La lunga storia della Caccia alle Streghe

Francesca VF
M E L A N G E
Published in
18 min readNov 13, 2020

C’era una volta una Dea

“Capita oggi giorno che le donne abbiano perso la consapevolezza dell’importanza di ascoltare il proprio corpo. Tutti i giorni usiamo il nostro corpo come un mezzo: per agire nel mondo e muoverci nella realtà che ci circonda, lo adoperiamo come fattore di bellezza e di seduzione, come involucro dei nostri sentimenti e delle nostre emozioni; insomma ci abitiamo ma non conosciamo più la nostra casa. Non sentiamo più noi stesse. E così facendo andiamo via via svuotandoci della nostra meravigliosa complessità e le nostre azioni perdono di potere e di incisività.” (Anticamadre — Il corpo femminile: la riscoperta del sacro Femminino)

Eppure c’era un tempo in cui la donna era rispettata proprio per questa sua complessità. In particolare, ancora sconosciuti i meccanismi della riproduzione e il collegamento fra seme maschile e ovaio femminile, la capacità delle donne di generare la vita le poneva su un piano di superiorità fisica e spirituale. Il ciclo mestruale non era fonte di vergogna o segno di impurità: al contrario, era uno strumento importante che scandiva lo scorrere del tempo e delle stagioni; non è un caso che diverse incisioni rupestri ritraevano donne con bastoni a 28 tacche come primi rudimentali calendari.

Non solo, la vastità di ritrovamenti risalenti al Paleolitico Superiore di statuette votive in aree così vaste e distanti fra loro, e con caratteristiche incredibilmente simili (seni grandi, ventre gonfio, arti e viso appena accennati), sembra confermare l’esistenza di un culto uniforme e diffuso verso una divinità femminile portatrice di vita e fertilità, altrimenti conosciuta come Grande Madre.

Ma diamo uno sguardo più da vicino. L’immagine riporta solo alcune delle 600 e più figure risalenti al periodo compreso fra il 30.000 e l’11.000 a.C. ma le affinità sono molte, soprattutto nella conformazione del corpo (ventre largo), nell’attenta delineazione di alcune parti di esso, nell’assenza di tratti somatici precisi (ad eccezione della Venere di Brassempouy, la più antica) e dei piedi, nella presenza di capelli e copricapi e nella colorazione ocra, tipica degli oggetti ad uso ritualistico e religioso.

Nel corso del Neolitico, sempre grazie ai ritrovamenti archeologici e ad una loro interpretazione trasversale da parte dell’archeologa e linguista Marija Gimbutas (*), è possibile vedere come l’immagine della divinità femminile si evolva e si differenzi secondo ambiti simbolici e “funzionali” separati, anche se il principio rimane lo stesso: la fonte della vita dell’universo e il ciclo di nascita e morte che lo caratterizza.

La complessità di questi ambiti rende impossibile farne una catalogazione completa e precisa, però possiamo dare uno sguardo a quelli più facilmente riconoscibili:

Dea fonte di vita

è la dea dai seni fecondi che nutre la terra e ne placa la sete. È spesso rappresentata con i seni in evidenza, sostenuti dalle mani e pronti a donare latte

Dea generatrice di vita

è la dea gravida, potere del femminile di dare origine non solo alla vita umana ma a tutte le cose, simbolo della fecondità della Terra e della fertilità.

A volte è rappresentata con il «bucranio», copricapo a forma di corna di bue che richiama la forma degli organi di riproduzione femminili

Dea della trasformazione

Rappresenta il rinnovamento che garantisce la continuità della vita. È associata al serpente, simbolo di trasformazione ed energia vitale, e ne richiama spesso la forma

Dea Madre

La dea che tiene in braccio il bambino, icona del femminile materno sacro, della pienezza del donare e del ricevere, del grembo che accoglie la vita anche dopo che è nata, la nutre, la protegge e ne è culla

Dea della morte

Morte e oscurità sono tappe fondamentali nel processo di rigenerazione e la Dea portatrice di morte non ha una valenza negativa, come potremmo pensare semplicemente celebra un processo indispensabile per garantire il ciclo della vita. La sua raffigurazione perde i tratti morbidi della Dea Madre e assume tratti rigidi e longilinei, anche se è ben evidenziato il triangolo pubico, fonte della rinascita.

