Un viaggio nella mostra permanente del Museo di Caporetto

Gorazd Skrt
LovelyTripsBlog
Published in
5 min readOct 8, 2022
Fonte: www.slovenia.info, foto di Jošt Gantar

A poca distanza dal confine italiano sorge Kobarid, nota in italiano come Caporetto. Questa cittadina, che oggi a chi la visita appare di una tipica bellezza prealpina, ordinata e un po’ sonnacchiosa, ha alle sue spalle una storia che definire movimentata è poco. Un dato su tutti: la bandiera che sventola nella sua piazza principale è cambiata per ben dieci volte nel corso dell’ultimo secolo.

Alla confluenza tra due valli che collegano il Friuli con la Carinzia, quella dell’Isonzo e quella del Natisone, Caporetto sorge in una posizione strategica, e proprio per questo si è trovata spesso coinvolta in battaglie e vere e proprie guerre. Ma di tutti gli scontri di cui fu scenario e testimone, nessuno batte, per tragicità ed effetto distruttivo, la Grande Guerra.

Fonte: www.slovenia.info, foto di Boris Pretnar

A Caporetto, e in tutta la Valle dell’Isonzo, i durissimi combattimenti del fronte isontino infuriarono per 29 mesi, alternando scontri devastanti a snervanti attese in trincea. A scontrarsi furono l’esercito italiano e quello austro-ungarico, affiancato in un secondo momento da truppe tedesche. È proprio a questo fronte, noto come il fronte isontino della Prima guerra mondiale, che è dedicato il Kobariški muzej, il Museo di Caporetto.

La sua esposizione permanente conduce i visitatori alla scoperta di una storia che comincia nella sala d’entrata, con una panoramica dei vari conflitti di cui fu testimone Caporetto e una serie di mappe che illustrano tutti i fronti aperti in Europa durante la Grande Guerra e i cambiamenti che subirono i confini delle varie nazioni quando questa terminò. È già in questo primissimo spazio del museo che ci si rende conto della sua attenzione alla voce degli esseri umani coinvolti nella devastante Prima guerra mondiale, e non certo a una volontà di celebrare o la vittoria degli uni o la sconfitta degli altri.

Fonte: www.kobariski-muzej.si/it

Nelle efficaci parole dello storico Branko Marusic, una delle persone che hanno dato vita al Kobariški muzej, “Il museo di Caporetto non è un museo di guerra, bensì dell’uomo e delle sue angustie. Non è un museo della vittoria e della gloria, delle bandiere liberate o calpestate, della conquista e della vendetta, del revanscismo o dell’orgoglio nazionalistico. In prima fila sta l’uomo, colui che ripete ad alta voce oppure tra sé e sé, a se stesso oppure ai compagni di sventura esprimendosi nelle diverse lingue del mondo: ‘Maledetta guerra!’”.

L’approccio alla guerra come immane sofferenza e tragedia collettiva continua nelle varie sale in cui è suddivisa l’esposizione del museo. La prima è la Sala del Monte Nero, dedicata agli scontri cominciati con l’entrata dell’Italia in guerra, nel maggio 1915. Protagonista assoluto di questo periodo, e anche della sala, è proprio lui, il Krn (alias Monte Nero), una delle montagne sulle quali infuriarono tremende battaglie. “Alle 7 partiamo verso la cresta estrema del Monte Nero, che i nostri la chiamano Monte Rosso, perché è così impregnato con il sangue” si legge in una testimonianza del 1915 conservata nel museo.

Fonte: www.kobariski-muzej.si/it

Si continua nella Sala Bianca, dedicata alla terribile guerra in alta quota, anch’essa prolungatasi per ben 29 mesi, fra temperature bassissime, violenti temporali, valanghe, crolli, scarsità d’acqua e, metri e metri di neve. Nella Sala delle Retrovie si ha l’occasione di vedere come diventò la bellissima zona di Bohinj durante i ventinove mesi del fronte isontino, quando venne adibita a retrovia. La Sala Nera approfondisce il tema centrale della Grande Guerra, la guerra di posizione nelle trincee.

Il secondo piano è interamente dedicato all’evento che concluse il fronte isontino, la Battaglia di Caporetto, tuttora sinonimo di tremenda sconfitta nella cultura italiana. Infine, la sala chiamata Caverna offre del materiale audiovisuale di grande interesse: la proiezione di un documentario di 20 minuti, disponibile in undici lingue, con una descrizione approfondita degli eventi; e la riproduzione sonora di una lettera che un soldato italiano scrisse al padre da una caverna scavata sul Monte Nero, descrivendo il freddo e le bufere di neve. “Pensa”, recita a un certo punto la lettera, “adesso non mi svegliano neanche più i cannoni”.

Fonte: www.kobariski-muzej.si/it

Visitare il Museo di Caporetto è un’esperienza che non si dimentica. La sua è un’esposizione che lascia il segno, mostrando il volto più vero e crudele della guerra, quello che appare identico a chiunque la subisca, indipendentemente dalla sua nazionalità o appartenenza allo schieramento vittorioso o sconfitto. Giorno dopo giorno, continuando a raccontare la sua storia a viaggiatori da ogni angolo d’Europa e del mondo, il Museo di Caporetto lancia un monito che, soprattutto oggi, andrebbe ascoltato.

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Gorazd Skrt
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