Demoni dal profondo dello spazio

Alessandro Girola
M E L A N G E
Published in
6 min readJul 22, 2019

L’Immaterium (chiamato anche Empyreo, Aethyr o, più spesso, Warp) è una dimensione alternativa all’interno dell’universo fittizio di Warhammer 40.000. (…)
Superficialmente, è la soluzione di Warhammer 40,000 ai problemi dei viaggi a velocità superiori a quella della luce, un equivalente del popolare concetto di iperspazio nella fantascienza. (…)
L’energia che generi l’Immaterium si pensa sia una diretta conseguenza del pensiero e dell’esistenza delle anime. Considerato come un riflesso oscuro dell’universo materiale, è un oceano di caos, ove le crude emozioni dei viventi prendono forma. Influenzato dalle emozioni e dalle azioni, l’Immaterium è il reame del Caos, casa degli oscuri dei e dei loro seguaci. Si pensa anche che sia il luogo dove riposano gli spiriti dei morti, e può essere considerato l’oltretomba dell’universo di Warhammer 40.000.

Questa è la descrizione, ricavata da Wikipedia, del cosiddetto Warp, concetto di fantasia che costituisce il fulcro dello scenario di Warhammer 40.000, risultando anche un elemento importante del gioco “gemelllo”, Warhammer Fantasy Battle.
Il Warp è affascinante, nel suo essere un elemento esoterico, magico e non piegato alle leggi della fisica, ma comunque incentrato in un’ambientazione che accomuna la fantascienza dei viaggi interstellari al fantasy.

Come è facile immaginare, i viaggi nel Warp sono ricchi di insidie. Intere navi vi si perdono ed emergono decenni più tardi in altre galassie. In molti casi i loro equipaggi sono stati divorati o mutati dalle entità demoniache che popolano l’Immaterium. In altri casi tali vascelli svaniscono senza più ricomparire, inghiottiti dal reame del caos e dai mostri che lo abitano. Essi sono creature in prevalenza spirituali, ma in grado di interagire — seppur in modo limitato — col piano materiale d’esistenza.

Warp e Immaterium rappresentano uno dei mash-up tra horror e fantascienza di cui sono ricchi gli ultimi tre decenni di storia del fantastico.
Immaginate lo spazio profondo come un novello territorio inesplorato, popolato da esseri sconosciuti, solitamente poco benevoli verso i miseri umani. Queste entità attendono il momento in cui l’essere umano sviluppa sufficienti tecnologie per attraversare i loro reami, per poi assalirlo e unirsi a esso, in una mutazione innaturale, blasfema e letale.

Già H. P. Lovecraft ha immaginato il concetto di extraterrestri tanto potenti e “alieni” (in senso letterale) da poter essere identificati come demoni e creature infernali. In verità il Solitario di Providence ha sempre giocato sulla sottile, spesso confusa differenza tra il concetto di “demone” e quello di alieno. Facendo un bilancio si può azzardare a dire che ha prevalso questa seconda interpretazione: gli Antichi lovecraftiani sono creature provenienti da altre dimensioni, da altri universi, ma sfuggono al concetto semplice (e in parte rassicurante) del Male, abbracciando quello più vasto dell’ignoto, dell’extraterrestre.

Molti anni dopo il concetto è stato ampliato, trasferendo la minaccia dalla Terra allo spazio.
Impossibile non citare la saga videoludica Doom, dove assistiamo a un’invasione di demoni interstellari dotati sia di potenti armi tecnologiche che di letale magia oscura. Le colonie marziane prese d’assalto dai mostri e dalle loro progenie hanno forgiato il sense of wonder di intere generazioni, attraverso una fascinazione oscura e meravigliosa. Peccato che il film tratto dal videogioco abbia rinunciato allo spunto horror, per ripiegare su una banalissima storia di mutazioni del DNA, roba già vista e rivista in decine di pellicole assai migliori di questa. Manca, nel suddetto film, ogni riferimento a quella commistione tra il concetto di alieno e quello di Male atavico, di cui il videogioco è pregno.

Assai più interessante è Event Horizon (Punto di non ritorno), film del 1997 di Paul W.S. Anderson.

