Malattie contestate: che cosa sono?

Miriam Ferraro
Life Beyond The Feed
3 min readMay 30, 2024

Il discorso pubblico intorno al riconoscimento di alcune malattie contestate come, ad esempio, la fibromialgia e la sindrome da stanchezza cronica (CFS/ME), è un fenomeno relativamente nuovo che sta dividendo l’opinione pubblica.

La controversia che emerge, infatti, è la seguente: come riconoscere ad una persona una diagnosi che non esiste?

Ricordo di essermi imbattuta in questo tema durante i miei primi anni di studi universitari, quando una mia amica e collega, tentando di condividere con noi la propria esperienza, raccontò dei suoi dolori perenni e della difficoltà nel trovare qualcuno che sapesse dare un senso ai propri sintomi.

Interessante fu anche la reazione delle persone che ascoltavano la sua storia e che, pur non essendo del settore (ma, si sa, gli studenti universitari devono sempre dire la loro), tentavano di trovare una spiegazione scientifica:

“Non è che potrebbe essere artrite?”

“Potrebbe essere legato al sistema nervoso?”

“Forse è solo stress?”

Questo può essere un esempio di ciò che si prova quando il proprio corpo non soffre come gli altri e quando, ogni giorno, devi ricordare agli altri che sei affetta da una malattia — che non esiste.

Uno dei principali problemi nella teorizzazione delle Contested Illnesses è di natura definitoria. Il processo di riconoscimento formale di una nuova malattia all’interno della tassonomia medica è complesso, richiede tempo e risorse. La conoscenza medica è fortemente influenzata da fattori sociali e non è completamente neutrale, riflettendo strutture intersezionali e storicamente radicate.

Per questo motivo le malattie contestate rappresentano un effettivo fenomeno sociale, poiché qui la conoscenza medica si scontra con il vissuto delle pazienti. Il rischio in questa particolare interazione tra medico e paziente è il cosiddetto epistemic smothering (soffocamento epistemico), in cui quest’ultima, non avendo le conoscenze per poter dimostrare l’impatto debilitante della propria sintomatologia, viene troncata nella sua narrazione, impedendole di dare un senso alla propria esperienza.

Tuttavia, grazie al progressivo avvento dei social media, iniziare un’attività di «vlogging» può essere uno strumento per rompere il soffocamento epistemico e contrastare le esperienze di gaslighting medico.

L’importanza di costruirsi un’identità social come patient advocate sembra un modo per incorporare le norme di impegno e auto-responsabilità dei social media e tornare, quindi, a dare un senso al proprio vissuto.

In questo blog esploreremo il lavoro dei content creators che utilizzano i propri profili per farsi portavoce di questi temi.

Chi sono questi influencer? Come lavorano? Quali temi discutono?

In che modo influenzano i propri follower e il discorso pubblico? In che modo le loro attività online comportano pubblicità e monetizzazione?

Sono attivisti online, influencer commerciali o un ibrido tra queste due figure?

Benvenute e benvenuti in Life beyond the feed, il blog del corso di Sociologia dei media digitali dell’Università di Ferrara. Nelle prossime settimane potrete leggere i migliori lavori delle studentesse e degli studenti del corso, che hanno analizzato i più significativi casi di influencer che si dedicano alle malattie contestate e temi affini.

Rimanete sintonizzat* per saperne di più!

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Miriam Ferraro
Life Beyond The Feed

Ph.D Student at @Unife. I deal with Sociology of Health, Epistemic Injustice and Contested Illnesses.