La “rule of cool” non basta: Army of the Dead e l’intelligenza narrativa

Davide Mana
M E L A N G E
Published in
7 min readJun 22, 2021

Non volevo scrivere questo post.
No davvero!
Ho di meglio da fare e a malapena l’energia per farlo, perché allora…?
Ah!
Cominciamo dall’inizio…

Ho visto Army of the Dead.
È su Netflix e il mondo intero e sua sorella lo hanno visto: la versione di Zack Snyder dell’apocalisse zombie, costata settanta milioni di dollari, con David Bautista, e pronta a diventare l’inizio di un nuovo universo cinematografico.
Un film d’azione-avventura, più che un horror, è quello che mi aspettavo, e quello che mi piace — preferisco l’azione al gore, ogni giorno della settimana, e i jump scare mi annoiano.
Mi piacciono i film d’azione e avventura.
E credetemi, le mie aspettative erano davvero basse.

È stata un’esperienza senza gioia, come qualcuno ha già detto.
Un’esperienza che mi ha fatto rivalutare molti altri film — rispetto a questo, lo sciocco giocattolone di Monster Hunter sembra John Milius che sceneggia di Karl Edward Wagner per Walter Hill.

E sono sicuro che a questo punto avrete letto le recensioni, sia quelle che lodano Snyder come dono di Dio per le arti cinematografiche, sia quelle che dicono che questo è un carico di spazzatura avvolto in un’estetica sfocata e condito con dubbia moralità. E io sto fermamente nel secondo campo, eppure…

Ok, io odio perdere tempo.
Non sto diventando più giovane, e due ore e mezza sprecate sono un sacco di tempo, alla mia età.
Due ore e mezza che nessuno potrà mai restituirmi.
Quindi mi sono chiesto, posso portare via qualcosa di positivo da questo disastro ferroviario?
Posso imparare qualcosa che farà di me, se non un essere umano migliore, almeno un narratore migliore?

Vediamo… partiamo con una citazione:

“La teoria della roba figa in letteratura è la seguente: tutta la letteratura consiste in tutto ciò che lo scrittore pensa sia una figata. Al lettore piacerà il libro nella misura in cui è d’accordo con lo scrittore su ciò che è figo. E questo funziona dagli orpelli esteriori fino giù al livello della metafora, del sottotesto e del modo in cui si usano le parole. In altre parole, a me capita di non pensare che l’armatura a piastre completa e i grandi spadoni siano fighi. Non mi piacciono. Mi piacciono i mantelli e gli stocchi. Quindi scrivo storie con dentro un sacco di mantelli e stocchi, perché è una figata. I ragazzi a cui piace l’hardware militare, che pensano che l’hardware militare avanzato sia figo, non si butteranno a pesce sui miei libri, perché hanno altre idee su cosa sia figo.
Il romanzo dovrebbe essere inteso come una struttura costruita per ospitare la maggior quantità possibile di roba figa”. (Steven Brust)

Mi piace questa citazione, è una delle tante “regole” che mi piace applicare alla mia scrittura.
E Army of the Dead è un perfetto esempio da manuale dei pericoli e dei limiti della meravigliosa regola di Steven Brust.

Il fatto è che le cose interessanti non bastano.

Non c’è dubbio che Army of the Dead includa molte cose che Zack Snyder considera fighe, un’opinione condivisa da milioni di spettatori e anche da me. Veramente!

Las Vegas? Figo.
Zombie? Figo.
Armi pesanti? Figo.
Ticchettio dell’orologio atomico? Figo.
Doppi giochi? Figo.
Una banda di avventurieri? Figo.
Elicotteri? Figo.
Tig Notaro? Molto figo!

Ma vedete, con la sola possibile eccezione di Tig Notaro, nessuno degli elementi sopra elencati è intrinsecamente figo, di sé e per sé.
Zombi, grossi cannoni, elicotteri e disgustosi doppiogiochisti sono fighi solo se possiamo renderli tali nel raccontare la storia.
E mettere in sottofondo una canzone fatta un milione di volte non è abbastanza per renderli fighi.

Quello che mi insegna Army of the Dead è che c’è bisogno di quella che chiamerò “intelligenza narrativa” per inventare cose interessanti.
Per essere fighi, gli zombi devono fare qualcosa di figo, le armi devono essere usate in modo figo e “da choppa!” … eh!

Buttarli dentro non basta.
Devi essere intelligente, come narratore.
Costruire delle situazioni che facciano emergere e sbocciare l’inertente figaggine di questi elementi.

Ora, essere intelligenti è pericoloso, dal punto di vista della storia.
Corri il rischio di essere troppo intelligente e finisci per mettere i tuoi personaggi in situazioni da cui avranno difficoltà a uscire. Potresti stringerti in un angolo, costruire una situazione dalla quale non c’è via di uscita.

D’altra parte, uscire da una situazione pericolosa progettata in modo intelligente è ciò che rende buona una buona storia … rende il luogo comune fresco e sorprendente.
A questo punto, come narratore avrò gli strumenti per applicare la regola della roba figa di Brust, prendendo ciò che ritengo interessante e rendendolo tale.

