Non comprate il nuovo Macbook

coniglione
L’Indice Totale
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8 min readMar 11, 2015

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Il nuovo Macbook da 12" è bellissimo. Ma non compratelo.

Non c’è che dire. Il nuovo Macbook è la realizzazione dei sogni di una vita di Steve Jobs. Design essenziale e rifinitissimo, schermo clamoroso, il numero minimo di porte, nessuna parte in movimento, nessuna ventola, nessun rumore, una rilevante dose di glamour. Ed è finalmente un 12 pollici, anche se wide, la dimensione di schermo più tipica per i portatili non professionali Apple, colpevolmente dimenticata per troppo tempo a favore del 13, formato non abbastanza piccolo per la portatilità, non abbastanza grande per il lavoro. Una ciofeca. Come dimenticare il classicissimo Powerbook 12"? Forse uno dei design più belli della storia dell’informatica.

Il nuovo Macbook porta il concetto del Powerbook G4 da 12 pollici dei primi 2000 (quanto lo desideravo) all’estremo.

Steve ha sempre inseguito l’ideale di una macchina che si integra nella quotidianità, sia nei prodotti da casa e ufficio che nei portatili. Anche a costo di rinunciare alla prestazioni. Il Powerbook era più piccolo e leggero (2kg) dei portatili windows coevi che erano tipicamente da 15 pollici e pesavano almeno il doppio, aveva uno schermo relativamente più definito. Era in alluminio. Non nero come i plasticoni del tempo. Riprendeva l’estetica dei modelli Powerbook da 15" e 17" che erano macchine professionali, rendendola però più accessibile e disinvolta.

Ma il PB12 non era una macchina professionale. Il suo design era delimitato e ispirato dalla tastiera. Una tastiera di dimensione piena, favolosa (e mille volte meglio delle tastiere odierne a tastini piatti — era una vera macchina da scrivere). Il PB12 era puro design industriale, la forma era anche la sostanza.

Certo aveva un processore limitato, rinunciava a qualche porta di espansione rispetto ai modelli superiori o di altre marche. Era un computer destinato ad essere il cavallo da lavoro per giornalisti, scrittori, grafici in mobilità che però disponevano di magari un Power Mac in ufficio. Ma era soprattutto il portatile che utenti di un certo livello potevano tenere in bella vista nel tinello buono o portare nella casa sulla spiaggia o nell’attico di Manhattan senza doversi vergognare, anzi.

Se Carrie Bradshaw non avesse avuto già il Powerbook originale, quello in plasticona nera, un paio di anni dopo avrebbe avuto il PB12, e sarebbe stata anche molto più stilosa. Per dire.

Il PB12 faceva parte della linea dei Powerbook di alluminio, uno dei primi disegnati dalla squadra di Joni Ive, che si sostituivano ai PB di titanio, che ricordo, all’epoca erano in due fasce di prezzo: 7 milioni e 9 milioni di lire.

Con il PB di alluminio di Ive il design del portatile professionale diventava un po’ più alla portata di tutti. E il 12 era il piccolo di casa, forse non altrettanto professionale ma l’unico computer vero dell’epoca in grado di stare in una borsetta.

Oggi, 12 anni dopo, il 12" pollici torna. Sempre disegnato da Joni Ive. E porta a compimento (quasi) tutte le premesse del nonnetto.

L’alluminio rimane, ma non è più un rivestimento avvitato sul telaio. Oggi (e già da alcune stagioni di unibody) l’alluminio è la struttura stessa della macchina. Non esiste più già da alcuni anni, grazie sempre alle intuizioni di Ive, una distinzione fra esterno e interno. L’estetica esteriore è la struttura interiore, permettendo di più che dimezzare letteralmente lo spessore: da 3 cm a 1,3 cm.

Lo schermo è di dimensioni analoghe ma quadruplica la definizione. Le porte di connessione passano da una manciata a due. La durata della batteria passa da 3–4 ore a una decina. Il peso è passato da 2,1 kg a 0,9 kg.

La ventola non esiste più. E la tastiera torna ad essere il limite della scocca.

L’idea di Jobs e Ive sembra essersi realizzata. Ma oggi, a mio modestissimo avviso, il Macbook non va acquistato. Per lo meno se si vuole una macchina da usare con soddisfazione per qualche anno.

La Apple infatti col primo modello di una serie ha sempre lanciato più che un prodotto definitivo, un concetto, un’idea, una visione.

Ma alla novità di design che prefigurava il futuro non corrispondeva quasi mai un livello prestazionale in grado davvero di reggere il futuro.

Il caso limite era il Cube, arrivato troppo presto prima ancora che i processori fossero pronti a sfoderare prestazioni degne senza bisogno di ventole. Ma comunque i primi Powerbook erano lenti (e lo saranno sempre fino alla loro morte), i primi Macbook erano poco più che giocattoli, i primi Pro meh.

Per non parlare dei primi iPhone e dei primi iPad, dotati di processori limitatissimi e surclassati in pochi mesi (però hanno cambiato il mondo della telefonia e dell’informatica per sempre).

Anche oggi il Macbook sottiletta è dotato, forse, di un processore che avrà una scarsa durata nel tempo. Non sarà inusabile, ma probabilmente non brillerà. Certo sono finiti i tempi probabilmente in cui le prestazione degli Apple base erano imbarazzanti.