(*) Marija Gimbutas, archeologa, linguista, storica ed esperta di folklore e ritualistica, è universalmente riconosciuta come una delle maggiori esperte mondiali della civiltà del bronzo. Applicando a una serie di ritrovamenti l’approccio interdisciplinare da lei creato, che connette linguistica, religioni comparate, mitologia, studio di documenti storici e folklore, riuscì a fare luce su linguaggio e ritualistica delle popolazioni indoeuropee in epoca neolitica, portando per la prima volta in evidenza l’idea di civiltà arcaiche matrilineari fondate sul culto di una divinità femminile. Si era alle soglie degli anni ’70 e le sue teorie estremamente innovative ricevettero molti consensi (c’è chi paragonò l’importanza delle sue scoperte alla Stele di Rosetta) ma anche parecchie critiche da chi non vedeva (o non voleva vedere) le prove di una presenza femminile forte e determinante nella società e nella religione. Sta di fatto che, grazie anche al lavoro della Gimbutas, la strada del femminismo era intrapresa.

Com’era, quindi, la vita delle donne nelle società agricole nel lungo periodo del Neolitico?

Sicuramente molto impegnativa. Mentre gli uomini si occupavano della caccia e quindi stavano lontani per lunghi periodi, le donne si prendevano cura dei campi, della piantagione e della raccolta, e per fare questo, avevano sviluppato una conoscenza molto approfondita dei ritmi della Natura. Addomesticavano gli animali, curavano la famiglia, si occupavano della preparazione e della conservazione del cibo, della creazione di indumenti e di strumenti utili, imparavano a capire le proprietà delle erbe curative. Ma, soprattutto, le donne creavano rapporti sociali: scambiavano e trasferivano conoscenza sia all’interno del proprio nucleo familiare che con le altre donne e, insieme, celebravano in modo libero e consapevole tutti i passaggi della vita — nascita, prima mestruazione, gravidanza, menopausa, morte — attribuendo a ognuna di queste fasi una propria sacralità.

Insomma, le donne in epoca preistorica avevano molto più conoscenza, e quindi libertà, di quanto si potesse immaginare.

E chissà come sarebbero andate le cose se questo status fosse continuato nel corso dei secoli successivi, fino ai giorni nostri.

L’inizio della fine

A partire dal 3000 a.C., a seguito di continue invasioni di popolazioni provenienti dall’est europeo con la conseguenza dello scatenarsi di una serie di guerre devastanti, il ruolo delle donne nelle società agricole e semi-stanziali viene completamente stravolto.

In primo luogo, i grandi nuclei, le tribù di cacciatori-raccoglitori che avevano coesistito pacificamente sui territori, cominciano a disintegrarsi: per sfuggire al nemico o per cercare altre terre libere i clan si dividono e intraprendono viaggi lunghi, spesso mortali, verso destinazioni ignote. Le donne sono costrette a seguire il capo famiglia e perdono il contatto diretto con la terra e, soprattutto, con le altre donne, rimando isolate e relegate al solo ambito domestico. Venendo meno la possibilità di apprendere e scambiare informazioni, la donna perde la propria autonomia e diventa sempre più dipendente dall’uomo. Peggio, privata dell’indipendenza, diventa vera e propria merce di scambio: per saldare i debiti, per creare alleanze, per permettere all’uomo di sfogare rabbia o pulsioni sessuali inappagate. E quando proprio non serve e niente, viene cacciata in un convento e dimenticata.

Ma come giustificare questa progressiva e forzata dipendenza della donna dall’uomo, fosse egli padre, marito, fratello o padrone? Semplice: con lo zelante supporto di religione e legislazione, che si diedero da fare per fornire basi teoriche e morali relative al ruolo sottomesso della donna.

