Le ragioni della Leadership Positiva basata sulla Fiducia

Luca Pozzoli
LucaPozzoli
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7 min readApr 18, 2024

Ancora oggi, soprattutto in Italia, è prevalente un tipo di cultura che afferma che la leadership, le posizioni di comando, sono necessariamente collegate a un certo grado di timore, di autorità pura, che si manifesta mediante comportamenti aggressivi, i soli capaci di ispirare rispetto nelle persone e indurle ai comportamenti desiderati.

Al contrario uno stile di comando “gentile” è spesso percepito come debole e inefficace, incapace di mantenere l’ordine e di operare velocemente nelle difficoltà. E’ la sindrome dell’uomo solo al comando, il leader, anzi il capo, volitivo, determinato, egocentrico e carismatico, che ha ormai contagiato completamente, ad esempio, i partiti politici, diventati quasi tutti dei partiti “personali”.

E’ giusto spiegare che secondo gli studiosi di leadership nelle organizzazioni questa convinzione è falsa e profondamente fuorviante, al massimo può portare dei risultati nel breve periodo, ma si risolve quasi sempre in delusioni cocenti guardando ad orizzonti più ampi.

“Non c’è team senza fiducia”, afferma Paul Santagata, responsabile del settore di Google. I risultati di uno studio condotto dal gigante della tecnologia sulle prestazioni dei team, hanno rivelato che i team più performanti hanno una cosa in comune: la sicurezza psicologica, la convinzione che non si verrà puniti quando si commette un errore. Gli studi dimostrano che la sicurezza psicologica consente di correre rischi maggiori, di esprimere la propria opinione, di essere creativi e alzare la mano senza paura, esattamente i tipi di comportamento che portano a maggiori innovazioni e scoperte sul mercato.

SICUREZZA PSICOLOGICA IN AMBIENTI INCERTI E INTERDIPENDENTI

Il cervello elabora una provocazione da parte di un capo o di un collega competitivo, come una minaccia di vita o di morte. L’amigdala, il campanello d’allarme nel cervello, accende la risposta di lotta o fuga, dirottando i centri cerebrali superiori. Questa struttura cerebrale “prima agisci, poi pensa” spegne la prospettiva e il ragionamento analitico. Letteralmente, proprio quando ne abbiamo più bisogno, perdiamo la testa, abbandonandoci ad una situazione di sequestro emotivo. Se da un lato questa reazione di lotta o fuga può salvarci in situazioni di vita o di morte, dall’altro ostacola il pensiero strategico necessario sul posto di lavoro di oggi.

Il successo del ventunesimo secolo dipende da un altro sistema: le modalità di costruzione delle emozioni positive, che ci consentono di risolvere problemi complessi e promuovere relazioni cooperative di successo. Barbara Fredrickson dell’Università della Carolina del Nord ha scoperto che le emozioni positive come la fiducia, la curiosità, la sicurezza e l’ispirazione ampliano la mente e ci aiutano a costruire risorse psicologiche, sociali e fisiche. Diventiamo più aperti, resilienti, motivati e persistenti quando ci sentiamo al sicuro. L’umorismo aumenta, così come la ricerca di soluzioni e il pensiero divergente, il processo cognitivo alla base della creatività.

Quando l’ambiente di lavoro sembra impegnativo ma non minaccioso, i team possono sostenere la modalità di ampliamento e costruzione. I livelli di ossitocina nel nostro cervello aumentano, suscitando fiducia e comportamenti fiduciosi. Questo è un fattore enorme per il successo del team, come attesta Santagata: “Nell’ambiente frenetico e altamente esigente di Google, il nostro successo dipende dalla capacità di assumerci rischi ed essere vulnerabili di fronte ai colleghi”.

Il mondo di oggi, sia per quanto concerne il lavoro che la sfera personale è assolutamente incerto, con la realtà che molto spesso supera ogni più sfrenata fantasia (pensiamo ai mutamenti climatici, alle guerre, scenari impensabili qualche decennio fa), interdipendente e iper-connesso, in modo tale che la relazione è riconosciuta come l’unico modo per crescere e svilupparsi. E’ fondamentale quindi tenere presente che la fiducia (e la gentilezza come strumento) non sono elementi accessori per navigare nel mondo di oggi, ma assolutamente necessari.

COME SVILUPPARE LA SICUREZZA PSICOLOGICA

  1. Affronta il conflitto senza paura, non dobbiamo vincere sempre!

Noi esseri umani odiamo perdere ancora più di quanto amiamo vincere. Una perdita percepita innesca tentativi di ristabilire l’equità attraverso la competizione, la critica o il disimpegno, che è una forma di impotenza appresa sul posto di lavoro. Il vero successo è un risultato vantaggioso per tutti, quindi, quando sorgono conflitti, evitiamo di innescare una reazione di lotta o fuga ma piuttosto cerchiamo di ottenere un risultato reciprocamente desiderabile, in cui tutti possono ottenere un beneficio. La logica della competizione a tutti i costi non è produttiva, dobbiamo collaborare per migliorare e crescere, e nutrire le relazioni produttive tra persone. Queste implicano anche conflitti, anche momenti di disaccordo, ma siamo qui apposta, per parlare, capirci, confrontarci, non per vincere o semplicemente affermare noi stessi come i migliori.

