Perché “Swimming” di Mac Miller è l’album più sottovalutato del 2018

“Ho sempre cercato di realizzare album che invogliassero la gente ad ascoltare dall’inizio fino alla fine”. Quanti artisti possono dire di avere questo obiettivo in mente quando registrano un disco?

Federica Carlino
listengingerly
13 min readDec 29, 2018

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Seduto a bordo di un aereo invisibile, con gli occhi chiusi, i piedi sporchi dopo i chilometri macinati dal 2009 fino alla prematura fine dei suoi giorni, un completo rosa addosso e le mani unite in una posa quasi imbarazzata. La copertina di Swimming racconta già tanto in così poco, poi ascoltando l’album scopri un artista maturo, completo e appassionato, che avrebbe potuto crescere ancora di più se solo non si fosse arreso ai suoi demoni.

In molti, qui in Italia, lo conoscevano semplicemente come il ragazzo di Ariana Grande, poi disastrato e drogato ex. Anche io, lo ammetto, prima che morisse avevo ascoltato solo due canzoni, “My Favourite Part” (guarda caso un duetto con Ariana Grande) e “Dang!” con Anderson .Paak. Era uno di quegli artisti di cui rimandavo un ascolto approfondito, pensando ci fosse tempo, che non avesse ancora scritto nulla di particolarmente interessante. Invece, dietro a quell’aspetto poco curato e a quella voce svogliata, si nascondeva un vero artista, tant’è che alla sua morte i social si sono riempiti di messaggi di dolore scritti da illustri colleghi come Questlove, Kendrick Lamar, John Mayer, Thundercat e Tyler, The Creator, tra gli altri. Tutti musicisti affermati che hanno tenuto a sottolineare quanto il mondo della musica avesse perso. A quel punto ho iniziato a documentarmi, a scoprire chi era davvero, e ho rimpianto di non averlo fatto prima, di non aver seguito la sua evoluzione passo dopo passo. Il 7 dicembre 2017, esattamente tre mesi dopo la sua morte, Mac Miller ha ottenuto la sua primissima nomination ai Grammy Awards e nonostante la Recording Academy lo abbia probabilmente fatto per compiere un bel gesto, se la meritava sul serio e ne meritava anche molte altre. Perché? Vi faccio un riassuntino appassionato per spiegarvelo.

Prima di andarsene a soli 26 anni, Malcolm James McCormick ha pubblicato cinque album, sette mixtape, numerose produzioni firmate con lo pseudonimo di Larry Fisherman e persino un EP jazz registrato sotto il falso nome di Larry Lovestein & the Velvet Revival. A differenza di tanti colleghi della sua età, il successo per lui è arrivato dopo anni di faticosa gavetta e critiche, studio e distruzione. In rete gira un video che lo ritrae a 14 anni in una delle sue primissime rap battle.

Era impacciato, si guardava i piedi e si stupiva da solo della sua scioltezza nel trovare rime azzeccatissime. Perché il rap non era una delle cose che avrebbe mai pensato di fare, a quanto pare. Uno dei suoi amici d’infanzia, Jimmy Mourton, ha ricordato in un’intervista con Complex che il suo sogno da bambino era diventare un cantante. “Quando è entrato in pubertà, ha iniziato a mettersi sotto con la chitarra. Voleva diventare un cantautore, ma la gente odiava la sua voce, per cui ha lasciato che quel sogno svanisse”.

Il suo primo approccio con la musica sembra sia stato all’età di 6 anni, quando ha iniziato a prendere lezioni di pianoforte. Poi, da autodidatta, ha imparato a suonare la chitarra, il basso e la batteria, e scoperto il rap, ha formato un gruppo con l’amico Brian Green aka Beedie, i III Spoken. Ma come ha spiegato lui stesso tempo dopo, all’epoca era “solo un rapper bianco incazzato” e si faceva chiamare EZ Mac. Dopo aver ottenuto un po’ di successo in duo con un mixtape intitolato “How High” (uscito nel 2008), EZ Mac è diventato ufficialmente Mac Miller, si è chiuso in studio e ha iniziato a registrare mixtape da solo, pubblicandone due dal titolo “The High Life” e “The Jukebox” e ottenendo oltre 500.000 visualizzazioni su YouTube per i suoi primi video. Tutto questo ancora prima di finire il liceo.