> Legge di Urukagina (2350 a.C. circa): vieta alle vedove di sposarsi e sancisce diritto di sfregiare le donne irrispettose

> Codice di Hammurabi (1792/50 a.C.) che conteneva ben 75 leggi, su 282, riguardanti il matrimonio, la posizione e gli obblighi sessuali delle donne.

> Una delle testimonianze più agghiaccianti di come fosse vista la donna in quel periodo ci viene fornita dall’Antico Testamento, dove il levita Efraim, per evitare di essere sodomizzato da un gruppo di banditi, non ci pensa un attimo a mettere a loro disposizione la sua concubina, che viene stuprata fino all’alba e abbandonata mezza morta davanti alla porta.

> E che dire di Lot, patriarca e nipote di Abramo, che offre le sue giovani figlie agli abitanti della città di Sodoma per salvare i suoi ospiti?

No fratelli miei, non fate del male! Sentite, io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto un uomo; lasciate che ve le porti e fate loro quello che vi pare, purché a questi uomini voi non facciate niente, perché sono entrati all’ombra del mio tetto. (Genesi, 19:6)

Questo non è che l’inizio di una discesa umiliante e inesorabile e la fine di un culto, quello della Dea della fertilità e della vita, sancito dalle parole della Genesi, dove Jahwe, dio maschile, offre ad Abramo il dono della fertilità:

Guarda il cielo e conta le stelle. Riesci a contarle? E aggiunse: così sarà la tua progenie. (Genesi, 15,5)

E, oltre alla fertilità, dà all’uomo il possesso della terra. Cioè, assegna a un popolo ciò che la Dea Madre aveva donato a tutti gli uomini.

Da questo momento in avanti, il concetto di donna come proprietà priva dell’uomo viene approvato da tutte le gerarchie ecclesiastiche ebraiche (e non condannato da quelle cristiane)

Da Dea a Strega. Cronaca di un genocidio

Sottomessa all’uomo nella cultura greco-romana

Considerata impura durante il ciclo dalla cultura semitica

Strumento di procreazione nel Medioevo cristiano

Oggetto di scambio per le dinastie nel corso della storia

Venduta ai creditori dalle proprie famiglie per saldare i debiti

Nel giro di una manciata di secoli, la donna perde libertà, identità e consapevolezza del proprio essere e da matrice del divino diventa l’incarnazione del male, anzi, di tutti i mali.

In realtà, la lotta alla Stregoneria nell’Antichità e fino alla fine del Medio Evo riguardò veneficium (avvelenamento), maleficium, idolatria e riti pagani e fu rivolta indifferentemente a uomini e donne.

Ci furono sì condanne, ma l’atteggiamento generale era quello di bollare come superstizione le credenze nei fenomeni magici e di chiudere un occhio sulle varie festività e celebrazioni di stampo pagano (riti di fertilità, di passaggio, solstizi, stagionalità ) che resistevano tenacemente soprattutto nelle aree rurali. Inoltre, il sapere medicale era ancora appannaggio delle donne (herbarie, levatrici) che comunque continuavano ad essere ricercate, anche se sempre più in segreto, per le loro capacità.

Le punizioni consistevano in somme di denaro, prigionia, fustigazione, penitenza e solo raramente la condanna a morte.

Nella Legge Salica (prima metà del VI secolo), coloro che somministrano una pozione d’erbe a qualcuno con l’intento di ucciderlo, chi commette maleficio, chi somministra alle donne pozioni d’erbe abortive pagherà il suo crimine in solidi, cioè denaro, in proporzione alla gravità del danno arrecato. Inoltre, si legge che “se qualcuno chiama una donna stria (Strega) e non può provarlo, sia giudicato colpevole per solidi 187 e mezzo” (capitoli De Herburgium).

Nell’Editto di Rotari, del 643 d.C., si legge “Nessuno pensi di poter uccidere un’aldia di qualcuno o una schiava in quanto Strega, che si dice masca”.

Sotto Carlo Magno, l’attenzione si sposta verso la volontà di contrastare le vestigia di un paganesimo duro a morire e diventa, al lato pratico, un tentativo di estirpare ogni forma di superstizione o di rituale propiziatorio o apotropaico, soprattutto quelli di origine sassone.

