Doctor Sleep (il romanzo)

Alessandro Girola
M E L A N G E
Published in
5 min readOct 28, 2019

Oramai anche i sassi sanno che a breve — il giorno di Halloween del 2019, non a caso — uscirà nei cinema italiani Doctor Sleep, l’adattamento dell’omonimo romanzo di Stephen King, pubblicato nel 2014.
Doctor Sleep è noto più per essere il seguito di Shining che non per la sua trama, ed è un peccato, perché per me è un romanzo valido. Colgo quindi l’occasione per riproporre la mia vecchia recensione del suddetto romanzo, riveduta e aggiornata. Necessita un’ulteriore precisazione, forse superflua per alcuni: quando parlo di “seguito di Shining” intendo il libro di zio Stephen, e non il film di Kubrik. Perché tra i due media ci sono differenze, e sono anche piuttosto note.

Perseguitato dalle visioni provocate dallo shining, la luccicanza, il dono maledetto con il quale è nato, e dai fantasmi dei vecchi ospiti dell’Overlook Hotel dove ha trascorso un terribile inverno da bambino, Dan ha continuato a vagabondare per decenni. Una disperata vita on the road per liberarsi da un’eredità paterna fatta di alcolismo, violenza e depressione. Oggi, finalmente, è riuscito a mettere radici in una piccola città del New Hampshire, dove ha trovato un gruppo di amici in grado di aiutarlo e un lavoro nell’ospizio in cui quel che resta della sua luccicanza regala agli anziani pazienti l’indispensabile conforto finale. Aiutato da un gatto capace di prevedere il futuro, Torrance diventa Doctor Sleep, il Dottor Sonno. Poi Dan incontra l’evanescente Abra Stone, il cui incredibile dono, la luccicanza più abbagliante di tutti i tempi, riporta in vita i demoni di Dan e lo spinge a ingaggiare una poderosa battaglia per salvare l’esistenza e l’anima della ragazzina. Sulle superstrade d’America, infatti, i membri del Vero Nodo viaggiano in cerca di cibo. Hanno un aspetto inoffensivo: non più giovani, indossano abiti dimessi e sono perennemente in viaggio sui loro camper scassati. Ma come intuisce Dan Torrance, e come imparerà presto a sue spese la piccola Abra, si tratta in realtà di esseri quasi immortali che si nutrono proprio del calore dello shining.

Commento

Tornare, a distanza di moltissimi anni, su un bestseller come Shining, è stata un’operazione commercialmente furba, ma anche molto rischiosa.
King ha dimostrato, coi romanzi degli anni 2000, di aver recuperato una verve creativa che pareva essersi appannata negli anni ’90, i peggiori della sua carriera, anche a causa del noto incidente automobilistico che tanto ha influito sulla sua creatività. Per fortuna King si è ripreso, non solo fisicamente ma anche mentalmente, riprendendo a scrivere con una verve ancora maggiore. Non solo: nei 2000 King è diventato sempre più un narratore dell’America vera, quella della gente comune, scrollandosi di dosso l’etichetta di mero autore horror. Etichetta che, diciamolo, non mai stata del tutto appropriata, per un romanziere da sempre ricco di sfaccettature.

Quindi forse il 2014 era il momento migliore per tentare l’impresa: scrivere il sequel di uno dei suoi libri più amati. E infatti il romanzo è arrivato.
Ma Doctor Sleep è un buon romanzo?

Sì.
Non è trascendentale, ma è molto buono. Ho preferito (e non di poco), 22/11/63, tanto per citarne uno, ma siamo comunque attorno a un voto pari al sette più, per capirci.
Però Doctor Sleep è un libro pensato e scritto soprattutto per i lettori di lungo corso di King. Per i true belivers.
Riprendere la storia di Dan Torrence, che il lettore aveva lasciato decenni fa, nei panni di un bimbo in fuga dal padre impazzito e dall’Overlook Hotel in fiamme, è strano, per chi segue King da anni. Anche perché siamo oramai proiettati al presente, e Dan ha quasi quarant’anni. Circa la mia età, tra le altre cose.

I rimandi a Shining ci sono (ovviamente), ma sono meno preponderanti di quanto sia lecito pensare.
La storia è incentrata sui vampiri psichici del Vero Nodo, una tribù di essere “non più umani”, che attraversa gli Stati Uniti in cerca di prede.
Prede particolari: bambini dotati della “luccicanza”, ovvero di poteri mentali (Esp) più o meno manifesti, che i membri del Nodo si sniffano dopo averli torturati, per “raffinarli”.
Gli stessi poteri del nostro Dan Torrence, come ben sappiamo.

Il Vero Nodo, comandato dalla bella e terribile Rose Cilindro, richiamano più — buffo a dirlo — ai vampiri di Salem’s Lot, forze il mio romanzo kinghiano preferito (non a caso citato anche in un passaggio di Doctor Sleep).
Tuttavia, ok, è pur sempre del sequel di Shining che parliamo, anche se il Re si impegna più che altro a sviluppare la sua idea di un’America nascosta, popolata da creature malvagie e antiche, ma anche di persone dotate di doti, grandi o piccole, atte a contrastarle. Tema, questo dei poteri telepatici e telecinetici, che ritorna anche nel suo ultimo romanzo, L’Istituto.

Non una novità né uno spunto particolarmente originale, ma la trama è ben sviluppata e narrata in maniera meno logorroica che in passato.
Merito di un buon editor, forse? (Sì, credo proprio che la spiegazione sia questa — dietro un romanzo che fila liscio c’è sempre un bravo editor!).

King riprende poi il discorso, più volte affrontato, sulle dipendenze e sulle tentazioni. In questo caso si parla di alcolismo, che è in un certo senso il vero protagonista di tutta la prima metà del libro.
Doctor Sleep cade sul finale, un po’ raffazzonato e senza il necessario mordente, considerando quanto è stato costruito nelle pagine precedenti. Questo del finale moscio è però un difetto che King è raramente riuscito a limare e a limitare.

Ma, alla fine, vale la pena leggere Doctor Sleep?
Secondo me sì. Il romanzo è valido, a tratti molto valido, anche se forse non è uno dei migliori del Re. La sensazione postuma, per un vecchio lettore, è quella di essersi fatto un giro nei luoghi dell’infanzia, senza però melensaggini o eccessiva malinconia.
Alla fine ci sta.

--

--