Compiuti diciotto anni, la Rostrum Records ha pensato fosse arrivato il momento di metterlo sotto contratto, pubblicando due mixtape K.I.D.S. e Best Day Ever, la cui titletrack è accompagnata da un video in cui lo si può vedere da piccolo mentre rappa su “Rapper’s Delight”.

Poco tempo dopo, è uscito il suo album di debutto, Blue Side Park, in cui le tematiche trattate erano sempre le stesse (soldi, donne, erba e festini), su basi piuttosto scolastiche. Era un disco stilisticamente immaturo e poco coraggioso, ma comunque di alto livello per essere l’opera prima di un 19enne, considerando anche che nella prima settimana dall’uscita ha superato le 100.000 copie vendute, arrivando all’apice della TOP 200 di Billboard accanto a giganti come Adele con “21”, Coldplay con “Mylo Xyloto” e Michael Bublé con “Christmas”. Improvvisamente è diventato il primo artista indipendente di questo secolo a raggiungere il primo posto nella hit chart di Billboard, senza neanche avere dei featuring a sostenerlo nel suo esordio. Avrebbe dovuto essere molto soddisfatto di sé, invece le critiche dei giornalisti — soprattutto un voto ingiustamente spietato da parte di Pitchfork — lo hanno depresso a tal punto da farlo dubitare del suo potenziale. In un’intervista con Complex di qualche anno dopo ha poi rivelato di aver iniziato a fare uso massiccio di droghe proprio allora. (“Molte recensioni erano più su di me, come persona, ed è stata questa la cosa peggiore, ad essere onesto. A diciannove anni sei elettrizzato all’idea di far uscire il tuo primo album, poi lo pubblichi e nessuno rispetta chi sei e cosa hai fatto”).

Le cose sono iniziate a cambiare nel 2011, quando Mac ha deciso che avrebbe finalmente smesso di pensare a che tipo di musica avrebbe dovuto fare, concentrandosi piuttosto su cosa avrebbe voluto dire. Macadelic è stato il progetto della svolta, perché lì dentro si iniziavano ad intravedere la sua voce, la sua penna e i suoi pensieri, con qualche frecciatina qua e là per Pitchfork (Some devil with a pitchfork keep talking like he know me”), e anche il supporto di amici come Kendrick Lamar, Lil Wayne e Joey Bada$$. In quello stesso periodo però, proprio durante il Macadelic tour, ha iniziato ad abusare di un mix di codeina e prometazina (che in gergo viene chiamata lean o “purple drink”). “Ero talmente fuori tutto il tempo che i miei amici neanche riuscivano a guardarmi. Ero perso”. Per evitare di farsi vedere così dai suoi fan, si è disintossicato prima delle riprese del reality show Mac Miller and the Most Dope Family, dove oltre a cazzeggiare con gli amici nella sua nuova villa a Los Angeles in California, lo si poteva vedere registrare il successivo album Watching Movies with the Sound Off e parlare della sua concezione della musica e dei suoi alterego.

Watching Movies with the Sound Off, già dal titolo, era qualcosa di diverso: mostrava dei lati più intimi e un’instabilità emotiva che fino a quel momento non erano mai venute fuori. Era tutto più a fuoco, sia nei testi che nella musica e si cominciava a sentire una sicurezza di fondo che rendeva tutto più interessante. “Quando faccio musica, mi piace mettere qualcosa in TV di sottofondo. I film senza audio sono fantastici, ad esempio Beetlejuice è ottimo per scrivere musica […] Ero in un periodo in cui scrivevo tantissime canzoni deprimenti, e a un certo punto mi sono detto ‘più continuo a scrivere canzoni tristi, più ci divento’. Così ho deciso di buttare tutto fuori, ma divertendomici”.

