Nr. 10 (2021)

Germano Hell Greco
M E L A N G E
Published in
4 min readJun 30, 2022

Günter è stato ritrovato in un bosco, in Germania, all’età di quattro anni, insieme ad altri bambini. Quarant’anni dopo, Günter lavora come attore di teatro, ha un’amante, un’ex moglie e una figlia, preoccupata perché durante un controllo di routine, i medici hanno scoperto che ha un solo polmone. Di conseguenza, c’è il caso che anche Günter possa averne uno solo: una rara malattia genetica.

Nr 10, per la regia e la sceneggiatura di Alex van Warmerdam, parte come un Polanski qualsiasi: in una piovosa e livida periferia, gli attori e le attrici di uno spettacolo teatrale si recano alle prove giornaliere, ognuno col proprio bagaglio esistenziale.
Problemi.
Malattie.
Adulteri.
Lutti.
E polmoni solitari.
Sono persone affilate come i loro caratteri, come l’età contemporanea, che le cose le fa senza arricchirle di valori e simbolismi. Senza fantasticare sulla portata morale delle conseguenze.
Un’età pratica.
Non dico necessariamente giusta, ma senza dubbio pratica.

Solo che Nr. 10 non è un film drammatico sul destino di personaggi medio-borghesi che presto o tardi finiranno con l’affettarsi a vicenda.

Il caso ha voluto che le riprese di Nr. 10 terminassero il giorno prima che il Paese venisse messo in quarantena causa Covid. — ndr

Günter è nei guai, perché la sua tresca con Isabel (la co-protagonista) è stata scoperta, uno degli altri attori, Marius, ha fatto la spia col regista, compagno di Isabel, e quest’ultimo ha deciso di vendicarsi riducendo il ruolo di Günter a mera comparsa, un personaggio insulso, anche antipatico, apertamente ostacolato dal nuovo protagonista, Marius, che ha il dente avvelenato perché ha la moglie malata, a casa, in un letto. A tossire.

Dietro ai destini di ognuno di noi c’è sempre un tessitore: in questo caso un porporato. Malvagio. Un Vescovo della Santa Romana Chiesa che stacca gli occhi dal televisore, sempre sintonizzato su eventi sportivi, per ordinare ai suoi lacché di dare una mano agli eventi quando questi tardano a concretizzarsi: uccidere la moglie di Marius, perché quest’ultimo si possa concentrare sul ruolo, e diventare una vera minaccia per Günter. Per dirne una.

La ragione?
Günter è il solo, di quel gruppo di bambini ritrovati nel bosco quarant’anni prima, che gli abitanti di Lunabor sono riusciti a rintracciare.

Confusi?
Sì, lo so. Ma non ve la prendete con me, non l’ho sceneggiato io.
Potrei proseguire l’articolo mettendo un bell’avviso di spoiler, ma non lo farò.
Mi limiterò a sottolineare quanto delizioso, e spiazzante, sia Nr. 10.
Credo che quel dieci si riferisca a Günter, il numero dieci di quel gruppo di bambini lasciati sulla Terra per integrarsi, per far capire a chi di dovere come la salvezza per un altro popolo che si trova in pericolo sia possibile. E anche auspicabile.

C’è solo un problema. Quando due culture vengono a contatto si contaminano a vicenda, per dir così. Impossibile che lo scambio resti confinato solo sull’esigenza precipua.
E così, una civiltà che non possiede determinate credenze potrebbe, dico potrebbe essere corrotta da nuove idee (o ideologie) e ritenere congrua la prospettiva di portarle a casa propria.

Ma spesso, queste ideologie non fanno altro che causare problemi là dove non ci sono mai stati per poi offrire la soluzione, portando scontento, sfiducia, illusioni. Conflitti.
Meglio, sulla strada del ritorno, soffermarsi a pensare se sia il caso di contaminare una cultura semplice con idee complesse, per di più, come la religione, basate su nessun fondamento scientifico. Meglio aprire i boccaporti, e espellere il superfluo e l’ingannevole, le ideologie, le prediche, i giudizi, tutto ciò che allegramente definiamo eteronomo, e che non fa altro che appesantire la nostra esistenza.

(Dedicato a te, sì, proprio tu, che leggi e t’incazzi per ciò che scrivo. Io sono qui, e continuo a scrivere. Tiè.)

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Kick-Ass Writer. Short Tempered Blogger. Editor in chief.