Combattere il Cinismo: come persona e nelle organizzazioni

Luca Pozzoli
LucaPozzoli
Published in
12 min readDec 9, 2022

Per un ottimista e per chi voglia vivere con speranza e umanità, non c’è avversario peggiore del cinismo, un atteggiamento mentale, quasi una visione di vita, che è tanto diffusa in questi tempi di disillusione privi di ideologie o fedi che possano dare un senso positivo alla vita di tanti. Il tema è importante sia dal punto di vista personale, per vivere meglio, che a livello di organizzazione, per lavorare meglio: in entrambi i casi il cinismo è nocivo, quasi sempre tossico nei suoi effetti.

Il cinismo è una corrente filosofica nata tra il IV e il III secolo a.C. in Grecia, improntata a raggiungere la felicità e a vivere la vita secondo virtù. Il maggior esponente di questa scuola era Diogene di Sinope (483 a.C- 323 a.C.), il quale predicava un ritorno alla dimensione naturale dell’uomo e il disprezzo delle convenzioni umane e dei bisogni superflui comunemente accettati. La sua posizione era così radicale che si racconta che Diogene abbia vissuto sempre da mendicante, abitando in una botte. Alcuni studiosi avvicinano la figura di Gesù al cinismo, perché ritengono che la regione della Galilea fosse un punto di incontro tra ideali ellenistici e tradizioni giudaiche. Nell’età moderna, e soprattutto a partire dall’800, si è andato affermando un nuovo tipo di cinismo, che si spinge oltre alla critica delle posizioni dominanti, che non crede nelle persone, con la convinzione che gli esseri umani siano fondamentalmente cattivi ed egoisti. Da Sant’Agostino a Machiavelli, da Lutero a Calvino, da Hobbes a Nietzsche, da Freud agli economisti, questa credenza rappresenta il filo rosso di tutto il pensiero occidentale.

Rutger Bregman, nel suo libro Una nuova storia (non cinica) dell’umanità, racconta una nuova versione non cinica della storia umana, dimostrando, con numerosi argomenti tratti dalla biologia, dall’antropologia, dalla psicologia e dalla sociologia, che l’evoluzione premia le società in cui vi è maggiore benevolenza, cooperazione e fiducia nella bontà del prossimo. La sua conclusione è rivoluzionaria e può cambiare il nostro modo di pensare e di vivere: a dispetto delle convinzioni generali, l’essere umano è fondamentalmente buono. Il problema, afferma l’autore, è che quello che crediamo è quello che diventiamo. Se crediamo che la maggior parte delle persone non sia buona, è così che trattiamo gli altri, e allora sì che tiriamo fuori il peggio da noi stessi e da loro.

«In questo libro non sosterrò che siamo buoni per natura. Gli esseri umani non sono angeli, hanno una parte buona e una cattiva. Tutto sta nel capire quale delle due addestriamo. Sosterrò soltanto che per natura, tra bambini, su un’isola deserta, quando scoppia una guerra o si rompono le dighe, abbiamo una netta propensione per la parte buona. Porterò numerose prove scientifiche che dimostrano che una visione più positiva dell’umanità è realistica. Se cominciamo a crederci, sono convinto che possa diventare ancora più realistica»

La sfiducia verso il prossimo è una convinzione ampiamente diffusa tra le persone. Nel libro si fa riferimento ad un questionario proposto da anni ai suoi studenti da Tom Postmes, docente di Psicologia sociale all’Università di Groninga: un aereo è costretto a un atterraggio di emergenza e si spezza in tre. La cabina si riempie di fumo e tutti capiscono di doversi allontanare. Che cosa succede? Sul pianeta A le persone a bordo si domandano tra loro come stanno, si dà la precedenza a chi ha bisogno di aiuto. Sul pianeta B, la regola è ognuno per sé, si scatena il panico, tutti spingono e sgomitano, bambini, anziani e disabili vengono calpestati. In genere, osserva Postmes, il 97 per cento delle persone sono convinte di vivere sul pianeta B, mentre nella realtà viviamo quasi sempre sul pianeta A.

I disastri più famosi della storia si sono svolti sempre sul pianeta A. Un testimone oculare del naufragio del Titanic riferì che non ci fu una ressa generale, né tracce di panico o isterismi: nessuno gridava per la paura o correva avanti e indietro, sulle scialuppe gli uomini diedero la precedenza alle donne e ai bambini.