Lo spiega molto bene Sebastiano Zanolli in “Guerra o Pace”:

“In azienda si litiga perché spesso latita la fiducia. Ma è anche vero il contrario: spesso in azienda non si litiga, cioè le persone fuggono dai conflitti, per mancanza di fiducia.
Se non ci si mostra vulnerabili non è possibile affrontare un conflitto.
Ma essere vulnerabili significa anche mostrare la propria umanità e scendere da piedistalli posticci.
In un’ era di leadership e personal branding confusi, costruiti spesso sulla apparenza e sui proclami, questo diventa un gioco che richiede una statura morale rara e un riconoscimento dell’importanza del prossimo nella nostra evoluzione che sia reale e concreto.
Non ci si salva da soli in un mondo complesso.”

2. Parliamo da persona a persona

Alla base del confronto di ogni team ci sono bisogni universali come il rispetto, la competenza, lo status sociale e l’autonomia. Riconoscere questi bisogni più profondi suscita naturalmente fiducia e promuove un linguaggio e comportamenti positivi. Dobbiamo ricordare che gli altri sono esattamente come noi e ci può aiutare una riflessione chiamata “Proprio come me”, che ci chiede di considerare:

Questa persona ha convinzioni, prospettive e opinioni, proprio come me.

Questa persona ha speranze, ansie e vulnerabilità, proprio come me.

Questa persona ha amici, familiari e forse figli che la amano, proprio come me.

Questa persona vuole sentirsi rispettata, apprezzata e competente, proprio come me.

Questa persona desidera pace, gioia e felicità, proprio come me.

Riconoscere le persone come tali significa costruire un ambiente “sicuro” psicologicamente, dove nessuno si senta escluso e giudicato ma considerato per quello che è. Non esistono gli altri, non esiste la “gente”, esistono persone, con storie individuali uniche e irripetibili.

3. Sostituiamo il biasimo con la curiosità

Una ricerca di John Gottman presso l’Università di Washington mostra che la colpa e la critica intensificano il conflitto, portando alla difensiva e, infine, al disimpegno. L’alternativa al dare colpe è la curiosità, perchè anche su argomenti molto distanti da noi, c’è sempre qualcosa da imparare. Se crediamo di sapere già cosa sta pensando l’altra persona, allora non siamo pronto per avere una conversazione. Invece, adottiamo una mentalità di apprendimento, sapendo di non conoscere tutti i fatti.

Ecco come si può fare durante una conversazione su un argomento che ci ha disturbato:

Indicare il comportamento o il risultato problematico come un’osservazione, usando un linguaggio neutrale e fattuale.

Coinvolgiamo la persona nell’esplorazione delle cause.

Le persone che sono responsabili della creazione di un problema spesso detengono le chiavi per risolverlo.

In questo modo, senza indicare colpevoli, saremo in grado di arrivare alle soluzioni di un problema, rispettando le peculiarità della persona e arrivando più velocemente al risultato. Avremo sicuramente imparato qualcosa di nuovo che ci farà evolvere ad uno stadio superiore di comprensione la prossima volta che una situazione simile si ripresenterà. Al contrario uno sfogo aggressivo, per quanto liberatorio a volte, non ci porterà da nessuna parte nel medio/lungo periodo perché non avremo capito (e risolto) le cause profonde della situazione.

4. Misurare la sicurezza psicologica.

Dobbiamo chiedere periodicamente al nostro team quanto si sentano al sicuro e cosa potrebbe migliorare la loro sensazione di sicurezza. La ricerca di feedback aiuta per capire la reale situazione perché la realtà e complessa: si può essere gentili e comprensivi ma ad esempio provocare una situazione in cui i membri del team si sentono male nel portare critiche o negatività. Spesso il desiderio di mantenere l’armonia a tutti i costi soffoca il dissenso e il pensiero critico, o anche il solo desiderio di mantenere il quieto vivere senza disturbare nessuno. La sicurezza psicologica di cui stiamo parlando è un ambiente vivo, vibrante e dinamico, dove si parla quando è necessario, si manifestano liberamente le proprie opinioni, anche scomode, senza essere etichettati come i rompiscatole di turno.

FIDUCIA VS. GERARCHIA

Tutti questi comportamenti mostrano che la gerarchia è meno importante della fiducia e arrivano a creare un senso di sicurezza psicologica nel team, con livelli più elevati di coinvolgimento, una maggiore motivazione ad affrontare problemi difficili, maggiori opportunità di apprendimento e sviluppo e migliori prestazioni.

Questa è la Leadership positiva, l’unica in grado di ispirare fiducia e quindi promuovere relazioni efficaci e benefiche nelle organizzazioni e per noi come persone.

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Luca Pozzoli
LucaPozzoli

Leader di organizzazioni di vendita diretta a domicilio, Presidente di Avedisco e Univendita dal 2007 al 2013