L’attuale logo dell’Azienda Trasporti Milanesi (foto di Stefano Corrada).

Design e ATM: come nasce un logo?

In occasione della Milano Design City vi raccontiamo alcune “chicche” sul logotipo dell’Azienda.

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Lineadiretta ATM
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6 min readOct 6, 2020

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di Daniele Marzano

Fino al 10 ottobre a Milano diversi distretti sono animati da eventi dedicati al design per rilanciare la città di Milano, punto di riferimento internazionale della cultura del progetto.

Immagine dall’account Instagram Fuorisalone con la guida agli eventi della Design City Milano

È l’occasione anche per noi per riflettere sulla nascita dei simboli che da diversi decenni accompagnano tutti i pendolari milanesi che utilizzano il trasporto pubblico. Spesso, dietro a un logo e a una sigla, c’è un grande lavoro di studio che diamo per scontato ma che vede l’impegno di grandi designer italiani: è questo il caso del logo ATM.

Gli studi sul logo ATM

Nel 1972, a Firenze, Giovanni Klaus Koenig e Roberto Segoni, due architetti e designer di fama internazionale — dopo aver progettato i “Jumbotram”, i treni della metropolitana di Roma e alcune carrozze delle ferrovie milanesi - si dedicarono a un’analisi approfondita per introdurre una nuova sigla e un nuovo simbolo per l’ATM. Azienda che, nel corso della sua storia, ha cambiato diverse volte denominazione, ma mantenendo sempre le stesse tre iniziali: Azienda Tranviaria Municipale alla sua nascita nel 1931, Azienda Trasporti Municipali dal 1965, Azienda Tasporti Milanesi dal 1999.

I due architetti, per prima cosa fecero uno studio dei simboli più famosi e decretarono che il migliore era quello della London Transport, che rappresentava più cose: “dalla ruota all’attraversamento della città, dalla metropolitana alla intersezione fra i due sistemi di trasporto, su strada e sotterranei.” La grafica era estremamente elementare ma anche estremamente efficace, tant’è che molte altre aziende di trasporto ne avevano tratto ispirazione, trasformando la loro sigla in simbolo.

Sull’account Instagram di Transport for London svetta il simbolo dell’Azienda

I due architetti italiani puntarono alla categoria “composita” dove il simbolo (iconico) è accompagnato dalla sigla (convenzionale). Per loro, far convivere segno e immagine in una sintesi era il caso ideale, così come avveniva per il simbolo ufficiale delle metropolitane tedesche.

Sigla e simbolo per ogni mezzo

Già nel 1971 gli studenti del corso di grafica ed Industrial design dell’Istituto d’Arte di Firenze studiarono varie sigle che dovevano sposarsi con i nuovi autobus acquistati da ATM. Sì, perché la grande difficoltà di trovare una sigla e un simbolo universali era proprio quella di renderli adattabili non solo ad ogni vettura, ma anche alle comunicazioni ufficiali dell’Azienda (biglietti, pubblicità, carta intestata, volantini, divise eccetera).

La sigla di ATM in una foto al Campus di San Donato nel 2020.

In un primo tempo si scelse esclusivamente una sigla fatta delle lettere A, T e M. Poi ci si rese conto che, essendo la sigla comune ad altre aziende municipali, non era sufficientemente caratterizzante dell’Azienda milanese: per essere riconoscibile, la sigla doveva sempre essere accompagnata dal simbolo del Comune di Milano. Nacque così lo studio più specifico su un simbolo.

La freccia? Ma ce l’hanno tutti!

Nel progetto grafico la prevalenza andava data quindi al simbolo, e le prime idee che vennero in mente ai designer andavano verso l’uso della freccia. Un simbolo che dava più di ogni altro il senso del movimento, concetto principe delle aziende di trasporto. Un segno, tuttavia, che ai tempi era già molto inflazionato: veniva utilizzato infatti nei loghi di altri settori industriali, per esempio dalle aziende che producevano razzi o trasformatori, ma anche medicinali e autoveicoli. Proprio per questo uso indiscriminato della freccia nei loghi, i due architetti Koenig e Segoni reputarono che non potesse essere così esclusivo e caratterizzante. Addio freccia: si decise di puntare sul colore. Esattamente così come avveniva per il logo rosso e bianco delle ferrovie inglesi, ma anche per la A stilizzata dell’Alitalia: bianca, rossa e verde.