Il problema con Army of the Dead… uno dei problemi, almeno, è che lo scrittore (che è anche regista, produttore e direttore della fotografia) pensa che alcune cose siano fighe in sé e per sé: una tigre zombi, uno zombie-Conan a cavallo di un cavallo zombie, un caveau sotterraneo…
Ma tutto questo non basta.
Serve lavoro. Serve intelligenza.

L’intelligenza si applica anche ai personaggi e alle loro azioni, e ancora una volta affrontiamo un pericolo: i nostri personaggi potrebbero essere così intelligenti e brillanti, che metterli in una situazione difficile diventa a sua volta difficile.
Ma ecco il punto: difficile è buono, perché difficile significa buona narrazione, idee originali, scelte bizzarre.
Difficile significa più originale, e più figo.

Partendo per una tangente, pensiamo a Superman.
L’opinione generalmente condivisa, tra molti dei miei contatti, è che il classico Superman, essendo un personaggio troppo perfetto e potente, è difficile da scrivere, perché nessuna sfida è abbastanza grande per lui, e quindi è destinato all’oblio o ad una massiccia revisione.
Mi permetto di dissentire.
La versione di Superman classica, quella del “grosso Boy Scout venuto dal Kansas” è assolutamente praticabile e possiamo scrivere storie eccellenti su di lui, se saremo abbastanza intelligenti. Se i personaggi e le situazioni saranno abbastanza intelligenti.
Certo, non saremo in grado di usare La Trama Standard n° 7 per il prossimo numero, perché si rompe e muore quando viene applicato a Kal El, ma se lavoriamo duro potremmo fare qualcosa di buono, nuovo e originale.
Non una trama standard.
Qualcosa di figo.
Il personaggio figo non è abbastanza se non puoi fargli fare qualcosa di intelligente che dimostgri la sua figaggine.

È lo stesso con la musica: “tre accordi e la verità” suona bene come atteggiamento, ma non è una strategia vincente nel comporre musica: qualche accordo in più e cambi di accordi, e un modo intelligente di suonare, magari dei tempi dispari, arrangiamenti eccentrici e varietà portano a comporre canzoni migliori.
Certo, ad alcune persone piacerà la nostra canzone con tre accordi.
Ma dopo alcune canzoni a tre accordi, si annoieranno.

Quindi, tornando al film: in generale, la mia impressione Army of the Dead può essere riassunta con

un mucchio di roba figa senza alcuna intelligenza che ne accenda la fiamma vitale

E il problema è mio certo, perché io non considero fighe certe cose se non c’è un po’ di intelligenza, un po’ di imprevisto.
Mi annoio. La mia attenzione vaga.
Comincio a farmi domande sulle decisioni poco intelligenti che prendono i personaggi, le sfide poco intelligenti che devono affrontare, la mancanza generale di intelligenza nell’intero set-up, la mancanza di approfondimento nella ricerca per definire il background.

Perché non hanno un cecchino che pulisce il terreno per loro?
Perché non portano con sé un medico?
Perché tutta l’operazione di “false flag”?

I miei problemi con il film sono narrativi, non tecnici: non è l’immagine che va fuori fuoco che mi infastidisce, ma la storia che manca di fuoco e intelligenza. I personaggi mancano di fuoco: le loro motivazioni, le loro emozioni.
Sono incredibilmente stupidi, sì, ma andrebbe bene, se fossero vivi.
Invece le loro sono emozioni stereotipate, mal recitate e posticce.

Quindi la mia conclusione è, non bisogna aver paura di prendere la via più difficile, non bisogna aver paura di chiudersi in un angolo ad essere intelligente, non bisogna aver paura che i personaggi possano essere più intelligenti di te e ti superino in astuzia ad ogni svolta. Potrebbe succedere, ma puoi ricambiare facendoli lavorare sodo per arrivare dove devono essere.

Basta questo per giustificare centocinquanta minuti sprecati?
Forse.

Un’altra cosa che il film mi ha insegnato attraverso la sofferenza è l’importanza della verità.
Quella che dovrebbe andare a braccetto con i tre accordi, ricordate?
La trama, le motivazioni del personaggio e i sentimenti del personaggio devono essere veri.
Anche questo rende la tua storia interessante e, cosa altrettanto importante, viva.
E in effetti, non c’è un granello di verità in questo film quando si tratta dei suoi abitanti: le loro emozioni sono pompose, le loro reazioni artificiali, i loro cuori introvabili.

Ancora una volta, essere veri quando si rappresentano le emozioni ci impone di andare in posti un po’ scomodi.
Abbiamo bisogno di affrontare le nostre stesse emozioni, la nostra stessa anima, per dotare i nostri personaggi di anime ed emozioni.
Army of the Dead manca di emozione, manca di verità ed è un film senz’anima, privo di vita e intelligenza.

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Davide Mana
M E L A N G E

Paleontologist, writer, translator, blogger, game designer. Reader of books. Stranded in the wine hills of Piedmont, writing fantasy and SF to pay the bills.