Nell’anno 2047 sulla Terra arriva un segnale di soccorso dalla Event Horizon, un’astronave scomparsa sette anni prima durante il suo primo viaggio, probabilmente per un incidente. Ricomparsa nell’orbita del pianeta Nettuno, viene inviata la nave Lewis and Clark per investigare. L’equipaggio, che include il progettista della Event Horizon, il Dr. William Weir, giunge a destinazione in 56 giorni durante i quali i membri giacciono in stato di animazione sospesa. Al risveglio Weir informa gli altri membri sulla verità dietro l’incidente. La nave era un prototipo segreto equipaggiato con un nuovo tipo di motore costituito da una camera in cui si trova un micro buco nero che permette di creare un wormhole (un tunnel spazio-temporale) che permette di recarsi istantaneamente da una parte a un’altra dell’universo. La nave sarebbe scomparsa durante il test di un salto da Nettuno alla volta di Proxima Centauri, la stella più vicina al Sole. Il Dr. Weir fa ascoltare la registrazione del segnale di soccorso. Si odono urla raccapriccianti e una misteriosa frase in latino…

L’idea che sta alla base del film (seguono spoiler) è più o meno la stessa del Warp: attraversando il vuoto interstellare attraverso curvature dello spazio-tempo, si rischia di finire in dimensioni, anzi, in realtà, che sono lo specchio deformante della nostra. Non-luoghi in cui il caos e l’entropia sono le uniche forze dominanti, e in cui un normale essere umano è destinato a impazzire.
E infatti la nave Lewis and Clark sfiora l’Inferno, con tutti i suoi orrori.

Impossibile non citare l’ultimo nato in questo particolarissimo filone, vale a dire Dead Space. Titolo videoludico che ha dato i natali a una miriade di prodotti correlati (fumetti, romanzi, film d’animazione, action figures), Dead Space si svolge in un lontano futuro in cui un misterioso “virus” simbiontico è in grado di prendere possesso degli esseri umani tramutandoli in creature note come necromorfi, le cui caratteristiche orrende e infernali ricordano non poco certe illustrazioni riguardanti la Commedia dantesca…
Inoltre c’è un elemento religioso, la Chiesa di Unitology, che getta ombre mistiche-esoteriche su uno scenario che, viceversa, sarebbe un ben più classico fantahorror.

L’anno 2009 sforna un film di cui ingiustamente si parla sempre poco, vale a dire Pandorum, con Christian Alvart alla regia. La storia narra di un’imponente nave di colonizzazione, la Elysium, in rotta verso il pianeta Tanis, con diverse migliaia di astronauti ibernati a bordo (60.000, per l’esattezza).
Durante il viaggio, che ha una durata prevista di 123 anni, qualcosa va storto e due membri dell’equipaggio vengono svegliati anzitempo per indagare sul guasto ai reattori della nave.
Purtroppo per loro i due sfortunati ufficiali di bordo scopriranno che la Elysium è infestata da mostruosi umanoidi cannibali, la cui natura sembra (ma non lo è) inspiegabile.
Non spoilero oltre, perché il film e il mistero che regge la trama meritano una visione al netto di qualunque antipatica anticipazione.
In realtà Pandorum entra in questa categroria un po’ forzatamente, perché non ci sono forze diaboliche all’opera, né altro che vi assomigli. Tuttavia è un film che richiama queste atmosfere marcatamente horror, tra l’altro riuscendoci in pieno.

Recentemente questo particolare filone si arricchito di una serie fantascientifica prodotta tratta da un romanzo breve di George R. R. Martin. Si tratta di Nightflyers, trasmesso per l’Italia da Netflix.

Nel 2093, un team di scienziati intraprende un viaggio nello spazio a bordo di una nave avanzata chiamata Nightflyer per stabilire il primo contatto con forme di vita aliene. Tuttavia, quando si verificano eventi terrificanti e violenti, la squadra inizia a interrogarsi e a capire che c’è qualcosa a bordo del Nightflyers con loro.

Nightflyers è un esperimento solo in parte riuscito, visto che spesso il ritmo si abbassa al punto da diventare un po’ soporifero. Ci sono però degli spunti molto interessanti, tra cui il mistero di una razza aliena con cui gli astronauti terrestri devono incontrarsi. Mistero a cui si intreccia un male serpeggiante che si diffonde sempre più velocemente sull’astronave, minacciando l’intera missione.

Il filone della fantascienza “demoniaca” sembra ancora tutto da scoprire e può senz’altro riservare nuove sorprese ai suoi non pochi appassionati.
Dopo il diffondersi lento ma inesorabile del dark fantasy, si attende ora il dilagare della dark science fiction, che comunque potrebbe risultare più innovativa e originale rispetto all’abusatissimo filone apocalittico.

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