Ormai un iPhone o un iPad hanno prestazioni che una manciata di anni fa sarebbero state definite di classe desktop. I processori a basso consumo e fan-less (senza ventola) sono già oggi in grado di eseguire compiti complessi.

Quindi (aspettiamo però i benchmark) sicuramente il Macbook nuovo, nonostante il processorino ibrido di tipologia quasi mobile, garantirà prestazioni adeguate per l’utente medio, permettendo anche un po’ di fotoritocco e un po’ di montaggio video eccetera, senza pretese.

A parole siamo tutti tecnici della Nasa in procinto di lanciare un missile sulla luna, ma poi, alla prova dei fatti, che ci dovremo poi fare con i nostri computer (professionisti a parte)? Però è anche vero che le richieste di potenza da parte dei sistemi e delle applicazioni sono sempre più esose, quindi nel dubbio è meglio avere sempre un po’ più di margine in modo da essere tutelati per alcuni anni a venire senza subire eccessivi cali di prestazione.

Oggi il nuovo Macbook Retina 12" non ci dà questa garanzia.

Però sappiamo anche che quando Apple esce con qualcosa di nuovo stabilisce un nuovo standard e pigia quindi l’acceleratore sulla ricerca e sullo sviluppo di tecnologie più performanti.

L’iPhone originale era lentissimo perché essenzialmente non esistevano processori con grosso margine di potenza. O meglio, i primi iPhone andavano benone ma sono presto diventati lenti a causa degli sviluppi inevitabili della parte sofware. Ma il successo del nuovo concetto di telefono ha spinto i produttori — e poi la Apple stessa, a sviluppare unità di calcolo sempre più potenti.

Se l’Apple avesse aspettato che esistessero processori per telefonini più potenti l’iPhone non sarebbe mai uscito. E oggi staremmo ancora tutti a battere i tastini dei nostri Nokia N99998989 o Blackberry.

Allo stesso modo il Macbook nuovo è un laboratorio, un’esibizione. È un modo di urlare al mondo, agli appassionati e ai competitor guardate cosa sappiamo fare oggi, nel 2015. Guardate a che punto è arrivato il design e la scienza dei materiali. Guardate come siamo bravi.

E anche il nuovo standard produttivo (la scheda madre è ormai minuscola, un tempo occupava buona parte del telaio dei portatili) forzerà la mano ai produttori di processori (in questo caso l’Intel) a portare più potenza a parità di consumo e dimensioni.

Apple avrebbe potuto aspettare la presenza sul mercato di processori piccoli e potenti? Sì, forse. Ma quanto ci sarebbe voluto? Chi è che avrebbe aggredito e forzato il mercato a spingere la ricerca verso quella direzione?

Se l’Apple avesse atteso di avere una potenza di calcolo a disposizione degna degli altri modelli più grossi forse i nerd sarebbero stati soddisfatti. Non ci sarebbero state lamentele per la scarsa potenza (fin ora teorica) del nuovo dispositivo.

Ma se nessuno alza l’asticella del design e delle prestazioni, in realtà, la tecnologia non avanza. Anche se si fa pagare questa evoluzione agli early adopters.

E certo non ce lo possiamo aspettare dai produttori orientali, cinesi e coreani. Certo, sono dei grandi innovatori, dei grandi creatori di brevetti e tecnologia. Ma come filosofia produttiva continuano a muoversi nel solco già tracciato. Non hanno il coraggio e l’interesse di rompere gli schemi.

Copiano. E anche in questo caso copieranno (malamente), permettendo però alla concorrenza di stimolare lo sviluppo anche di ciò che oggi è carente, ovvero la potenza bruta.

Non mi sento un fanboy quando dico che se il mondo dell’informatica oggi è come lo conosciamo è merito della visione di Steve Jobs. E non perché Jobs fosse un santo.

Semplicemente perché inseguiva un ideale di design che si integra con le possibilità cognitive e fisiche dell’essere umano. Una tecnologia umanista. Purtroppo gli altri produttori di software e hardware hanno sempre ragionato dal punto di vista degli ingegneri. E mettere mano a un pc windows o a un telefono android ne è la prova lampante. E quando tentano di avvicinarsi ad un’esperienza di usabilità meno frustrante semplicemente copiano i temi di ergonomia della Apple.

Il signor Apple ha inventato l’informatica per i non tecnici IT.

E questo nuovo Macbook ne è la riprova. E per farlo, ancora una volta, la Apple ha forzato la mano. Eliminando ventole, eliminando porte, eliminando peso e spessore.

Oggi il Macbook è un giocattolino di design, un prototipo per beta user, una novità che sicuro andrà benissimo però sarà presto surclassata. Domani il Macbook, con giusto quel paio di implementazioni necessarie sarà il computer da acquistare per tutti quelli (il 99% delle persone) che in un portatile il 99% del tempo usano solo il buchino del caricatore e il buchino delle cuffie.

Ma a ben pensarci perché la tecnologia evolva velocemente bisogna che ci sia effettiva richiesta di piccoli processori più potenti, quindi bisogna che il Macbook 12 venda bene.

Quindi compratelo.

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