branding: come costruirne uno di successo (n.d). Tratto da
https://www.libellulagraficalab.com/che-cose-il-self-branding-come-costruirne-uno-di-successo/

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Miriam Ferraro
Life Beyond The Feed

Ph.D Student at @Unife. I deal with Sociology of Health, Epistemic Injustice and Contested Illnesses.