L’11 settembre 2001 migliaia di persone scesero pazientemente per le scale delle Torri Gemelle anche se sapevano di essere in pericolo di vita, dando la precedenza a vigili del fuoco e feriti. Molti dicevano: “Vada pure avanti lei, prenda il mio posto”. Il paradigma dell’uomo egoista e approfittatore, dominante nelle scienze sociali e nel sentire comune, è stato platealmente smentito in tutte le situazioni reali di emergenza che si conoscano: dai bombardamenti del 1940 su Londra, che non provocarono panico o fughe di massa ma una risposta composta della popolazione; all’alluvione di New Orleans in cui si temevano ogni sorta di rapine e caos mentre la maggioranza dei comportamenti spontanei era stata di carattere prosociale e la città non era stata travolta dall’egoismo e dall’anarchia, ma dal coraggio e dall’amore per il prossimo.

Sulla base di quasi 700 studi sul campo, il Centro studi sui disastri ha infatti accertato che dopo una catastrofe, al contrario di quanto si vede al cinema, non scoppia mai il panico totale, né si solleva un’ondata di egoismo ma affiora al contrario il meglio di noi.

Eppure, il mondo di oggi sembra affrontare una generale crisi di cinismo, con notizie, articoli, sondaggi e articoli di opinione che evidenziano la mancanza di fiducia delle persone nelle istituzioni consolidate e anche l’uno verso l’altro. Il cinismo sembra essere in crescita: nel 1972, 45% degli Americani credevano che “la maggior parte delle persone sia affidabile” secondo la General Social Survey, nel 2018 la quota è diminuita al 30%. Nell’edizione 2022 dell’annuale Edelman Trust Barometer, quasi il 60% delle persone in 27 paesi ha dichiarato che il loro modo abituale di operare era di avere sfiducia negli altri. E le persone non sono scettiche solo degli altri individui: nello stesso periodo di tempo la fiducia nei leader politici, istituzioni e società è diminuita nella stessa misura.

Questo atteggiamento si accompagna a sfiducia, disprezzo e pessimismo nei confronti della gente e dell’umanità nel suo insieme, spesso è unito ad una feroce ironia e al sarcasmo che trovano nelle possibilità di espressione offerte dai social media la propria manifestazione più completa.

Secondo alcuni psicologi, i cinici non sono altro che idealisti delusi, persone che hanno iniziato la vita con standard e aspettative elevati. Piuttosto che adattarsi o scendere a compromessi, sono andati in guerra con il mondo, dispiegando il loro cinismo sia come arma che come scudo. Il cinismo può essere inteso come una posizione difensiva: assumendo sempre il peggio di tutti e di tutto, non possiamo essere feriti o delusi, e ci sentiamo compiaciuti e superiori.

I cinici sostengono che tutti sono egoisti e deboli; che “il sistema” è truccato e guidato dall’avidità; che non puoi mai avere successo quindi è inutile provare; che tutti gli ideali sono ridicoli e che i “buonisti” vogliono solo mostrare le proprie presunte virtù.

È inutile cercare di confutare il cinismo; ci sarà sempre un’abbondanza di vividi esempi a sostegno di un’interpretazione catastrofica dell’umanità. Ma ciò che identifica le persone come ciniche non è tanto ciò che affermano, quanto il motivo per cui lo fanno. Le loro valutazioni negative non si basano su analisi spassionate della nostra specie, ma su una compulsione emotiva interiore. La loro filosofia è, prima di tutto, una difesa contro la sofferenza. Sotto la loro superficie burbera, i cinici sono afflitti da una fragilità interna sulle loro aspettative, e cercano di proteggersi dall’eventualità di qualsiasi scoraggiamento. Una tentazione naturale, quando si incontra un cinico, è cercare di dissuaderlo dal suo atteggiamento citando esempi contrari. Ciò di cui il cinico ha davvero bisogno — eppure teme che potrebbe non avere mai, quindi naturalmente non chiede mai — è la gentilezza, una gentilezza che alla fine potrebbe aiutarlo a riaccendere i suoi desideri segreti di speranza e realizzazione.

Perché è aumentato così tanto il cinismo?

