La Fortezza (il romanzo)

Alessandro Girola
M E L A N G E
Published in
4 min readJun 10, 2020

Passo Dinu, Romania, Seconda Guerra Mondiale.
Qualcuno sta uccidendo i soldati tedeschi che hanno da poco occupato la solitaria fortezza di un desolato passo montano nel cuore della Valacchia.
Invisibile e silenzioso, il nemico sceglie una o due vittime per notte, lasciando dietro di sé corpi mutilati e dissanguati. Spaventati da quanto accade, i nazisti inviano sul posto una squadra di commando scelti delle SS, incaricati di scoprire e fermare il misterioso assassino. Il maggiore Kaempffer, scoprendosi a sua volta impotente, ricorre all’aiuto di un esperto di folklore locale, il vecchio ebreo Theodor Cuza, accompagnato dalla giovane figlia Magda. Una cosa è infatti oramai chiara: l’assassino solitario della fortezza non può essere né un partigiano, né un essere umano.

La Fortezza (di Michael Mann) è un piccolo cult per i veri appassionati dell’horror. Un film atipico, difficilmente catalogabile, epico e drammatico. Horror di qualità, che poi però non è nemmeno del tutto horror, a voler ben guardare.
Il film è molto bello, ma il romanzo — come spesso accade — lo surclassa. Il suo autore, F. Paul Wilson, è abilissimo a miscelare l’elemento soprannaturale, plasmandolo con sapienza, per innestando in un contesto indubbiamente affascinante quale è la Seconda Guerra Mondiale.

Laddove la storia sembra dapprima procedere senza troppa originalità ma con grande stile, innestandosi nel filone vampiresco, ecco che all’improvviso subisce inaspettatamente una svolta molto azzeccata. Si tratta di un colpo di scena (un plot twist) di quelli più riusciti, sopratutto considerando che il romanzo è del 1981, periodo in cui certe tematiche che ora vanno di moda erano assai più rare da incontrare.

L’intreccio di personaggi proposti da Wilson è molto affascinate:

– Il capitano Woermann, soldato tedesco di grande esperienza e spiccato senso dell’onore, non iscritto al partito nazista:
– il maggiore Kaempffer, freddo e opportunista ufficiale delle SS, fedelissimo al regime;
– Theodor Cuza, professore ebreo, di grande cultura ma devastato nel fisico e nel morale;
– Magda Cuza, la sua giovane figlia, tanto bella quanto votata alla cura del padre malato;
– Radu Molasar, il “vampiro” che da cinquecento anni giace nella fortezza di Dinu;
– Glenn, il misterioso straniero giunto da lontano per combattere Molasar.

L’autore riesce a creare un equilibrio del tutto riuscito tra queste personaggi, mettendo un piedi un gioco di specchi in cui nessuno (ma proprio nessuno) è del tutto buono o del tutto cattivo, tranne forse l’entità conosciuta col nome di Molasar, spietato coi nemici e apparentemente generoso con gli alleati.
Ma se Molasar, massacratore di nazisti, fosse più malvagio di loro? Sarebbe comunque lecito scendere a patti con una creatura del genere, in grado forse di arrivare addirittura a Berlino e far cadere il Reich?

Questo è l’interrogativo più interessante che Wilson propone ai lettori. Personalmente ho trovato facile fare il tifo per Molasar, per quanto risulti chiara fin da subito la sua spietatezza, la sete di violenza che muove le sue azioni. Eppure, proprio come il professor Cuza, la tentazione per fare il tifo per un Male diverso da quello rappresentato dal nazismo, è stata molto forte fino a una quarantina di pagine dalla fine del libro (dove finalmente tutto viene svelato… ma non lo spoilerò certo qui).

Wilson è un vecchio, astuto romanziere. Il suo stile è ricercato quanto basta, senza lesinare sui passaggi più adrenalinici e sulla documentazione storica necessaria a dipingere uno scenario accattivante e riuscito. Da vecchio amante di H.P.Lovecraft, non posso poi fare a meno di apprezzare le citazioni ai vecchi libri di magia nera che Cuza scopre nella fortezza: il De vermis Mysteriis, gli Unaussprechlichen Kulten e altri, fino ad arrivare al temibile Necronomicon. Chiamatelo tocco di classe.

L’entità-vampiro, Molasar, possiede grandi poteri, ben superiori a quelli normalmente attribuiti ai nosferatu (ma tutto avrà una spiegazione, alla fin fine). Oltre a smaterializzarsi, a curare malattie con la semplice imposizione delle mani e a possedere una forza innaturale, è anche in grado di animare i cadaveri delle sue vittime come morti viventi senza volontà, marionette assoggettate ai suoi ordini.

Un villain memorabile, che meriterebbe fama pari o superiore ad altri “colleghi” più incensati dalla critica.
Abbiamo dunque a che un romanzo d’annata, validissimo, di cui esistono anche vari seguiti, anche se — occorre dirlo — The Keep può essere letto anche come libro assolutamente autoconclusivo.

=> La Fortezza (in italiano, usato, edizione del 1991)
=> La Fortezza (in inglese, versione ebook del 2013)

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