Discover Gingerly: Julia Bardo e la solitudine costruttiva

Federica Carlino
listengingerly
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8 min readFeb 9, 2021

Per fan di Sharon Van Etten, Father John Misty e Angel Olsen.

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Tra i vincitori dell’edizione 2021 del prestigioso Music Moves Europe Talent Awards, ideato da Creative Europe per aiutare e promuovere la crescita di nuovi artisti nel vecchio continente, c’è anche una giovane cantante di nome Giulia Bonometti, in arte Julia Bardo. Nata in terre bresciane e trasferitasi a Manchester per un segno del destino, Julia è un artista ancora tutta da scoprire. Per adesso ha pubblicato due EP e sta aspettando con trepidazione il giorno in cui potrà finalmente presentarsi al mondo con il sound che in questi anni, passando da un progetto all’altro ed evolvendo sia personalmente che artisticamente, è riuscita a costruire per se stessa. Ne abbiamo parlato in una bella conversazione via Zoom, che potete leggere di seguito, dopo aver premuto play e iniziato ad ascoltare attentamente!

  • Raccontami un po’ di te: come hai iniziato e come si è sviluppata la tua passione per la musica?

Ho iniziato per gioco: la primissima cosa che ho fatto è stata registrare tre cover solo cantate quando avevo 17 anni, così, perché ne avevo voglia. Poi le ho messe su Soundcloud e un ragazzo, che poi è diventato un amico e parte della mia prima band, mi ha contattato dicendomi che gli piaceva molto la mia voce. Ci siamo conosciuti e abbiamo iniziato un progetto che si chiamava Fauves, poi trasformatosi negli Own Boo quando avevo 18 anni. Dopo un po’ di tempo insieme, per vari casini ci siamo sciolti e io ho iniziato un nuovo progetto, che col senno di poi non mi rispecchia e non ho mai sentito mio: era nato con il mio ex fidanzato, che si occupava della musica mentre io ero alle prime armi sul songwriting e registravo solo la voce. A un certo punto, siccome ho sempre desiderato di andarmene dall’Italia, e sapevo che un giorno sarei andata a vivere in Inghilterra, mi sono detta che era arrivato il momento di farlo. Avevo 23 anni, e da lì mi sono messa d’impegno a imparare a suonare la chitarra e a scrivere pezzi, e ho cominciato a capire un po’ meglio come funzionava la musica. Dopo un po’ di tempo che ero qui a Manchester, ho deciso di iscrivermi ad una scuola di musica, con l’idea di imparare meglio e conoscere altri musicisti. Per una strana fortuna, in mezzo a tanti studenti giovani che suonavano Shawn Mendes nella sala comune, ho incontrato i due ragazzi con cui ho formato i Working Men’s Club, di cui ho fatto parte per circa due anni, continuando nel contempo a comporre anche cose mie. Quando Wichita mi ha offerto un contratto mi sono buttata, ho lasciato il gruppo e ho cominciato a fare esclusivamente le mie cose.

  • E come mai hai scelto Manchester? È stata una scelta ispirata dai Joy Division e i Van Der Graaf Generator, solo per dirne due?

No, in realtà no! Non è neanche il mio genere, non sono mai stata particolarmente appassionata di Joy Division o Smiths, cioè mi piacciono, ma non così tanto. È stata più una scelta dettata dal fatto che, venendo da Castegnato, in provincia di Brescia, sentivo che Londra era troppo gigante per me e non avrei saputo da dove iniziare. Manchester è uscita un po’ per destino: ero a Londra, sono salita sul treno per Bristol e non è mai partito, e l’ho preso come un segno.

  • Quindi proprio in avanscoperta!

Sì, a caso! E ora sono qui da quattro anni.

  • Vuol dire che è andata bene…

Sì, poi ovviamente la città non è il meglio che puoi trovare in Inghilterra, però dal punto di vista culturale e artistico è fantastica!

  • E come hai vissuto gli ultimi mesi di chiusura generale?

È stata un po’ una montagna russa, ma almeno sono a casa col mio fidanzato e non da sola. Mi sento un po’ impotente perché non posso pensare al mio futuro, non so cosa accadrà, e perché non posso neanche tornare in Italia e sono completamente isolata, come tutti.

  • Me lo chiedevo perché It’s Ok To Not Be Okay potrebbe essere un po’ l’inno di questo periodo.

Sì, me l’hanno detto in tanti! In realtà, quella canzone l’ho scritta circa due anni fa, ma l’ho fatta uscire perché mi sono detta che era perfetta per il momento… purtroppo.

  • Hai suonato in progetti molto diversi tra di loro, prima di debuttare da solista. Da Julia Bardo, ti senti finalmente te stessa?

L’album avrà finalmente il suono di cui sono contenta. L’EP che è uscito l’anno scorso mi rappresenta, ma mancava un po’ di grinta e di quello sporco che a me piace. Prima, quando suonavo nei Working Men’s Club, mi sentivo bene e la musica mi piaceva, ma c’erano troppi problemi all’interno della band, come negli Own Boo. C’erano troppe persone con un grosso ego che entravano facilmente in contrasto, io mi trovavo sempre in mezzo e non ce la facevo più. Adesso, a poco a poco, sto raggiungendo un suono che mi piace e l’evoluzione si potrà vedere dall’EP al disco. E speriamo che ci sarà un’evoluzione ancora più marcata dal disco 1 al disco 2… quando uscirà!

  • Domanda standard: come scrivi le tue canzoni?