Alcune ragioni sono culturali, ad esempio in paesi con alto tasso di corruzione e diseguaglianze economiche, il cinismo attecchisce più velocemente per ovvie ragioni.

Ci sono anche ragioni psicologiche, che sfruttano alcune distorsioni nel modo in cui le persone pensano e sentono. La più grande minaccia per gli esseri umani sono le altre persone, che possono imbrogliare, rubare e approfittare della nostra fiducia. Di conseguenza, molto spesso immaginiamo una versione degli altri che è molto peggiore delle persone in carne e ossa, e cerchiamo di difenderci, provocando danni anche maggiori. I cinici inoltre agiscono spesso come se la migliore difesa fosse una buona offesa. Gli attacchi preventivi possono sembrare intelligenti, ma danneggiano tutti i soggetti coinvolti. Le persone ricambiano la gentilezza e si vendicano contro la crudeltà, il che significa che le azioni dei cinici tirano fuori il peggio dagli altri. Infine i cinici autoproclamati spesso vedono il loro cinismo come saggezza guadagnata duramente e considerano ingenuo chiunque non lo condivida. Nella ricerca condotta da Olga Stavrova dell’Università di Tilburg, il 70% dei partecipanti ha affermato di ritenere che i cinici siano generalmente più intelligenti dei non cinici, anche se i primi non si comportano altrettanto bene nei test cognitivi e non sono “socialmente intelligenti”.

Non è solo la psicologia umana a spingere le persone verso la sfiducia.

In molti casi le politiche e le pratiche delle aziende e delle organizzazioni sono basate sul cinismo e lo incoraggiano attivamente. Questo è stato il caso di Microsoft, nella gestione del CEO Steve Ballmer, che aveva preso decisioni e creato politiche che hanno generato sfiducia e concorrenza corrosiva. Ballmer aveva introdotto ad esempio le classifiche dei dipendenti, per fare leva sulla competitività “naturale” delle persone, creando situazioni di conflitto in cui i membri del personale erano premiati non solo per aver fatto bene, ma per essersi assicurati che i loro colleghi fallissero. Poche organizzazioni oggi promuovono questo tipo di insana competizione ma ancora molte favoriscono una “cultura del genio” che valorizza la stella creativa solitaria che propone nuove idee anziché la collaborazione. Un altro caso aziendale interessante è stata la General Electric che chiudeva sottochiave e controllava attentamente le parti dei computer per prevenire i furti. Di fronte a questa evidente dimostrazione di sfiducia i dipendenti si sono comportati di conseguenza, allontanandosi con strumenti o parti di ricambio ogni volta che potevano. La pandemia ha reso più difficile controllare le scrivanie delle persone, ma le aziende ora utilizzano una serie di strumenti che consentono loro, ad esempio, di monitorare le sequenze di tasti e gli schermi dei lavoratori. In risposta, i rivenditori online hanno venduto migliaia di “mouse jiggler”, che consentono agli utenti di sembrare al lavoro. (Una recensione di Amazon su uno di questi prodotti recita: “Se il tuo capo è un idiota che crede nel micro-management e non si rende conto che la presenza non equivale alla produttività, questo è il dispositivo giusto. Se sei uno di quei capi che leggono questa recensione … non piacete a nessuno.”).

A dicembre 2021 EY ha rilasciato nuovi dati sui dipendenti che avevano lasciato il lavoro durante la prima parte delle Grandi Dimissioni. Molti di loro hanno affermato di non ritenere che i leader dell’azienda si preoccupassero o si fidassero di loro.

Come si può sfuggire alla trappola del cinismo e quali sono le strategie che possono aiutare le organizzazioni a invertire la rotta?

