5. All-In

Fabrizio Napoli
Live, Love, Beirut
Published in
3 min readApr 14, 2013

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«Ho appena fatto una società per gestire degli eventi notturni a Beirut» mi dice Johnny, raggiante, adrenalinico, euforico. Johnny è la perfetta incarnazione dell’american dream libanese. Bravo ragazzo di buona famiglia cristiana, abituato a frequentare i posti più vibranti e modaioli del centro città e della sua eruzione edonistica degli ultimi anni.

Johnny ha perso tutto (o almeno molto) nel poker online. Ha toccato il fondo e ora vuole risalire, prendendo a morsi la vita come i tanti giovani rampanti di questa città. Vuole il riscatto, la rivincita che lo porti su, molto in alto. Sogna di riprendere il controllo di una iniziativa che altri giovani come lui gli hanno scippato nella ennesima arrampicata sociale. Non vuole tornare dove era prima, vuole andare ancora più in alto. La normalità, il livello base, orizzontale, non conta niente, bisogna arrivare lassù.

Johnny potrebbe ambire ad una vita normale. Le sue buone amicizie familiari e le sue appartenenze potrebbero sicuramente sottrarlo a questa continua scommessa sulla vita in cui le fiche hanno stampato sopra: sigarette, alcool, donne e soldi. E forse altro. Ma vuoi mettere morire e risorgere? Cadere e rialzarsi, perdere tutto e vincere di nuovo?

Johnny è in perfetta sintonia con la sua città e la sua contemporaneità biscazziera; è un all-in1 emotivo e fisico. Qui non esiste la normalità della crisi occidentale nella sua stagnazione in una decadente mediocrità che spesso ci piace dipingere con toni romantici. A Beirut si va in basso o in alto, non si può rimanere al piano terra ad aspettare che qualcosa accada. E questo ascensore sociale si muove a velocità imprevedibile, come la pallina gettata sulla roulette da un esperto croupier.

Anche i trionfi a 30 piani del sogno libanese prima di staccarsi dal suolo hanno bisogno di crateri profondissimi, e si capisce che non è certo solo questione tecnica di fondamenta e pilastri. Prima di andare lassù a 90 metri devi andare giù, a -30 habibi. È un up-and-down obbligato, una verticalità prescritta, non di certo l’ultima utopia urbanistica e vagamente progressista occidentale. Una cerimonia che a differenza da tutti gli altri riti iniziatici potrà ripetersi tante altre volte in questa società. E forse questa è l'unica orizzontalità concessa. Niente privilegi, niente posizioni acquisite. Sappi che se vai su potrai scendere bruscamente un giorno. Ma potrai risalire di nuovo. È il sogno americano anabolizzato da un effervescente epicureismo mediorientale.

Vuol fare il botto Johnny, e poi scappare via, in un addio che sa di fuga più che di partenza. Come molti altri libanesi sogna di vincere tutta la posta in gioco sul tavolo e uscire velocemente dal casinò sgommando e salutando gli sconfitti con una nuvola di fumo e polvere. Magari in una di quelle Corvette o Buick che fiammeggiano per le strade di Beirut riattizzando questo sogno a stelle e strisce ad ogni incrocio. E forse un giorno anche Mr. Fisk scapperà via nella sua campagna inglese o irlandese a sorseggiare il suo Gin & Tonic, senza però la possibilità di scorgere alcun Titanic al termine dello sguardo.

Mentre mi parla Johnny sta sognando con gli occhi, la testa e tutto il corpo. Quello stesso coinvolgimento sensoriale che sfida il visitatore appena arrivato a Beirut. Perché se altrove i sensi sono stuzzicati, stimolati, coinvolti in giochi raffinati di seduzione e stupore quello che ti becchi all'arrivo a Beirut venendo dall'Europa è un bel pugno nello stomaco. Se ti rialzi presto e accetti la sfida capisci la città e la sua immensa corporalità. Se rimani al tappeto è meglio che chiami un taxi per l'aeroporto, habibi. Vai via di qui, non c'è niente da vedere.

1Si parla di all-in quando si puntano tutte le chip, ovvero soldi, a disposizione ad un tavolo di poker.

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