“But me, I’m still trapped inside my head I kinda feel like its a purgatory
So polite and white, but I got family who would murder for me
Think I’m living paradise, what would I have to worry ‘bout?
Dealing with these demons, feel the pressure, find the perfect style
Making sure my mom and dad are still somewhat in love
All these backfires of my experiments with drugs
I experience the touch of my epiphany in color form
The difference between love and war inform me I’m above the norm”.

Dopo l’uscita di Watching Movies, il contratto di Miller con la Rostrum Records è scaduto e il rapper ha deciso di lanciare una sua etichetta, la REMember (così chiamata in ricordo di un amico scomparso, Reuben Mitrani, di cui ha preso le iniziali), con cui ha pubblicato quello che ancora adesso è considerato da molti il suo lavoro migliore, quello più oscuro e sperimentale: Faces. Con l’aiuto di Thundercat, della crew Top Dawg Entertainment e del suo alterego Larry Fisherman, è venuto fuori un mixtape tra jazz, rnb, rock e pop, con dei testi decisamente impressionanti. A soli 23 anni, Miller descriveva la sua routine giornaliera e tutto il suo malessere anestetizzato da droghe di ogni tipo. “I should have died already, came in I was high already”, diceva in apertura al disco, continuando con versi come: “Look at my reflection, I broke the mirror, It’s only for protection (ok), shit keep getting weirder (weirder)”, “Woke up annihilated, lying on the pavement, covered in items I regurgitated under a fire escape”, “At the rate I’m getting high, it’ll be hard for me to find tomorrow, But I just pray that I’ll survive tomorrow (Oh my God)”, “Doing drugs is just a war with boredom but they sure to get me […] A shame that my tragedy my masterpiece, yeah, Trapped inside these dreams of mine, Just trying to get some peace of mind […] Staring inside of Heaven’s eyes, the gates will never open, I’m smoking on this field of hope, waiting till my deal gets closed, I keep getting hotter but all I seem to feel is cold 22 don’t feel so old but I think I’m 82”.

“Mi facevo di un sacco di droghe in quel periodo”, ha raccontato in un’intervista con Billboard. “Adesso non mi drogo così tanto. Farlo tutti i giorni, ogni secondo, ti mangia la testa. Ti distrugge il corpo. Il piano per Faces era quello. “Grand Finale” doveva essere l’ultima canzone che avrei scritto su questa terra. Non mi sento più allo stesso modo ora”.

Un anno dopo, Mac Miller si è trasferito a New York e ha ripreso in mano la sua vita dopo aver firmato un contratto da 10 milioni di dollari con la Warner Bros. Il primo progetto sotto la major è stato GO:OD AM, un album decisamente più ottimista e positivo.

“Ain’t saying that I’m sober,
I’m just in a better place
I’m on my way over, I’m just running kind of late

“È facile dipingere una rappresentazione orribile della vita, se non ti dai la possibilità di vivere sul serio”, ha spiegato a Billboard. To everyone who sell me drugs, don’t mix it with that bullshit, I’m hoping not to join the twenty seven club”, diceva in “Brand Name”, ma alla fine la pace pareva trovarla sempre e comunque immaginando la sua morte, come ha spiegato lui stesso inserendo delle annotazioni ai suoi testi su Genius. Oltre al trittico conclusivo dell’album, la traccia più interessante è “Perfect Circle/God Speed”, in cui si sente persino la voce del fratello, Miller McCormick (che ha curato per lui tutte le copertine dei dischi), in un messaggio lasciato in segreteria durante i giorni di Faces.