Se qualcuno, ingannato dal diavolo, avrà creduto secondo la superstizione pagana che un uomo o una donna sia una striga e perciò l’abbia bruciato, o ne abbia fatto mangiare le carni, sarà punito con la sentenza capitale (Capitolare, 785 a.C.).

In altre parole, Carlo Magno riteneva assurda l’esistenza di Streghe (il termine striga indicava sia uomini che donne) ed eccessiva la pena di morte per chi era accusato di Stregoneria, pur condannando la pratica di maleficio, inteso come pratica di origine pagana e quindi diabolica.

Con la fine del Medio Evo e l’inizio di una nuova epoca di rinascita e modernità che pone l’uomo al centro dell’universo, le cose non cambiano. Anzi, è proprio da questo momento che la visione della donna-Strega intesa come fattucchiera, megera, donnette invidiosa che agisce in un ambito privato o comunque molto limitato si trasforma in qualcosa di molto più socialmente pericoloso: la Strega Malefica, che fa parte di una congrega o setta e ha rapporti carnali con il demonio, macchiandosi così del sacrilego peccato di apostasia, l’abbandono volontario della fede e la sottomissione cosciente al demonio, molto più grave del peccato di eresia di cui venivano accusati gli uomini, vittime involontarie degli inganni del maligno.

Bolle e Martelli

1252: con la Bolla Ad Extirpanda emessa da Innocenzo IV viene per la prima volta ufficializzata l’approvazione pontificia della tortura come strumento di ottenimento della confessione per gli eretici.

1326: con la Bolla Super Illius Specula, papa Giovanni XXII autorizza anche per le donne accusate di Stregoneria la procedura prevista per gli eretici. Con questa bolla inizia ufficialmente la caccia alle Streghe da parte della Chiesa tramite l’Inquisizione.

Ma il vero colpo di grazia arriva nel 1484, quando papa Innocenzo VIII con la promulga della bolla Summis desiderantes affectibus (Desiderando con supremo ardore) riconosce ufficialmente l’esistenza delle Streghe e dà carta bianca a due frati inquisitori domenicani, Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer, affinché estirpino fino alla radice stregoneria ed eresia, con pena la scomunica per chi non li avesse sostenuti nel loro mandato.

A supporto della loro “sacra missione”, i due domenicani creano uno strumento ad hoc, una sorta di compendio per il perfetto inquisitore che racchiude tutte le linee guida, le procedure di interrogatorio, di contraddittorio e i metodi “persuasivi” e punitivi per riconoscere i segni della stregoneria e fare confessare le accusate: il Malleus Maleficarum, il Martello delle Streghe (1487). E per dare maggior credito a questo strumento, si inventano una Approbatio (Approvazione) da parte di una fantomatica commissione di esperti teologi dell’Università di Colonia.

Da questo momento, e per i tre secoli successivi, il Malleus Maleficarum diventa il principale riferimento per inquisitori e giudici, ma anche per il popolo dal momento che era stato volutamente impostato in modo da essere compreso anche dalla gente comune. Con i suoi racconti di malefici e convegni diabolici, non ci mise molto a fare presa sull’immaginazione del popolare, che cominciò a vedere nelle Streghe la causa di ogni disgrazia.

“MALLEUS MALEFICARUM, Maleficas, et earum hæresim, ut phramea potentissima conterens”

“Un pesante maglio contro le Streghe malefiche, che le distruggerà, con una potentissima framea (ascia celtica) insieme alla loro eresia.”

Ma quali motivazioni si nascondo dietro un tale concentrato di odio nei confronti delle donne?

Motivazioni ufficiali

Reprimere i fenomeni dell’eresia, del paganesimo e della stregoneria e dimostrare come le Streghe fossero il vero male del mondo dal momento che si concedevano volontariamente e carnalmente al demonio abbandonando la fede cristiana (apostasia), a differenza degli uomini, vittime dell’inganno del maligno. Naturalmente, dal momento che gli uomini in quanto tali non potevano avere rapporti sessuali con il diavolo (e anche questo la dice lunga sulla frustrazione e sulla visione tragicamente distorta che del sesso avevano questi due frati) ricevevano da esso poteri molto limitati.