È da un sacco di tempo che mi capita di prendere in mano la chitarra e mi escono le parole da sole. Quando suono, canto quello che mi passa per la testa e a volte mi chiedo: “Ah… perché ho cantato questa cosa?”. Poi magari vado a mettere a posto e mi rendo conto, riflettendo, di come ci sono arrivata. È una sorta di indagine interiore ed è tutto molto personale, a volte troppo, anche perché non riesco a scrivere di altre cose! Scrivo di ciò che so, e ciò che so e di cui ho esperienza, è fondamentalmente me stessa.

  • E qual è il testo più intimo che hai pubblicato fino ad ora?

Credo che il testo più personale debba ancora uscire. Di quelle che ho pubblicato fino ad ora, It’s Okay To Not Be Okay è la più intima, ma nell’album ci sarà molto di più.

  • Si sa quando uscirà?

Spero per settembre ma nulla è ancora definito, attendiamo sviluppi e decidiamo insieme all’etichetta!

  • Mi puoi dare qualche anticipazione sulle canzoni?

Siccome, per qualche motivo, molte persone hanno cominciato ad additarmi come una seguace della musica anni ’60 italiana, che ovviamente ascolto ma non esclusivamente, spero che con l’album si accorgano che non suono solo quel genere lì, e che il mio sound è contemporaneo con delle sfumature di anni diversi. Ascolto musica che va dagli anni ’60 agli anni 2000 in poi, e la mia musica è un misto d’ispirazioni derivanti da quello che ascolto.

  • Sei reduce dalla vittoria del concorso Music Moves Europe Talent Awards. Come vorresti utilizzare il premio che hai ricevuto?

Ancora non so bene, perché al momento è tutto bloccato, però mi piacerebbe fare un tour in Italia e in Europa. Per ora rimarrà lì!

  • Nell’intervista che hai rilasciato per il concorso hai detto di essere molto legata alle immagini e di cercare sempre un suono che rifletta una determinata immagine. Puoi spiegarmi meglio come interpreti questo legame? C’è dietro una tua passione per il cinema?

Sono ossessionata dalle immagini, mi danno sempre un’emozione diversa, e quando cerco di descrivere un suono non riesco a farlo se non cercando una rappresentazione visiva. Anche quando ascolto musica, chiudo gli occhi e vedo sempre qualcosa di definito. Passo la maggior parte del mio tempo a osservare e a cercare su Pinterest e simili cose che mi colpiscano visivamente. E poi sì, amo il cinema, se non avessi fatto musica probabilmente avrei fatto l’attrice, perché lo adoro, è uno strumento potente e una delle cose più belle che abbiamo. Qualche settimana fa, ho riguardato La Notte di Michelangelo Antonioni, e a parte i dialoghi che sono bellissimi, tutti i frame sono pura poesia e sono fiera di essere italiana per questo motivo, per la capacità di trasmettere così tanto in così poco. In questo lockdown non ho fatto altro che vedere film!

  • Quali altri film ti hanno colpito particolarmente?

Giulietta Degli Spiriti e 8 e mezzo di Fellini, poi La Grande Bellezza, e degli ultimi usciti I’m Thinking of Ending Things di Charlie Kaufman, che è uno dei miei registi preferiti. È molto esistenzialista e mi sento molto affine a lui per la percezione che ha sull’ansia del tempo che passa, la solitudine e altri temi che affronta.

  • Dato questo tuo amore per le immagini, ti piace anche la fotografia?

Non sono così ferrata, ma assolutamente sì, anche perché mi interessano molto le persone e trovo sia bello poterle guardare attraverso una fotografia e poter immaginare la vita che c’è dietro un’espressione o un gesto. Questo è un altro motivo per cui la recitazione mi affascina molto, perché puoi calarti nei panni di un’altra persona e cercare di capire per quale motivo vive la sua vita in un certo modo e fa determinate scelte.

  • In un certo senso anche nelle canzoni è così.

Sì! Però non puoi nascondere niente, puoi solo inserire in un testo pensieri che in realtà non ti appartengono, ma quando ti esibisci sei sempre tu, non puoi essere nessun altro. In generale, però, il bello dell’arte è che porta a pensare, a non essere passivi e ad esprimere quello che abbiamo dentro.

  • Hai mai pensato di cantare in italiano?

Sì, ma solo recentemente! In questo periodo a casa ho pensato a un sacco di cose… al futuro, a cosa accadrà… e mi sono detta: “E se cantassi in italiano e mi trasferissi in Italia?”. Per il momento sono solo pensieri, non so se si concretizzeranno mai. Ogni tanto aggiungo dei pezzettini in italiano nelle mie canzoni, ma non è la stessa cosa. Forse dopo l’uscita dell’album pubblicherò una canzone in italiano: non lo escludo a priori, è solo che trovo sia più difficile, anche se è la mia lingua madre. Intanto posso dirti che ho iniziato una collaborazione con un ragazzo e in questo nuovo progetto canterò in italiano!

  • Bene! In attesa di ascoltare l’album e questo nuovo progetto, e di poterti venire a vedere anche dal vivo, quando ricominceranno i concerti, puoi consigliarmi tre artisti emergenti che secondo te meritano di essere ascoltati attentamente?

Volentieri! Mi viene in mente Katy J Pearson, che è molto brava; Blanketman, che è il gruppo di un mio amico e ha un bel sound; i Black Country, New Road, e poi di italiani ti dico i Bee Bee Sea!

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Federica Carlino
listengingerly

freelance music journalist and passionate music supervisor