Al Museo di Caporetto, lungo la storia del fronte isontino

Gorazd Skrt
LovelyTripsBlog
Published in
4 min readMay 25, 2023
Fonte: www.slovenia.info, foto di Jošt Gantar

di Gorazd Skrt, fondatore di Lovely Trips, fornitore sloveno di soluzioni di viaggio

È importante studiare la guerra, anche se è l’emblema della malvagità e della sofferenza. È essenziale ricordare la sofferenza che genera, come prostra e distrugge i corpi e le anime. È doveroso visitare musei come quello di Caporetto, perché solo (intra)vedendo il volto della guerra è possibile intuire quanto questo flagello sia terribile. Nel Museo di Caporetto, nell’omonima cittadina a pochi chilometri dal confine italiano, i visitatori hanno l’opportunità, grazie a una splendida e ricchissima esposizione, di immergersi in una fase cruciale della storia slovena, italiana, ed europea in generale.

L’esposizione è interamente dedicata alla Grande Guerra, e in particolare a tutta quella parte della Prima guerra mondiale che si svolse sul cosiddetto fronte isontino, che nella Valle dell’Isonzo e dintorni vide lo scontro dei due fronti, costituiti dal Regno d’Italia da una parte e dall’Impero austro-ungarico — poi assistito dalla Germania — dall’altra. Attraverso le varie sale si percorre la narrazione delle varie fasi di questo fronte, dalla guerra di montagna fino all’evento finale, la Dodicesima battaglia dell’Isonzo, anche nota in Italia come la battaglia di Caporetto.

Fonte: www.slovenia.info, foto di Boris Pretnar

Percorrendo la storia e l’evoluzione del fronte isontino al Museo di Caporetto, non possono che venire in mente alcuni dei nomi che, una volta finita la guerra, passarono alla storia. Ad esempio quello di Luigi Capello, il generale che inizialmente si rese popolare, specie agli occhi dei superiori, grazie a risultati ritenuti importanti come la conquista di Gorizia nella sesta battaglia dell’Isonzo, ma del quale a posteriori emersero visioni contrastanti, specie alla luce della disfatta di Caporetto.

A Capello, ad esempio, si attribuiscono scelte che portarono a offensive estremamente costose in termini di perdite per il Regio Esercito, ma di valore tattico limitato (tra queste anche quella necessaria alla conquista di Gorizia, appunto). Fu anche duramente criticato per il suo ruolo nella Dodicesima battaglia dell’Isonzo, la disfatta che tuttora in italiano è sinonimo di terribile sconfitta e che si concluse con perdite devastanti (e un durissimo colpo al morale) per gli italiani.

Fonte: www.kobariski-muzej.si

Eppure, per quanto lungo il percorso espositivo del Kobariški muzej vengano senz’altro in mente nomi di personaggi il cui nome è scritto nei libri di storia, come quello di Luigi Capello, Luigi Cadorna o Erwin Rommel, guardando i reperti della sua mostra permanente ci si rende conto che il Museo di Caporetto non è dedicato a questi uomini, quelli il cui nome nel bene o nel male è tuttora ricordato e noto a tantissime persone. È dedicato invece ai soldati. Tutti i soldati, quelli di ogni fronte.

È dedicato a ogni singolo uomo e ragazzo ritrovatosi a combattere in un territorio complesso come quello della Valle dell’Isonzo, tra l’alta montagna e il terreno carsico, dove anche trovare rifugio era difficilissimo. A ogni essere umano che, nel tempo trascorso sul fronte isontino, che ne sia uscito vivo o meno, ha visto accadere intorno a sé cose che non avrebbe mai potuto immaginare, scene proprie dei peggiori incubi che si possano avere e di una tragedia di dimensioni epocali.

Fonte: www.kobariski-muzej.si

Ce ne si accorge guardando tutte le foto esposte, di soldati mentre riposano, mangiano, marciano, combattono, aspettano; leggendo le lettere e i diari rinvenuti e conservati dal Museo; ascoltando i racconti delle guide del Kobariški muzej, racconti di storie spesso apprese da parenti. E si capisce che non è affatto un caso che, dalla sua fondazione, il Museo di Caporetto sia stato insignito di premi prestigiosi come lo European Museum of the Year Award, e sia stato visitato da capi di Stato e di governo, rappresentanti di organizzazioni internazionali, ministri e premi Nobel.

Ecco perché il Museo di Caporetto merita assolutamente di essere visitato; perché al suo interno si scopre, oltre a un’accurata ricostruzione storica dei principali avvenimenti del fronte isontino (compresa la Dodicesima battaglia dell’Isonzo), il volto più umano della guerra. Quello delle centinaia di migliaia di soldati che, a qualunque fronte appartenessero, ebbero in comune molte cose; dalla paura, alla stanchezza estrema, alla voglia disperata di tornare a casa. Il valore straordinario del Museo di Caporetto sta proprio nel suo essere dedicato in primis a loro, ai soldati. Quelli che più odiano la guerra, perché sanno davvero quanto sia orribile.

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Gorazd Skrt
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