Un gommone è un gommone

Perché l’installazione per la retrospettiva di Ai Weiwei a Palazzo Strozzi è magnifica

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3 min readSep 22, 2016

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Facciamo un esperimento: chiediamo a chi contesta i gommoni appesi da Ai Weiwei a Palazzo Strozzi a Firenze che forma hanno le finestre che coprono. Sono ad arco o hanno una architrave lineare? Se lo sanno allora passiamo alla fase successiva:

parliamo pure del perché, secondo loro, un’installazione temporanea rovinerebbe Palazzo Strozzi.

Perché si tratta di questo, di un’installazione di arte contemporanea che verrà smantellata al termine della retrospettiva. Il 23 gennaio 2017 tutto tornerà come prima.

E ora respirate.

Photo Ai Weiwei

Dando per scontato che qualsiasi modifica all’assetto storico in Italia viene vissuta con più ansia e indignazione che se abolissero il campionato di calcio, noterò un paio di cose che rendono l’opera di Ai Weiwei straordinaria e perfetta:

  1. Weiwei non ha ricoperto Palazzo Strozzi di guano e sterco, non l’ha insozzato o umiliato. Ha fatto un’operazione concettualmente molto raffinata: ha letto la composizione architettonica della sua facciata, ha notato le somiglianze di alcuni dettagli (le aperture) con un oggetto oggi tristemente famoso (i gommoni degli immigrati) e ha enfatizzato una somiglianza formale unendo diversi universi di significati: quello architettonico del palazzo storico, quello materiale dell’oggetto e quello storico-sociale del dramma degli immigrati.
  2. Palazzo Strozzi è stato usato come un palinsesto che contestualizza un’opera d’arte contemporanea che dimostra di saperci dialogare perfettamente: antico e moderno che si guardano negli occhi e si parlano. E dicono cose, eccome se ne dicono. Palazzo Strozzi è nobilitato dall’installazione perché dimostra la sua forza compositiva: è una grande tela tridimensionale dipinta secoli fa che è ancora capace di avere un significato e una forza comunicativa. Come? Grazie a se stesso e grazie a un intervento contemporaneo che usa il suo linguaggio formale (la sagoma dei gommoni è la stessa delle finestre retrostanti) per veicolare un messaggio sociale.
  3. Ai Weiwei dimostra che l’arte può essere messa al servizio della società. Con le sue opere, soprattutto le più recenti, ha sensibilizzato l’opinione pubblica mondiale su una tragedia di proporzioni bibliche. Ha fatto di più lui di un’agenzia dell’ONU, per dio.
  4. Spesso l’arte, specie quella contemporanea, è autoreferenziale e onanista. Weiwei ha dimostrato che invece può essere molto facilmente comprensibile. Magari in forma polemica, ma del resto lui c’è abituato essendo considerato un contestatore nella sua patria cinese. Ma ha sollevato una questione. Per parlarne. Ha detto “Parliamo degli immigrati?”. Poi qualcuno ha inteso la provocazione come riferita a Palazzo Strozzi ma pazienza, siamo in Italia, litighiamo pure sul meteo.
    Intanto ha piantato un seme: quei gommoni sono il simbolo di una tragedia umanitaria, ne vogliamo parlare?

Con calma, accettiamo che non ha compiuto alcuno scempio e poi diciamo che ci piace o che non ci piace magari ma parliamo anche di questi esseri umani. E lo facciamo grazie a un’opera d’arte.

E poi dicono che l’arte è inutile.

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Martino Pietropoli
L’Indice Totale

Architect, photographer, illustrator, writer. L’Indice Totale, The Fluxus and I Love Podcasts, co-founder @ RunLovers | -> http://www.martinopietropoli.com