Love, Death & Robots 3: la serie Netflix ritrova (in parte) la propria voce

Nicola Laurenza
M E L A N G E
Published in
6 min readMay 24, 2022

La terza stagione di Love, Death & Robots, da poco uscita su Netflix, sembra essere rientrata sulla carreggiata: ha infatti un senso di omogeneità e compattezza che nella precedente stagione (né carne né pesce) mancava. Qui di carne ce n’è tanta, fino alla nausea: è una stagione all’insegna — pare — del gore e della violenza, con mattanze fracassone e altre di portata ben più tragica, una stagione che mette spesso da parte (o così sembra) la fantascienza per ripiegare su mitologie antiche, sul folklore e sulla sfida dell’uomo contro entità corrotte, ignote e distruttive. C’è quindi un fil rouge che rende anche gli episodi meno riusciti e inutili almeno godibili. Con un abuso eccessivo di aracnidi e crostacei.

Dunque.

1 - Three Robots: Exit Strategies
Un ritorno alla prima stagione (episodio 2, appunto Three Robots) con i tre simpatici robot che attraversano scenari da post apocalisse commentandoli in maniera ironica. L’apertura con un episodio così, che si riallaccia alla prima stagione in maniera quasi naturale, è in realtà intelligente, anche perché in un certo senso espone quelli che saranno i temi di questa terza infornata di episodi della serie antologica: ovvero “Strategie (fallimentari) da usare in caso di apocalisse”, uso disinvolto della violenza e una critica sociale che strizza sempre più l’occhio a quell’umorismo politico di matrice dem che potreste ritrovare nel cinema di Adam McKay. Ma stavolta, a parte strappare un sorriso perché i tre robot con le loro personalità danno vita a ottimi siparietti, non c’è granché da ricordare: e anche la satira è di scarso livello. Almeno ci sono i gatti.
Voto: 5

2 - Bad Travelling

Un viaggio maledetto su mari sconosciuti pieni di mostruosità, una lotta per la sopravvivenza con un occhio all’ammutinamento degli altri membri dell’equipaggio e un altro ai mostri che si nascondono nella stiva. Tutto quello che puoi usare per sfangarla è un machete, la crudeltà e l’intelligenza. Quest’anno le storie marinare d’altri tempi ci hanno regalato commistioni imperdibili e originali (basti pensare a “Our Flag Means Death” di Jenkins e Waititi) e “Bad Travelling” non fa eccezione: è come assistere a un ritorno improvviso del primordiale narrativo, ovvero a quelle vecchie storie di mostri marini e di viaggi verso continenti sconosciuti che in realtà trovano il loro spazio di narrazione solo (per dirla come Michele Mari) tra la stiva e l’abisso; storie dell’orrore e dell’avventura che da tempo sembrano ammuffire da qualche parte nell’inconscio come oggetti desueti cui nessuno sembra più interessato: salvo poi essere sempre presenti, ri-narrate in continuazione e sempre efficaci come la prima volta.
A mani basse non solo l’episodio migliore della terza stagione ma forse dell’intero progetto “Love, Death & Robots” (per ora). Diretto da David Fincher: poco altro da dire.
Voto: 8,5

3 - The Very Pulse of the Machine

In paesaggi lisergici e desertici che ricordano quelli inventati da Moebius si snoda una classica storia che da una luna di Giove precipita in allucinazioni sempre più scisse tra il delirio di un’astronauta morente e la nascita di una nuova divinità tecnologica. Le animazioni sono parecchio efficaci, la storia è tutto sommato nella norma e con pochissimi guizzi.
Voto: 6,5

4 - Night of the Mini Dead

Per una serie antologica di animazione del genere, la spinta maggiore per continuare a macinare episodi dopo episodi resta quella della curiosità. “Cosa devo aspettarmi ora?” è la domanda che ci si dovrebbe porre alla fine di ogni episodio o mini-episodio, che siano deludenti o meno. La varietà è il valore aggiunto o dovrebbe esserlo.
Ecco, “Night of the Mini Dead” di Robert Bisi e Andy Lion arriva al momento giusto e al posto giusto per stemperare la tensione delle due storie precedenti, presentando tutt’altro genere di animazione. Dunque siamo di fronte a un mini-episodio con dei mini-zombi e una massa di mini-persone, che si riversano in modelli di mini-città in miniatura che esplodono o vengono distrutte, il tutto a illustrare satiricamente un’apocalisse su piccola scala. Brevissimo, divertente, dura il giusto e anche il suo essere una crassa presa in giro della stupidità del potere (la scoreggia finale alla Casa Bianca) fa parte del mini-pacchetto. Che funziona.
Voto: 7,5

5 - Kill Team Kill

Un’altra storia che gioca molto sulla violenza più efferata e una comicità grossolana imbarazzante. In realtà, a parte un gigantesco orso cibernetico, non ci sono motivi di interesse e si dimostra una parentesi del tutto inutile che prova ad essere scorretta senza riuscirci.
Voto: 4

6 - Swarm

Un peccato che l’espediente dell’alieno/mostro che prende in prestito un corpo umano per usarlo come mezzo di trasmissione (nella maniera più orripilante possibile) sia già usato in un altro episodio, ovvero il più memorabile. Riduce di molto l’impatto finale di quello che è un corto comunque solido e intelligente, in cui si parla di estinzione e di una lotta evolutiva appena nata tra esseri umani e nuove specie, tratto da quello che fu il primo lavoro di Bruce Sterling ad essere pubblicato su rivista.
Voto: 7

7 - Mason’s Rat

Scritto da Joe Abercrombie, è un altro divertissement che stempera i toni in attesa degli ultimi due episodi, ma abbonda di violenza ed esplosioni. Il fatto che il fulcro della vicenda sia un esercito di topi sempre più organizzato per far fronte alle avversità è ancora meglio. Ricorda in parte Suits per l’ambientazione rurale, la fattoria e la commistione tra tecnologie avanzate e scenari (e personaggi) che potrebbero essere di qualunque tempo.
Voto: 6,5

8 - In Vaulted Halls Entombed

Ah sì, ovviamente HPL non poteva mancare. In maniera più o meno esplicita in effetti già era presente nella serie, ma mai in modo così evidente e derivativo. Tutto prevedibile anche qui, sia chiaro: l’intera vicenda, dall’inizio alla fine, rientra senza scossoni nella tipica narrazione lovecraftiana dove vari orrori precipitano a valanga sui protagonisti fino a renderli pazzi, assieme all’agghiacciante e riuscitissimo finale. Ma è come infilare nel lettore il film che conosci a memoria e ti fa sentire a tuo agio, pur avendolo visto così tante volte da averne la nausea. E va bene così. Va benissimo così.
Voto: 7,5

9 - Jibaro

Sembra che a molti questo episodio abbia causato problemi. È in effetti il più sperimentale del lotto, forse dell’intera serie. Mischia di tutto: mitologia (la storia di un cavaliere sordo e di una sirena), horror, balletto, ci sono persino echi di cinema muto in una vicenda animata con piglio allucinatorio, un delirio violento che lo spagnolo Alberto Mielgo (che ha già vinto un oscar per il miglior corto d’animazione e ha diretto nella prima stagione il sempre allucinante “The Witness”) decide di rendere nella maniera più espressiva possibile. Amatelo o odiatelo, ma non lascia indifferenti. Come questa stagione: una serie che tra alti e bassi sfiora (o tocca) l’eccellenza in episodi isolati e poi sonnecchia in compitini svogliati. Ma che ha deciso di lasciare a modo suo il segno e di restare.
Voto: 8,5

Nicola Laurenza

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