[Interlude: Transition]
Your call has been forwarded to an automatic voice message system 412–9…. [buttons dialed] is not available [Miller McCormick]

“Hey man, I wish you were here, happy holidays Uhm, I love ya. And I hope you have a good night / weekend / I hope I talk to you soon, alright, godspeed”

Album dopo album, il numero delle tracce è diminuito e il sound è diventato più lineare, personale e definito. Neanche un anno dopo aver pubblicato GO:OD AM, Miller si è buttato su un nuovo progetto. Non stava neanche cercando di fare un nuovo album, come ha spiegato a Billboard dopo l’uscita di The Divine Feminine. “Avevo appena finito l’ultimo e volevo esplorare tutte le emozioni legate all’amore, per cui pensavo sarebbe stato un side project. Poi, appena ho iniziato mi sono reso conto che avevo tanto da dire e due giorni dopo l’anniversario di GO:OD AM, avevamo un altro album da pubblicare”. The Divine Feminine è l’album più rnb della sua (purtroppo breve) carriera e forse anche quello in cui canta di più. Quando è uscito, i media hanno pensato fosse una dedica ad Ariana Grande, con cui finalmente, tre anni dopo quel tanto chiacchierato bacio nel video di “The Way”, ha ritrovato un po’ di serenità. Ma The Divine Feminine non era per lei: era per il mondo. “Per questo disco mi sono ispirato al mondo, all’universo, alla storia dell’amore, alle sue emozioni, a come mi hanno influenzato”. È stato il primo ed ultimo album da sobrio che ha fatto, tra l’altro: “Mi sono reso conto di non aver mai registrato da lucido al 100%”, ha raccontato a Nylon. “Quando ho capito quanto fosse bello svegliarsi ogni mattina sentendomi bene, ho capito quanto fosse importante per me. Ho passato così tanti giorni aspettando che arrivasse il prossimo. Adesso vivo felicemente alla giornata. Finché riesco ad essere comunque creativo, sto bene”.

Mesi dopo, deve esserci stato un momento di debolezza, qualcosa che lo ha fatto ricadere nel baratro, come ha raccontato tra le righe Ariana Grande nel brano “better off”, incentrato su una “relazione tossica”. A maggio del 2018 i due si sono lasciati e poco tempo dopo lei ha ufficializzato la storia con Pete Davidson, mentre Miller ha reso pubblico il suo tracollo psicofisico andando a sbattere contro un palo, da ubriaco, a bordo della sua mercedes.

Quell’incidente, poi, è diventato il punto centrale del suo successivo progetto, l’ultimo, il culmine di tutto il suo percorso artistico e personale, l’album più sottovaluto del 2018: Swimming. Invece di affogare, schiacciato dai suoi demoni e rattristato dalla fine della sua storia, Mac ha pensato che nuotare fosse la cosa più semplice che potesse fare e quindi, traccia dopo traccia, ha analizzato tutti i motivi di malessere della sua vita, cercando una nuova prospettiva più positiva e ottimistica. Di cose da raccontare ne aveva tante e le ha messe quasi in ordine cronologico attraverso testi concisi ma efficaci, su produzioni curate da lui, Pomo, Jon Brion, J. Cole, Alexander Spit, Tae Beast, Cardo, Yung Exclusive, Parson Brown, Steve Lacy, DJ Dahi ed Eric G.

Il disco si apre con queste parole:

My regrets look just like texts I shouldn’t send
And I got neighbors, they’re more like strangers
We could be friends

I just need a way out of my head
I’ll do anything for a way out
Of my head

In my own way, this feel like living
Some alternate reality
And I was drowning, but now I’m swimming
Through stressful waters to relief
Yeah, oh, the things I’d do
Just spend a little time in hell

And what I won’t tell you
I’ll prolly never even tell myself
And don’t you know that sunshine don’t feel right
When you inside all day

Come Back to Earth: questo è il titolo del brano d’apertura, che forse può anche voler sottintendere “torna coi piedi per terra”, esci di casa e vivi, invece di sguazzare nel fango. Nella traccia successiva, Hurt Feelings, parla esplicitamente del suo incidente in auto, mentre in What’s The Use della sua ricaduta; in Perfecto si concentra sulla differenza tra la sua relazione con la droga e con una donna e in Self Care — il cui video adesso appare un po’ come un inquietante presagio — della falsa sensazione di benessere che danno gli stupefacenti. Poi arriva Wings, la quasi-guarigione, lenta e decisa, che cresce d’intensità insieme alla batteria, ai suoni aggiunti da Manzano fuori tempo rispetto al groove centrale, e prosegue fino a culminare in una lunga interferenza che porta al movimento, al ritmo dance di Ladders, le scale da salire per raggiungere un po’ di equilibrio nella vita.