Iniettare “anti-cinismo” richiede l’implementazione di due approcci:

1. Sviluppare politiche e processi che reindirizzino la cultura organizzativa verso la collaborazione e la fiducia.

2. Assicurarsi che tutti i leader, non solo quelli al vertice, modellino comportamenti basati sulla fiducia.

Reindirizzare la cultura

Nel suo libro, Satya Nadella, il CEO di Microsoft dopo Ballmer, descrive l’introduzione di politiche intese a annullare le abitudini ciniche dell’azienda, inclusa una ristrutturazione del sistema di revisione e incentivi. I dipendenti non sarebbero più stati premiati per aver eclissato i loro colleghi o puniti se i loro colleghi eccellevano. Invece sono stati valutati e premiati per il comportamento collaborativo, come il modo in cui si sono presentati agli altri e hanno creato cose insieme. Questo cambiamento ha incoraggiato i lavoratori ad abbassare le proprie difese e condividere liberamente conoscenze, abilità e prospettive. Con una mossa che sarebbe stata impensabile l’anno prima, Nadella è salito sul palco per un discorso e ha tirato fuori dalla tasca un iPhone equipaggiato per la prima volta con Office, Outlook e altri prodotti Microsoft. Mostrando come Microsoft e Apple potrebbero completarsi a vicenda, Nadella non solo ha ridotto la loro rivalità, ma ha anche fornito un vantaggio ai consumatori. “La partnership è troppo spesso vista come un gioco a somma zero”, ha scritto nel suo libro. Sia all’interno che all’esterno di Microsoft, Nadella ha cercato soluzioni vantaggiose per far crescere la torta globale, attingendo agli istinti collaborativi delle persone piuttosto che al loro egoismo.

Modello di fiducia

Nadella ha incoraggiato i dipendenti a imparare e ad assumersi maggiori rischi creativi. Queste idee hanno aiutato Microsoft ad andare oltre il software e verso la tecnologia cloud e AI, con un allentamento delle redini burocratiche. Dimostrare fiducia nelle persone è un modo semplice per i leader di ridurre la sfiducia e la paranoia nelle loro organizzazioni.

Nordstrom è un’azienda che prende sul serio questa idea. Il “manuale per i dipendenti” dell’azienda è un’unica scheda, che dice: “Fissa i tuoi obiettivi personali e professionali in alto. Abbiamo grande fiducia nella tua capacità di raggiungerli, quindi il nostro manuale per i dipendenti è molto semplice. Abbiamo solo una regola: usa il buon senso in tutte le situazioni”. I dipendenti di Nordstrom sono supportati, ma sanno che ci si fida di loro e il risultato è una forza lavoro soddisfatta, che nel 2017 ha reso Nordstrom l’unico rivenditore di abbigliamento nell’elenco di Fortune delle 100 migliori aziende per dipendenti.

In Microsoft pratiche anti-ciniche come la creazione di risultati a somma diversa da zero e la concessione ai lavoratori di spazio e fiducia per innovare hanno pagato cospicui dividendi. La capitalizzazione di mercato dell’azienda è salita alle stelle grazie alle mosse verso il cloud computing, l’intelligenza artificiale e altre nuove frontiere, innovazioni alimentate da una cultura incentrata sulla collaborazione, l’empatia e lo spirito di comunità.

Le persone diventano ciò che pensiamo che siano, quindi dovremmo essere consapevoli di questo effetto e generosi con la nostra buona volontà di vedere le persone in una luce positiva.

La fiducia è però solo una componente della leadership anti-cinica. I leader dovrebbero anche esaminare i fattori strutturali sul posto di lavoro: gli stipendi, i bonus e i benefici sono determinati in modo equo e trasparente? Se queste condizioni non sono soddisfatte, nessuna conversazione gentile sconfiggerà il cinismo. Microsoft e Nordstrom dimostrano l’importanza delle politiche aziendali incentrate sulla collaborazione e sull’apertura.

Mediante delle azioni specifiche che reindirizzano la cultura aziendale e adottando un modello di pensiero basato sulla fiducia è possibile combattere la trappola del cinismo e raccogliere importanti benefici per noi stessi, i nostri colleghi e le intere organizzazioni.

Concludiamo con una frase di Barack Obama che spiega come il cinismo sia una scelta che abbiamo a disposizione ma che la speranza sia sempre la scelta migliore.

“Quindi non siate cinici. Il cinismo non ha portato un uomo sulla luna, non ha mai vinto una guerra, né curato una malattia, né costruito un’impresa, né nutrito una giovane mente. Il cinismo è una scelta. E la speranza sarà sempre una scelta migliore.”

Barack Obama

--

--

Luca Pozzoli
LucaPozzoli

Leader di organizzazioni di vendita diretta a domicilio, Presidente di Avedisco e Univendita dal 2007 al 2013