Motivazioni reali

Sopprimere fisicamente e definitivamente il ruolo della donna a livello sociale, rendendola subordinata alla volontà maschile. Inventando la figura della Strega in grado di fare terribili malefici si fa presto a indurre sospetto, paura e disprezzo generalizzati che sfociano nella volontà di sopprime fisicamente e socialmente le donne accusate di tali crimini. Bastava una semplice segnalazione, non importa che fosse falsa e pretestuosa, per procedere all’arresto e all’interrogatorio di una sospettata. Ma come provare tali accuse? Semplice, erano le accusate stesse ad ammettere i loro convegni con il demonio. Ammettevano questo ed altro, pur di far cessare le tremende torture a cui venivano sottoposte per estorcere confessioni.

Motivazioni condivise tra i poteri

Per quanto feroce e determinato fosse il sistema istituito da Spreger e Kramer con il Malleus Maleficarum, il loro zelo non sarebbe comunque stato sufficiente a determinare un genocidio. In un modo o nell’altro, tutti i poteri del tempo avevano interesse a sostenere la causa dell’Inquisizione.

Nel corso di tutto il Medio Evo, la Chiesa, impegnata in tutt’altre faccende divine e mondane, aveva perso sempre più consenso fra il popolo a favore delle donne, che riconoscevano ed erano in grado di rispondere ai bisogni della popolazione. Per tradizione e vocazione, erano in grado di creare relazioni sociali e quindi di applicare le loro conoscenze in vari settori, soprattutto in campo medico, e ciò le poneva in un ruolo di rilievo, non solo sociale ma anche economico. Inoltre, nelle aree rurali sperdute, dove spesso non c’erano diocesi e gli uomini erano lontani a combattere, le donne assumevano anche cariche religiose (battesimi, estreme unzioni e perfino la somministrazione dei sacramenti).

Il potere civile, vittima di una medesima perdita di consenso perché non grado di spiegare e far fronte a catastrofi come carestia e peste che affliggevano le popolazioni, trova nelle Streghe un perfetto capro espiatorio verso cui convogliare la rabbia e la frustrazione delle gente. Dal punto di vista giudiziario, l’accusa di Stregoneria comportava, come prima cosa, la confisca dei beni, che finivano nelle mani dello stato.

Inoltre, con la nascita delle prime Università di ambito medico-scientifico, ovviamente riservate solo agli uomini, una nuova classe di medici e scienziati si sentiva fortemente minacciato da tutte quelle figure di curatrici, herbarie e levatrici che da generazioni si prendevano cura di persone e animali.

E il popolo. Non dimentichiamo il popolo, vittima della superstizione e dell’ignoranza, sfiancato da guerre, pestilenze e carestie, aveva bisogno di qualcuno su cui scaricare le proprie frustrazioni. Ma anche deformazioni fisiche, impotenza sessuale, morti sospette, malattie del bestiame e qualsiasi altro incidente che non avesse una spiegazione evidente e immediata veniva imputato alle Streghe.

Motivazioni misogine

Avversione della Femminilità come causa scatenante delle pulsioni sessuali dell’uomo, trascinandolo nella spirale del peccato. Ovviamente, anche la violenza sessuale era colpa della donna, in quanto istigatrice. Suona familiare, vero?

Scrive Sprenger:

“Preferirei avere un leone o un drago in casa mia piuttosto che una donna … Non sorprende che le donne, deboli di mente e di corpo come sono, si facciano tanto spesso Streghe … La donna è la lussuria carnale personificata … Se una donna non riesce ad avere un uomo, si unisce al diavolo in persona”

Le uniche che si salvavano erano le donne virtuose, che si dedicavano esclusivamente alla famiglia e alla casa, senza aver alcun ruolo sociale.

Ma cosa rendeva le donne così inferiori agli uomini?