Un momento prima, sei circondato da persone e un attimo dopo sei da solo a casa con i tuoi pensieri, spiega in Small Worlds, in cui rappa con una finta cantilena simile all’inflessione forzata di una frase sentita e ripetuta più volte. Ci sono pochi elementi dentro a questo pezzo, eppure è impossibile levarselo dalla testa, forse anche grazie alla chitarra di John Mayer.

Yeah, nine times out of ten I get it wrong
That’s why I wrote this song, told myself to hold on
I can feel my fingers slippin’
In a motherfuckin’ instant, I’ll be gone
Do you want it all if it’s all mediocre?

Conversation Pt. 1 è probabilmente una risposta a chi giudica senza conoscere, ma anche ai colleghi che si sentono arrivati dopo un paio di copie vendut, mentre Dunno è quasi sicuramente dedicata ad Ariana Grande, perché è un viaggio nei ricordi vissuti assieme ad una donna indipendente e desiderata.

Until, until, there is no longer
Let’s get lost inside the clouds
And you, you don’t gotta work harder
I can calm you down, yeah

In Jet Fuel spiega il circolo vizioso della dipendenza nutrita grazie ai soldi guadagnati, mentre in 2009, dopo una commovente apertura orchestrale, torna con la mente ad un anno prima del successo ottenuto con il mixtape K.I.D.S, per scoprire quante cose ha imparato da allora.

And sometimes, sometimes I wish I took a simpler route
Instead of havin’ demons that’s as big as my house, mhmm

Yeah, they ask me what I’m smilin’ for
Well, because I’ve never been this high before
It’s like I never felt alive before
Mhmm, I’d rather have me peace of mind than war
See me and you, we ain’t that different
I struck the fuck out and then I came back swingin’
Take my time to finish, mind my business
A life ain’t a life ’til you live it, I was diggin’ me a hole
Big enough to bury my soul
Weight of the world, I gotta carry my own
My own, with these arms I can carry you home

I’m right here when you scared and alone, and I ain’t never in a hurry

Poi tutto finisce con i synth di So It Goes, gli stessi che ha fatto ascoltare ai suoi seguaci su Instagram nella sua ultima storia, quelli che Jon Brion ha pensato rappresentassero bene “l’ascensione al paradiso”, proprio come gli aveva chiesto Mac.

You could have the world in the palm of your hand
You still might drop it
And everybody wanna reach inside your pockets
I tell ’em “red light, stop it”
Shit, that give me more headaches than alcoholics

Swimming si conclude così, mettendo insieme tutti i pezzi del puzzle per arrivare alla pace. Non era un concept album, eppure in un certo senso lo è diventato dopo quel terribile 7 settembre. Avrebbe dovuto portarlo in tour con Thundercat, J.I.D. e un supergruppo, invece un ennesimo trip in solitaria è diventato il suo ultimo. Nel suo sesto album, Anderson .Paak ha parlato di lui in Cheers. Si è chiesto come avrebbe potuto fermarlo, pur vivendo allo stesso modo. Lo stesso anno, Ariana Grande ha pubblicato prima un brano dedicato a tutti i suoi ex, poi una canzone solo per Mac intitolata Imagine, proprio come il tatuaggio che Miller aveva sul braccio, descrivendo la loro storia come “un amore semplice e meraviglioso che ora (e per sempre) resterà irraggiungibile”.

“Dove ti vedi tra dieci anni?”, gli aveva chiesto qualche anno fa Larry King in un’intervista: “Spero a fare tante cose diverse nel campo dell’intrattenimento, forse sposato e con un figlio”.

Imagine a world like that.

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Federica Carlino
listengingerly

freelance music journalist and passionate music supervisor