Bisogna tentare di vivere

Kara Lafayette
M E L A N G E
Published in
5 min readFeb 27, 2019

Tutti sanno che Si alza il Vento è stata l’ultima opera targata Hayao Miyazaki. Il Nostro vive un pensionamento sui generis, com’è nel suo carattere. Si barcamena tra attività socialmente utili — come ripulire la foresta Fuchi no Mori, cioè la foresta di Totoro (la quale ha ispirato l’ambientazione del lungometraggio) in compagnia di alcuni volontari, offrendo il suo aiuto a chi vive nella zona per mantenere limpido il fiume, tra un cortometraggio realizzato solo per i fortunati visitatori del museo Ghibli e la progettazione (molto lunga, a quanto pare, si parla di almeno altri tre, quattro anni di attesa) di un nuovo film. Meno male che aveva deciso di andare in pensione. Chiaramente ciò mi fa felice e mi fa ben sperare che Miyazaki sia in ottima forma mentale e fisica e che abbia ancora la necessità di raccontare storie.

Hell, tempo fa, scrisse un articolo (che vi invito a leggere) su David Bradley e sui vecchi immortali del cinema. Miyazaki, classe 1941 (come mio papà) è, senza ombra di dubbio, tra i vecchi più importanti della mia vita. Con lui ho imparato a disegnare, grazie alla fissa per Heidi che avevo da piccina. E, in seguito, ho continuato a emozionarmi coi suoi strabilianti lavori. Mi è capitato, tempo addietro, che qualcuno mi dicesse che gli anime di Miyazaki non sono adatti ai bambini della seconda infanzia, nello specifico si parlava di Laputa, perché i disegni sono ambigui (non si capisce chi è maschio e chi è femmina), ci sono dei cattivi cattivissimi e i pirati. Addirittura una piratessa! Erano gli albori del pericolososissimo gender. Inutile dire che non condivido tale pensiero, ma mi ha imposto una riflessione. Davvero, oggigiorno, possiamo temere i contenuti delle opere di Miyazaki e valutarli come negativi? Ritengo anch’io necessaria una scelta tra le opere, Porco Rosso o La Città incantata sono troppo complessi ed è necessario essere un pochino più grandi per fruirne al meglio. Ma certamente non sono pericolosi. Credo, anzi, che siano indispensabili. Oggi più che mai. I bambini che non affrontano la paura scoprendo il Male soffriranno in futuro di molteplici frustrazioni. Il Male che, come in ogni fiaba che si rispetti, alla fine viene sconfitto. E non può che essere un valore imprescindibile nello sviluppo di ogni singolo bambino.

La piratessa Dola in Laputa — Castello nel cielo. davvero atroce e ambigua, eh.

Laputa è assolutamente adatto ai bambini di 4–5 anni, voglio dirlo chiaramente. Sempre se si concepisca il fatto che sia auspicabile la visione in compagnia dell’adulto, non per un pericolo di trauma in agguato, ma perché certe meraviglie è bello condividerle. Oppure lasciateli lì da soli, inebetiti dinnanzi a Peppa Pig. A voi la scelta.

Francobollo in memoria di Giovanni Battista Caproni col suo primo velivolo.

In attesa di goderci Kimi tachi wa Do Ikiru Ka (Voi come vivete?), tratto dal romanzo di Genzaburō Yoshino, ho deciso di rivedere Si alza il Vento, l’ultima fatica del Nostro. Se la prima visione è stata una diga rotta di lacrime, la seconda è stata una diga rotta di lacrime volume due.

Si alza il Vento si ispira al racconto omonimo di Tatsuo Hori e narra la storia del giovane Jirō Horikoshi, che sogna di pilotare aerei nel Giappone del 1918. Ma il suo desiderio viene troncato di netto a causa della sua miopia. Un giorno gli appare in sogno il progettista di aerei Giovanni Battista Caproni, che gli suggerisce di non arrendersi e di seguire le sue orme.

“Il progettista è colui che conferisce forma al sogno”, lo incoraggia Caproni. Ed è la chiave di lettura più importante di tutto il film. Siamo tutti progettisti dei nostri sogni, qualunque essi siano.

Privo degli elementi fantastici tipici dei suoi lavori precedenti, questa volta Miyazaki sceglie di raccontare, a modo suo, la biografia di Horikoshi, parlando tanto di sé e delle sue passioni. La prima, tra tutte, quella del volo. La seconda, quella dell’Italia. Cosa che sbalordisce, inutile negarlo. Eppure Miyazaki non ha mai nascosto l’amore per il nostro strano Paese, trasmettendolo a tutto il mondo, grazie alla figura onirica dell’ingegnere trentino Caproni. Il nipote, Italo Caproni, rimase senza parole, domandandosi come sia riuscito il regista nipponico a rappresentare così bene suo nonno. Partecipò più volte alle proiezioni del film (un mio amico, all’epoca, me lo confermò). Tanto amore equivale ad altrettanta dedizione nel voler raccontare egregiamente dei personaggi realmente esistiti, e se tra questi c’è anche un italiano, come posso non essergli grata? Era il 2013 e, oggi come allora, non abbiamo fatto grandi passi avanti come popolo, a mio parere. E in un periodo storico ove collezioniamo figuracce, meschinità d’ogni sorta, ignoranza a profusione, Miyazaki ci ha regalato qualcosa di prezioso: l’ammirazione.

Si alza il Vento è, senza alcun dubbio, l’opera più intima e personale del regista, rigorosa nel raccontare la storia del Giappone (che noi poco conosciamo) nei primi ‘30 anni del ‘900, prendendo come protagonista assoluto, per la prima volta, un personaggio realmente esistito. Horikoshi, colui che inventò il Mitsubishi A6M Zero, l’aereo straordinario rimasto nella storia dell’aviazione, utilizzato poi dall’impero giapponese nella Seconda Guerra Mondiale. Una guerra che Miyazaki racconta a modo suo, mostrandone le difficoltà e le ripercussioni sul suo popolo, e sul protagonista. Ogni sogno, portato avanti con fedeltà estrema, ha delle conseguenze. Qualcosa, inevitabilmente, sei costretto a perdere. Magnifica la storia d’amore tra Horikoshi e Nahoko, colma di tenerezza, rispetto e affetto. Non poteva mancare, anche in quest’opera, una figura femminile di enorme spessore.

Si alza il Vento è un film complesso nei contenuti, quindi di difficile comprensione per i più piccoli. Ma in esso padroneggiano messaggi indispensabili per tutti i giovani che, in quanto tali, coltivano sogni.

Ma io credo che sia rivolto a tutti noi. Come sempre. Lo palesa un commovente finale, di rara poesia.

“Le vent se lève… II faut tenter de vivre!” (Paul Valéry)

“Si alza il vento, bisogna tentare di vivere”.

Sarà fatto, sensei. Al prossimo film.

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