Spoiler: perché il rosso e l’arancio?

Per capire la scelta dei colori del logo ATM bisogna necessariamente fare un passo indietro e tornare a quasi quarant’anni fa, quando una caratteristica visibilissima e immediatamente riconoscibile dei mezzi pubblici milanesi era la loro colorazione. Tutte le strade della città erano dominate dall’arancio delle vetture di superficie. Se si scendeva in metropolitana, era il rosso a farla da padrone, con la linea 1 del metrò. Anche i cartelli indicatori della linea 2, pur essendo la Verde, ai tempi erano rossi (nel 1972 la rete metropolitana milanese non si era ancora colorata di giallo e lilla).

Il famoso Filo di Arianna, elemento di design presente in tutte le stazioni M1.

“Basta accoppiare questi due colori, quindi, per ricordare a tutti che siamo inconfondibilmente a Milano”, si legge nello studio del 1972. I due architetti però non erano ancora soddisfatti, e decisero di aggiungere qualcos’altro, un concetto che caratterizzava, e che oggi caratterizza ancora di più, il servizio di ATM: l’interscambiabilità fra i mezzi di superficie e la metropolitana. Il simbolo avrebbe dovuto richiamare questa integrazione. I primi tentativi furono grafici diversi ma non convincenti: agganci, anelli di catena stilizzati e saldati tra loro (che però ricordavano troppo i prodotti della chimica organica, come si vede in foto), frecce che diventavano uncini. Alla fine i due architetti decisero di puntare su soluzioni più semplici.

Un’immagine originale tratta dallo studio del simbolo ATM del 1972 (Archivio storico ATM).

Il campo ormai si era ristretto e nella shortlist finale restarono in lizza tre ipotesi che possiamo mostrarvi direttamente dal documento originale dell’epoca:

L’immagine 36 era considerata troppo statica e la 38, con l’aggiunta delle frecce, venne definita “pleonastica”. La scelta cadde quindi sull’immagine 37, che aveva il vantaggio di riuscire a contenere la sigla e offrire una soluzione dinamica senza usare il simbolo della freccia. La fascia sopra di colore arancio per la superficie, e la fascia sotto di colore rosso per la ferrovia sotterranea.

E ora… sigla!

Una volta scelto lo schema del simbolo, restava un problema di non poco conto: l’inserimento dell’acronimo ATM, che provvisoriamente era stato adottato con caratteri minuscoli. I due architetti decisero di tornare alle tre maiuscole, sia per non confondere l’abbreviazione con quella della misura di pressione (atm.= atmosfere), sia per una questione estetica spiegata in maniera molto chiara: “Le tre maiuscole ATM sono egualmente alte, a differenza delle minuscole, dove occorre fare acrobazie per non far sporgere in alto la “t”, che per sua natura è più alta della “a” e della “m”.

Restava solo la scelta del formato dei caratteri. Subito si pensò alla serie Helvetica, che era utilizzata in metropolitana per i cartelli indicatori e anche sui mezzi. Tuttavia, pur essendo molto semplice, non si prestava a una caratterizzazione ideale per una sigla. Si arrivò così ai caratteri anglosassoni: si scelse il Clarendon che, con l’aggiunta di un semplice legamento tra le lettere, diede vita al logotipo che tutti oggi noi conosciamo:

I due architetti Klaus Koenig e Roberto Segoni, che non lasciavano nulla di intentato, studiarono anche un’edizione semplificata del marchio, in bianco e nero, che è stata usata negli anni sui biglietti o come intestazione. In quei casi le linee arancio e rosse furono sostituite con delle linee in bianco e nero.

Ed è bello pensare che ancora oggi in una Milano che cambia, in una ATM sempre più elettrica, svetti ancora su tutti i mezzi e le comunicazioni dell’Azienda il simbolo e la sigla frutto del pensiero di due grandi professionisti italiani. E per noi, non c’è momento migliore delle settimane della Design City Milano per ringraziarli.

Il logo Atm, in versione total white, svetta anche oggi sui nostri bus elettrici.

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