Zerocalcare ti odio

“Strappare lungo i bordi” è bellissimo, punto

L’Indice Totale
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4 min readNov 19, 2021

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Io ti odio Michele Rech al secolo Zerocalcare. Io ti odio perché non ne sbagli una. Io ti odio perché sai raccontare in un modo personale e intimo storie tue che sono pure nostre. Io ti odio non perché odi piangere (mi capita, che sarà mai) ma perché con Strappare lungo i bordi m’hai fatto piangere per molti ottimi motivi. E infine, caro Zerocalcare, io ti odio perché mi hai ricordato — e ci hai ricordato, aggiungo — che maturare, invecchiare e cambiare non significa andare solo e sempre avanti ma è soprattutto un tornare indietro, anche ossessivamente, come tu fai da sempre.

Ti odio perché mi hai ricordato che me l’ero dimenticato.

Ti odio anche perché mentre scrivo queste parole mi rendo conto che non sono neanche proporzionali a come sai raccontare una storia tu. Del resto non sto nemmeno scrivendo una storia: sto dicendo perché raccontando la tua racconti anche la nostra, una storia che avevamo dimenticato anche d’avere.

Strappare lungo i bordi è l’immagine che usi per dire che quando si è adolescenti ci si convince — o si è convinti da chi è più avanti di noi con l’età — che basta stare entro certi confini e seguire bene le istruzioni esistenziali e tutto andrà per il verso giusto. È quello che una volta era il mito borghese — una vita tranquilla la famiglia i figli il cane la casa le vacanze il posto fisso — e che ora, aggiornato, è il minimo esistenziale che ci si augura: che tutto vada in maniera mediamente decente, sapendo che quei modelli sociali sono morti e sepolti. Da decenni del resto l’incertezza è istituzionalizzata, è normale, ci si stupisce se qualcosa va oltre le nostre più misere aspettative, immaginiamoci quali abbiamo e cosa pretendiamo.

Invece che lamentartene tu insisti nel tuo avvitamento affabulatorio, parli in romanesco, è il tuo cervello che butta fuori cose senza filtro, che ritorna sempre sui propri passi per capire dove il sentiero ha deviato.

Per capire dove non ha strappato bene lungo i bordi. Perché da qualche parte, a un certo punto deve pure essere successo.

Io non ci avevo mai pensato caro Zerocalcare. Non ci avevo mai fatto caso ma sai che è vero? Ogni fallimento che ho collezionato l’ho sempre valutato col metro di quello che mi aspettavo di fare quando avevo 15 anni, forse anche prima. Quando avevo la tua età di quando raccontavi delle tue professoresse e di come volessi compiacerle e di come tutto partì da lì. Non tutto ma insomma, molto. Circa quando ti spiegarono di strappare lungo i bordi e tutto sarebbe andato bene (anche un titolo geniale hai trovato, maledetto).

Insomma parli di te, di mamma e papà, della scuola, degli amici eppure non l’ho vissuta come se andassi a bere una birra con un amico e mi parlasse del liceo e mi dicesse che ne ha nostalgia o chissaché. No, chi ha nostalgia cerca di ritornare al passato come un drogato cercherebbe nell’ennesima dose l’ebrezza della prima. Tu hai rielaborato il passato e ti sei dato delle risposte, hai capito che quello che sei oggi non è l’esito di ciò che eri nel passato ma di come hai reagito.

Il nostalgico ha un disagio del presente perché non è come il passato, invece la tua (e anche la mia) è più una nostalgia del presente.

D’un presente che evidentemente è diverso da come ce lo saremmo aspettati. Immagina una cosa del tipo: a 15 anni ti proiettano nel tuo presente attuale ma tu hai un’idea di come sarà il tuo futuro (perché l’hai visto, è la figura che ottieni strappando lungo il bordi) e invece quel futuro non è mica il presente in cui ti trovi, è un presente diverso, è questo presente in cui viviamo tutti noi. Ti viene nostalgia del presente che immaginavi nel passato, del futuro che non è stato.

In fondo, caro Zerocalcare, torni così ossessivamente a quei giorni per cercare la spiegazione, perché la tua delusione odierna l’hai creata tu, magari involontariamente, intendiamoci. Anche se sei un artista (come devo chiamarti? Va bene così? Mi mandi affanculo, c’hai ragione) di grande successo, anche se ora hai una solidità che non pensavi avresti mai avuto e a un certo punto avevi pure smesso di sperarlo, c’è sempre qualcosa che manca. O almeno la vedo così o dai quell’impressione. Torni sui tuoi passi cercando indizi che ti erano sfuggiti e dando nuove spiegazioni.

Chi sei oggi? Chi siamo oggi tutti noi, pressapoco della tua generazione (son più vecchio ma concedimelo)? Chi siamo diventati, paragonati a quello che pensavamo saremmo diventati a questa età?

Se non ci ricordiamo chi eravamo, cosa pensavamo, che strada abbiamo percorso non possiamo capirlo. Io mica ci pensavo, o meglio: ci pensavo ma senza rendermene conto. Se non sono soddisfatto, realizzato, me stesso, se ho sempre l’impressione che manchi qualcosa è perché qualche decennio fa m’ero fatto un’idea e poi ho strappato male lungo i bordi.

Però non so mica se ho sbagliato e non so neanche se quello che ero 30 anni fa aveva ragione.

Forse bisogna proprio strappare male e sbagliare per trovare qualcosa.

Ti odio, ma con grande affetto.

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Architect, photographer, illustrator, writer. L’Indice Totale, The Fluxus and I Love Podcasts, co-founder @ RunLovers | -> http://www.martinopietropoli.com