4. Moving Up

Fabrizio Napoli
Live, Love, Beirut
Published in
3 min readApr 14, 2013

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“Own your horizon!” recita imperativo un pannello pubblicitario che cinge uno dei tanti cantieri del sogno libanese sparsi per la città. “Possiedi il tuo orizzonte”. Lo sguardo verso il futuro della borghesia rampante di Beirut ha la forma di un appartamento di minimo 150 mq più su del 20° piano di uno dei tanti nuovi grattacieli in divenire.

Ottimi studi di architettura e ingegneria di Londra, Parigi e Dubai hanno offerto degli spazi congeniali a questo marketing del desiderio. I pannelli pubblicitari sono ad altezza strada, un livello in cui l'orizzonte è negato da migliaia di SUV parcheggiati ovunque e grovigli di fili e impianti di vario genere. Vuoi sognare? Devi guardare in alto habibi1. Devi andare lassù, over the top. Solo da lì avrai un orizzonte.
E non è l'orizzonte dei fenici, quello che fa da sfondo al luminoso proscenio della storia che sono le rovine di Byblos, il mediterraneo dei popoli e delle conquiste.
No habibi. Lassù c'è l'orizzonte vero. Il mare nostrum che vedi è solo un simpatico interludio nella traversata onirica verso il primo avvistamento della statua della Libertà e dello skyline di Manhattan. Da lassù vedi l'america habibi. L'America.

Il sogno americano a Beirut non è poi così impossibile. Un orizzonte al 20° piano parte da 350.000 dollari USA. Un sogno impossibile in qualsiasi altra capitale europea. Per non parlare degli avamposti del sogno nel sogno stesso dove un appartamento del genere costerebbe milioni di dollari, sempre che l'assemblea condominiale di una dozzina di rappresentanti dell'upper-class di Manhattan non ti respinga come un ambizioso parvenu.

L'orizzonte di questa Beirut è verticale. È un ossimoro che tradisce il suo stesso etimo, la stessa collocazione geografica della città protesa verso una linea blu naturale al termine dello sguardo, la promessa democratica di un traguardo disponibile per tutti purché dotati di occhi e di immaginazione vorace. Chi non ha nemmeno gli occhi per piangere è tagliato fuori, destinato a perdere senza possibilità di un'altra chance.

Nella bulimia di linee e volumi di Beirut l'orizzonte verticale è anche quello più sobrio ed essenziale, alletta per la sua semplicità ed ecologia visiva strizzando l'occhio all'ultima passione frugalista occidentale del less is more. Come non restare conquistati da quelle isole di razionalità edilizia a pochi metri dal cielo in cui spesso si scorgono piccoli alberelli e chiome spaurite di arbusti e piante? Tutto ciò che non trova alcuna ospitalità nel ground zero della quotidianità cittadina qui ha un suo spazio designato. Il nuovo, il decoro, l'illuminazione e piccole green line decorative nelle quali anche gli alberi più tenaci sembrano essere stati ammaestrati a restare al loro posto; semmai possono solo ambire ad andare più in alto anche loro, non di certo ad espandersi a destra e a sinistra.

In un inferno urbano in cui per andare ovunque sei costretto ad affrontare un traffico animalesco e ruggente, o a camminare schivando continui soprusi, l'orizzonte verticale è l'unica vera isola pedonale della città e uno spazio di certezza del diritto. Lassù una legge c'è di sicuro e tutti la rispettano. Quella del più forte, che ce l'ha fatta e merita il tributo dell'ammirazione mentre fa tintinnare il ghiaccio nel suo cocktail e sogna l'altra sponda dell'Atlantico.

1“Mio caro” in arabo.

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