«Sono malvagie, astute, iraconde, pericolose per la casa e la serenità familiare, deboli nella carne e nello spirito, bugiarde, credulone, parlano troppo, sono vendicative, vacue, deboli di comprendonio, maliziose, diffidenti….»

In altre parole, secondo Kramer e Sprenger,

«Non conviene sposare una donna» (numero 6 dei 45 Difetti che rendono le donne inferiori agli uomini secondo il Malleus).

Purtroppo il Malleus Maleficarum non fo l’unico trattato scritto a supporto della Caccia alle Streghe: Pico della Mirandola con il suo Strix, Jean Bodin con La Demonomania degli Stregoni, Martin del Rio con Le Disquisizioni Magiche e un altro domenicato, fra’ Berardo Rategno da Como con il trattato De Strigis furono solo alcuni degli autori che si occuparono di fornire basi teoriche e indacazioni pratiche per una persecuzione che aveva già assunto proporzioni spaventose.

Bisogna aspettare la metà del XVII secolo per assistere a qualche primo tentativo di cofutare la montagna di assurde menzogne su cui si fondava lo sterminio delle donne.

Il gesuita tedesco Friedrich von Spee con la Cautio Criminalis (I Processi contro le Streghe) prese una posizione coraggiosa contro le modalità con cui erano state estorte le confessioni alle vittime tramite tortura, dichiarando che nessuna delle streghe da lui accompagnate al rogo era colpevole. Lo storico italiano Girolamo Tartarotti con Il Congresso delle Lamie smonta ogni teoria a supporto dei congressi notturni riducendoli a semplici racconti basati su fantasie e credenze popolari, mentre Jules Michelet, storico francese, nel suo saggio La Strega, lancia un’accusa forte e precisa contro la chiesa e i suoi alleati che crearono intenzionalmente il mito della Strega per poter perseguitare le donne.

Dice Voltaire:

“Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle”

e Michelet dice di Jacob Sprenger:

“Ci voleva un degno figlio delle scuole, buon scolastico, uomo ferrato nella “Summa”, saldo su San Tommaso, sempre pronto alla citazione. Sprenger era tutto. Anche scemo!”

guadagnandosi una meritata ola da tutti noi!

Olympe de Gouges, con la Dichiarazione dei diritti della Donna e della cittadina, scritta nel 1791, finì sulla ghigliottina mentre Mary Wollstonecraft, nel 1792, scriveva nella sua Rivendicazione dei diritti della Donna:

“è ora di effettuare una rivoluzione nei modi di vivere delle Donne — è ora di restituirle la dignità perduta — e di far sì che esse, in quanto parte della specie umana, operino riformando se stesse per riformare il mondo”

Numeri che fanno paura

Le grandi caccie si verificarono nel momento in cui, anche grazie alla tortura, si mise in atto un sistema di delazioni tale da supportare e dimostrare le accuse.

* 1300–1330: processi per magia politica

* 1330–1375: processi per stregoneria/malefici

* dal 1375: processi per satanismo

* 1435–1500: prime caccie alle Streghe e pubblicazione dei principali trattati

* 1500–1550: parziale declino dei processi

* Seconda metà del ‘500: ristampa del Malleus maleficarum

* 1550–1580 aumento dei processi

* 1580–1650: periodo più intenso di persecuzioni

* Fine XVII secolo inizio XVIII: declino della Stregoneria

* 1755: ultimo processo in Germania

L’ultima strega massacrata in Italia fu, probabilmente, Margherita , una donna povera e sola , con un’unica figlia femmina ( tutte caratteristiche considerate sospette). La sua lapide recita:

“In memoria della strìa Gatina, ultima strega massacrata in Italia, trucidata a Cervarolo di Varallo, custode dell’antica sapienza montanara”

Della vicenda di Gatina , così Margherita era conosciuta in paese , si interessò anche il Corriere:

“Due uomini bussarono forte alla sua porta, lei aprì e fu la fine: l’ammazzarono a forza di botte, così tante da sfigurarla. Margherita aveva 64 anni, era analfabeta, poverissima, vedova e madre di una ragazza. Il suo fu l’ultimo omicidio di una strega che l’Italia ricordi”

Era il 22 gennaio del 1828 .

Non è facile identificare il numero esatto di processi ed esecuzioni. Lo studioso Hans Kuhn affermò che il numero delle “streghe” uccise, a partire dal 1484 e sino al 1782, ammonta all’impressionante cifra di 9 milioni.

La caccia alle Streghe, quindi, dura 500 anni solo in Europa e tocca tutti i paesi, con maggiore o minore entità, anche se il 75% dei processi si svolsero in Francia, Svizzera, Germania Spagna e Paesi Bassi. I tribunali di inquisizione ufficiali sono ovunque ci sia una diocesi o sede vescovile, centinaia e centinaia di tribunali su tutto il territorio.

Pensando al ribasso: 4 o 5 condanne al rogo inflitte ogni anno da ogni tribunale, si arriva alla cifra simbolica di oltre 2 milioni di vittime. Questo solo stando ai registri e ai verbali. Ma quanti processi sommari? Quante morti sotto tortura? Quanti linciaggi? I calcoli più realisti parlano di 9 milioni di donne uccise!

Femminismo e Femminino

Con la rivoluzione femminista la donna si riappropria di parte di ciò che le spetta: la conquista del diritto di voto, la possibilità di divorzio, la parità di diritti, l’ingresso nel mondo del lavoro qualificato, la parificazione rispetto all’uomo.

Importantissimi progressi che hanno portato a una donna certamente più libera e indipendente, padrona di se stessa e del suo destino.

Eppure, questa nuova «liberazione», porta una contraddizione di fondo: per affermare se stessa, la donna tende ad assomigliare sempre più all’uomo, perdendo la propria peculiarità e, soprattutto, rinunciando alla propria Natura.

Ma allora cosa si dovrebbe fare?

L’ideale sarebbe il rispetto reciproco dei sessi, un’uguaglianza basata proprio sulle differenze che ci rendono unici e, allo stesso tempo, complementari.

Un recupero di quell’Antico Femminino di cui abbiamo parlato all’inizio e che si è perso nel corso dei secoli.

Una Conoscenza che dovrebbe essere in primis patrimonio della donna, e poi sapere condiviso con l’Uomo, che in questo modo potrebbe imparare a guardare con rispetto e con sacralità al corpo della propria compagna.

Questo in un mondo ideale. Nel mondo reale, sarebbe già un’ottima cosa se le donne fossero libere di vivere la loro vita e la loro femminilità senza rischio di essere condannate, o peggio, uccise per questo. Perché, diciamocelo, non ci saranno più i processi, i roghi o i manuali di inquisizione, ma la caccia continua, più subdola, silenziosa, ristretta al privato, ma sempre presente e l’unico modo di farvi fronte è ricreare quella soliderietà femminile di un tempo che ora sembra non esistere più.

Bibliografia

LA GRANDE MADRE
Il culto del femminile nella storia
Laura Rangoni — Xenia Edizioni

LA VOCE DELL’ANTICA MADRE
(e dei modi per cercare di poterla ancora udire)
Ada d’Ariès — Ed. Terra di Mezzo

DONNE SELVAGGE
Dalla Strega alla Dea: percorsi di sciamanesimo femminile
Laura Rangoni — Ed. Ananke

STREGHE
L’ossessione del diavolo. Il repertorio dei malefici. La repressione
Pinuccia di Gesaro — Praxis 3 Ed.

CACCIA ALLE STREGHE
Marina Montesano — Salerno Editrice

STREGHE
Serena Foglia — Biblioteca Universale Rizzoli

LA FEMMINILITA’ AL ROGO
e
L’OLOCAUSTO DELLE DONNE
Fabio Garuti — Anguana Edizioni

GUIDA ALLE STREGHE IN ITALIA
e
LA STREGONERIA IN ITALIA
Andrea Romanazzi — Venexia Ed.

LA STREGA
Jules Michelet — BUR Edizioni

--

--

Francesca VF
M E L A N G E

Apprentice in witchcraft and random magic (IG: stregheedonnemagiche)